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"CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1Gv., 4., 1-16). «Et nos credidimus Charitati...»!!! In memoria di Gioacchino da Fiore, Francesco, Dante, Lorenzo Valla... e don Primo Mazzolari!!!

NEL NOME DI DIO "MAMMONA" ("DEUS CARITAS EST", 2006)!!! UNA VULGATA DEI MERCANTI DEL TERZO MILLENNIO (AVANTI CRISTO). Il 29 maggio consegnata al Papa la nuova traduzione italiana della Bibbia. Parola di Monsignor Betori. Un’intervista - a cura di Federico La Sala

«Il testo è frutto del rispetto che la Chiesa ha per la filologia. Faccio appello agli uomini di cultura: riscoprite la bellezza del ’grande codice’ dell’Occidente» (G. Betori)?!!
venerdì 30 maggio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] vorrei precisare che, contra­riamente a quanto scritto da qualcuno, la Chiesa non è nemica della cultura. È stato detto, ad esempio, che la nascita della critica testuale in epoca rinasci­mentale, avvenne in opposizione alla Chiesa stessa che restringeva il testo sa­cro dentro una sorta di intangibilità dog­matica. La critica testuale però non l’hanno inventata il Rinascimento o Era­smo da Rotterdam, ma Origene e San Gi­rolamo, che per la sua Vulgata, appunto, prima di tradurre i (...)

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> NEL NOME DI DIO "MAMMONA" ("DEUS CARITAS EST", 2006)!!! -- «Se un giorno la filologia morisse, la critica morirebbe con lei, la barbarie rinascerebbe, la credulità sarebbe di nuovo padrona del mondo»: "La filologia al servizio delle nazioni" (di Stefano Rapisarda)..

giovedì 25 ottobre 2018

La filologia al servizio delle nazioni. Storia, crisi e prospettive della filologia romanza

di Stefano Rapisarda *

«Se un giorno la filologia morisse, la critica morirebbe con lei, la barbarie rinascerebbe, la credulità sarebbe di nuovo padrona del mondo». Così Ernest Renan ne "L’avenir de la science" (1890) tesseva un altissimo elogio della filologia, una delle scienze regine del XIX secolo.

Oggi, al tempo delle fake news e della post-verità, quelle parole ci ricordano che la filologia può essere ancora argine alla barbarie. E ci ricordano che la filologia, quella con aggettivi e quella senza, è intrinsecamente politica. Non è utile o interessante in sé: lo è quando è schierata, militante, "calda", quando tocca interessi, quando serve interessi. Quando è "al servizio" di un Principe o di un partito o di uno Stato o di una visione del mondo.

Ci ricordano insomma che la filologia è anche politica, come sapevano Lorenzo Valla e Baruch Spinoza, Ernest Renan e Ulrich Wilamowitz-Möllendorff, Gaston Paris e Paul Meyer, Eduard Koschwitz e Joseph Bédier, Ernst Robert Curtius e Erich Auerbach, Cesare Segre e Edward Said.

Eppure la filologia, con o senza aggettivi, oggi sa di polvere e di noia. Ciò sollecita varie domande: perché questa antica "scienza del testo" si è ridotta al margine della cultura di oggi? Può tornare al centro dei bisogni intellettuali dell’uomo contemporaneo? Quale tipo di filologia può ancora servire il mondo e servire al mondo?

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