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SCIENZA.Cosmologia e Fisica delle particelle....

L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. Al CERN di Ginevra sta per essere avviato l’Lhc (Large Hadron Collider). Vedremo che cosa è successo immediatamente dopo il Big Bang. Il resoconto di una visita sul posto di Fabrizio Ravelli - a cura di pfls

È un momento storico per la scienza, e quel che scopriremo potrebbe cambiare i libri di testo. Fra un anno o due, c’è la possibilità che si scopra l’origine della materia oscura che costituisce il venticinque per cento dell’universo.
mercoledì 10 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Vedremo l’origine dell’universo, che cosa è successo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, perché quelle sono le condizioni che verranno ricreate. Un progetto simile non è mai stato tentato, ed è il più ambizioso al mondo. Non poteva succedere che qui al Cern, il più importante laboratorio planetario per la fisica delle particelle, l’impresa che (dal 1954) tiene insieme venti stati membri europei, e circa sessanta di tutto il mondo, impegnando ogni giorno ottomila (...)

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> L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. Al CERN di Ginevra sta per essere avviato l’Lhc (Large Hadron Collider). --- Ci siamo: tra due giorni sapremo se LHC funziona. Mercoledì 10 settembre un primo fascio di protoni farà un giro di prova nell’acceleratore di particelle più potente del mondo. Chi sta lavorando alla costruzione di questa macchina da 14 anni proverà un tuffo al cuore. Ma anche per noi che seguiamo l’avvenimento da spettatori l’emozione sarà forte (di Cristiana Pulcinelli)..

lunedì 8 settembre 2008

LHC, parte il viaggio verso le origini dell’universo

di Cristiana Pulcinelli (l’Unità, 08.09.2008)

TRA DUE GIORNI prova di funzionamento per la macchina più potente costruita dall’uomo. Un’impresa durata 14 anni che impegna 10.000 scienziati. Ci farà capire come si è formato il mondo che ci circonda?

Ci siamo: tra due giorni sapremo se LHC funziona. Mercoledì 10 settembre un primo fascio di protoni farà un giro di prova nell’acceleratore di particelle più potente del mondo. Chi sta lavorando alla costruzione di questa macchina da 14 anni proverà un tuffo al cuore. Ma anche per noi che seguiamo l’avvenimento da spettatori l’emozione sarà forte.

LHC è un progetto del Cern. Il suo nome per esteso è Large Hadron Collider. Large perché è grande, così grande che i fisici sono convinti che una macchina così grande non verrà costruita mai più. Hadron perché accelera protoni e ioni, particelle della materia che rientrano nella categoria degli adroni. Collider perché queste particelle vengono fatte collidere, ovvero scontrare tra loro.

Com’è fatto

A 100 metri sotto il livello del suolo, LHC corre a cavallo tra la Svizzera e la Francia in un tunnel circolare lungo 27 chilometri. Il tunnel era stato costruito per il vecchio acceleratore del Cern, il Lep, che è stato smantellato nel 2000. LHC però è 100 volte più potente del Lep. Al suo interno 2 fasci di particelle circoleranno in direzioni opposte in un vuoto paragonabile a quello dello spazio intergalattico e a una velocità pari al 99,9999991 % di quella della luce. Per ottenere questo risultato LHC utilizza 9000 magneti il cui scopo è mantenere i protoni concentrati in un fascio di spessore inferiore a quello di un capello e far curvare questi fasci. I magneti lavorano al freddo, la temperatura all’interno di LHC è la più bassa che potrete trovare nell’universo: -271 gradi Celsius. Si calcola che se LHC utilizzasse magneti tradizionali dovrebbe misurare 120 chilometri per raggiungere la stessa energia. In quattro punti della circonferenza i fasci vengono fatti scontrare: lì si aprono enormi caverne che ospitano gli esperimenti, ovvero i rivelatori di particelle: ATLAS, CMS, ALICE e LHCb. Anche qui le dimensioni sono enormi: ATLAS è una macchina lunga 46 metri e alta 25, come mezza cattedrale di Notre Dame, mentre il magnete centrale di CMS contiene più ferro della Torre Eiffel.

