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Attualità locali

Domenico Barberio interviene propositivamente sul disagio a San Giovanni in Fiore, in Calabria

Quando c’era il vecchio web, 0.0
lunedì 12 dicembre 2011
Del maggio 2008, rispolverato e ripubblicato.
Meritano particolare attenzione gli ultimi episodi di cronaca che hanno caratterizzato la vita della nostra comunità: i tre tentati suicidi di fine 2007 e il suicidio dell’aprile di quest’anno. In tutti e quattro i casi tragici protagonisti giovani sulla trentina. I numeri sono molto eloquenti ma è necessario andare oltre e cercare di problematizzare quello che questi numeri ci dicono.
Credo che questi fatti siano il segno evidente di un (...)

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> Domenico Barberio interviene propositivamente sul disagio a San Giovanni in Fiore, in Calabria

domenica 18 maggio 2008

Mi sono sempre chiesta quali risvolti protrebbero emergere da uno studio scientifico sui comportamenti tipici di mafiosi, camorristi, ’ndranghetisti e criminali in genere. In particolare sarebbe interessante conoscere a quale livello della psiche abbia inizio quel processo che, partendo dagli strati più superficiali della coscienza, si estende come un tumore fino ad intaccare animo, cervello e valori.

Se criminalità significa anche omertà, allora io sono una criminale. Perchè troppe volte taccio davanti a brillanti intuizioni di genio e a manifestazioni di giornalismo etico che periodicamente compaiono su questo sito, grazie a Dio "moderato a priori". Numerose le occasioni in cui, sdegnata, inizio a scrivere e poi cancello, consapevole di non avere in realtà nessuna curiosità circa il dibattito che sto per aprire, dal momento che conosco già alla perfezione la dinamica secondo cui si succederanno interventi e commenti, e il loro contenuto.

Mettiamo infatti, Signori, che Emiliano Morrone o uno dei suoi collaboratori scriva qualsiasi cosa: per esempio, affermi sguaiatamente e in più occasioni (si veda il link*) alla stregua di vecchi opinionisti annoiati o professoroni da quattro soldi afflitti da mal di vivere (il riferimento è agli autori, non ad Inglese naturalmente) che "all’origine del suicidio vi è un disagio" (a nessuno era venuto in mente, sapete?).

Mettiamo anche che i signori di cui sopra decidano a tavolino di sfruttare recenti e gravissimi lutti che hanno colpito famiglie del paese secondo questo schema: "Parliamo dei legami tra suicidi e disagio a San Giovanni in Fiore in attesa che qualcuno lasci un commento negativo così da potergli dare addosso, e se per caso costui ci accusasse di aver strumentalizzato politicamente tragedie familiari possiamo sempre chiamarci da parte facendo appello al nostro buon cuore e ai nostri dolci sentimenti di giovani (?) amici di giovani" (il riferimento è sempre ai commenti del link*).

Mettiamo infine che a qualche lettore venga in mente di stare al gioco. Ad esempio, a me, adesso.

Mi rivolgo all’autore dell’articolo, ad Emiliano e a quanti si permettono ogni giorno di sproloquiare su argomenti e circostanze che non conoscono, su fatti privati, su tragedie il cui trattamento richiede un garbo, una sensibilità, un sistema di valori che essi evidentemente non possiedono o non possono mettere in pratica per incapacità.

Persone che, suppongo, se perdessero il loro figlio in seguito a suicidio, darebbero la colpa alla società perchè non saprebbero prendersela con nessun altro, nè riflettere sulla vita e sulle sue circostanze. Persone che sentendosi uniche "hanno bisogno di attaccare l’altro per definire la propria identità" (Eco), per autocircoscriversi come "i soli che a San Giovanni hanno un cervello per pensare" anche se questo dovesse significare affermare stupidamente che se ci si suicida è colpa della politica, dell’assenza di librerie, del clima rigido, dei giganti della Sila, della maledizione dell’abate.

Quante sciocchezze, quanta leggerezza! Siamo a un passo dal baratro: ho paura che in una remota, eventuale, prossima triste circostanza il dolore di un’altra famiglia sarà squarciato dal nuovo esilarante interventuccio con, in nota, l’avviso "Noi ne avevamo parlato in La Società Sparente, visto? Poi non dite che non siamo bravi".

L’articolo di Domenico Barberio, servendosi abilmente del riferimento al lavoro di altri, come Inglese, incolpa istituzioni e modelli educativi della presenza (effettiva, per carità) di un disagio nel nostro paese, con il fine ultimo di collegare tale disagio al suicidio, passaggio ingiustificato e ingiustificabile. Vorrei ricordare all’autore che, ad esempio, le scuole di San Giovanni in Fiore, in generale, sono dispensatrici di valori-nozioni-cultura quanto quelle del nord e del resto del mondo civilizzato: sta allo studente servirsene al meglio, magari studiando invece di rotolarsi per il paese e lamentarsi, cosa che, glielo posso assicurare per avere fatto la diretta conoscenza di elementi del genere, puntualmente accade. Che, anche nel nostro paese, c’è gente che lavora, che si alza la notte per andare in ospedale, o la mattina presto per pulire le strade, che va alle conferenze, che legge e si informa, che cerca di sopravvivere alla mancanza di stimoli.

C’è poi gente che nel disagio sta benissimo: tanto l’importante è "vedere come fare a passare il compito di domani" o come "arrivare al fine settimana così si dorme": le assicuro che se fosse la carenza istituzionale la causa unica del suicidio, in Norvegia ci sarebbero due persone ogni centimetro quadrato, invece pare non sia così.

Il suicidio è un dramma privato, e comunque non sta certo a voi, che non siete inquirenti nè psichiatri nè sociologi nè parenti, anche solo tentare di spiegarne le ragioni.

Come vede, io non pretendo di conoscere le cause di tragedie private, ma non posso rimanere zitta davanti a chi, come lei, come Emiliano nell’articolo da me linkato, sembra invece avanzare tali pretese, per giunta pubblicamente, senza curarsi di come potrebbe sentirsi una persona direttamente colpita dal lutto nel leggere il suo "intervento propositivo" (mi faccia sapere quando sarà riuscito a radunare la cittadinanza per convincere le vecchiette a boicottare la chiesa sostituendo le messe con la lettura di Gomorra o quando sarà riuscito a convincere i giovani a studiare invece di lamentarsi perchè la scuola non funziona) in cui viene deliberatamente strumentalizzata una vicenda privata per alzare l’audience sui problemi del paese.

Mi dispongo ad attendere, non più da omertosa, i commenti ,se ce ne saranno, a questo intervento, per accumulare elementi utili a un primo studio della psiche del futuro criminale. Sono reduce dalla visione del film di Garrone, e mi è sembrato, guardando in faccia la criminalità, di distinguere bene tra vittime e carnefici: i secondi sono prepotenti a prescindere.


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