Cosa cerca

LHC accelera i protoni e gli ioni per poi farli scontrare ad altissima velocità. Nello scontro nascono moltissime particelle che vengono registrate dai rivelatori e analizzate dai fisici. Ma cosa ci possono rivelare queste particelle? Il fatto è che molte cose dell’universo ci sono ancora poco chiare. Ad esempio, perché le particelle elementari sono dotate di massa e perché le loro masse sono diverse le une dalle altre? La fisica teorica ha supposto l’esistenza di una particella, chiamata il bosone di Higgs, che spieghi questo fatto: l’interazione delle particelle con questo bosone determinerebbe la loro massa. Ma purtroppo il bosone di Higgs finora non è mai stato visto. I fisici sperano che LHC ci permetta di provarne l’esistenza. Un altro mistero da svelare riguarda l’antimateria. L’antimateria è l’immagine speculare della materia: se per strada incontraste un’automobile fatta di antimateria non la distinguereste da quella fatta di materia. Ma se i due oggetti entrassero in contatto l’uno con l’altro, si annichilerebbero a vicenda lasciandosi alle spalle solo energia. I fisici ritengono che al momento della nascita dell’universo materia e antimateria siano state prodotte nella stessa quantità. Quando materia e antimateria si scontravano si annullavano a vicenda. Oggi però il nostro universo è fatto tutto di materia. Dove è finita l’antimateria? E perché la materia ha prevalso? Se potessimo vedere l’antimateria prodotta dal Big Bang, forse ne sapremmo di più.

Sempre in tema di questioni irrisolte, c’è il problema della materia oscura. Secondo i calcoli dei fisici, tutta la materia che noi vediamo è solo il 4% della massa totale dell’universo. Per spiegare alcuni effetti gravitazionali, si deve supporre l’esistenza di una materia oscura e una energia oscura che non possiamo vedere. Si pensa che l’universo sia composto per il 30% da materia oscura. Ma dove sono le sue particelle?

E ancora, alcuni fisici teorici ipotizzano che le nostre quattro dimensioni (le tre conosciute più il tempo) siano troppo poche per descrivere l’universo. Ce ne sarebbero altre che però non possiamo vedere. Aumentando l’energia saremo in grado di individuarle?

Gli esperimenti di LHC cercano risposte a queste domande. Le collisioni tra protoni, infatti, generano un’energia molto intensa, pari a quella che si poteva misurare qualche frazione di secondo dopo il Big Bang, l’evento che 14 miliardi di anni fa portò alla genesi dell’universo. Questo permette a particelle che oggi non ci sono più di tornare in vita. Ma la loro sopravvivenza dura una piccolissima frazione di secondo, poi si disintegrano dando vita a particelle conosciute. Ebbene, gli esperimenti di LHC vogliono vedere queste particelle prima che scompaiano di nuovo.

Chi partecipa

Si dice che sui paesi che collaborano all’esperimento ATLAS non tramonti mai il sole perché gli scienziati vengono da tutte le aree del mondo, escluso l’Antartide. Il progetto LHC impegna nel suo complesso oltre 10.000 scienziati e ingegneri da tutto il mondo. Oltre ai fondi provenienti da moltissime nazioni. I suoi costi, del resto, sono elevati: nel marzo 2007 si calcolava che solo la macchina dell’acceleratore sarebbe costata 3 miliardi di euro, ma le spese sono poi salite. L’Italia ha un peso rilevante, non solo perché in quanto membro del Cern vi investe soldi, ma anche perché molti scienziati italiani partecipano all’impresa. L’Istituto nazionale di fisica nucleare coordina i circa 600 scienziati italiani che lavorano a LHC. Inoltre, l’industria italiana ha prodotto molte componenti di precisione.

I pericoli

Benché la concentrazione di energia nella collisione delle particelle sia la più alta prodotta in laboratorio, in termini assoluti l’energia sprigionata è molto più bassa di quella con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. Tuttavia, LHC riproduce la densità di energia che esisteva pochi istanti dopo il Big Bang. Per questo ci si riferisce alle collisioni come a dei mini Big Bang.

Secondo alcune teorie, nelle collisioni tra particelle possono prodursi dei piccoli buchi neri. Se anche così fosse, dicono i fisici, questi mini buchi neri evaporerebbero molto presto lasciandosi dietro solo radiazioni. E per avvalorare la loro tesi fanno notare che anche i raggi cosmici, che hanno molta più energia di quella sprigionata da LHC, potrebbero produrre buchi neri, ma nessuno ha mai assistito a questo fenomeno. Il rilascio di radiazioni invece è inevitabile, ma al Cern assicurano che i raggi prodotti nelle viscere della terra non raggiungeranno la superficie.


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