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SCIENZA.Cosmologia e Fisica delle particelle....

L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. Al CERN di Ginevra sta per essere avviato l’Lhc (Large Hadron Collider). Vedremo che cosa è successo immediatamente dopo il Big Bang. Il resoconto di una visita sul posto di Fabrizio Ravelli - a cura di pfls

È un momento storico per la scienza, e quel che scopriremo potrebbe cambiare i libri di testo. Fra un anno o due, c’è la possibilità che si scopra l’origine della materia oscura che costituisce il venticinque per cento dell’universo.
mercoledì 10 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Vedremo l’origine dell’universo, che cosa è successo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, perché quelle sono le condizioni che verranno ricreate. Un progetto simile non è mai stato tentato, ed è il più ambizioso al mondo. Non poteva succedere che qui al Cern, il più importante laboratorio planetario per la fisica delle particelle, l’impresa che (dal 1954) tiene insieme venti stati membri europei, e circa sessanta di tutto il mondo, impegnando ogni giorno ottomila (...)

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> L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. Al CERN di Ginevra --- Si inceppa la macchina della "fine del mondo"... almeno due mesi di stop per l’acceleratore di protoni LHC (di PIERO BIANUCCI).

domenica 21 settembre 2008

Si inceppa la macchina della "fine del mondo"

Guasto al Cern, fermo per due mesi l’acceleratore di particelle

di PIERO BIANUCCI (La Stampa, 21/9/2008)

Incidente al Cern, almeno due mesi di stop per l’acceleratore di protoni LHC, il più grande del mondo, inaugurato a Ginevra il 10 settembre davanti a cinquecento giornalisti. E’ successo venerdì poco dopo mezzogiorno, ma la notizia è stata diffusa solo sabato pomeriggio. Una connessione elettrica tra due magneti superconduttori è andata in cortocircuito e il calore che si è prodotto ha «bucato» il circuito dell’elio liquido che serve a raffreddare i magneti a 271 gradi centigradi sotto zero. L’elio liquido si è così riversato in grande quantità nel tunnel a cento metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Nessun danno alle persone, non è certo la «fine del mondo» neppure in senso figurato. Sono malfunzionamenti piuttosto comuni in queste tecnologie estreme.

Però è un contrattempo sgradevole per vari motivi. Perché ci sarà un ritardo nell’avvio degli esperimenti. Perché la spesa per la riparazione non sarà lieve, anche se irrisoria rispetto agli otto miliardi del costo complessivo di LHC. Perché il 21 ottobre, quando è prevista l’inaugurazione «politica» di LHC con l’intervento di decine di capi di Stato, la gigantesca macchina non potrà funzionare. E infine anche per un motivo psicologico. Il 10 settembre aveva trovato ascolto la tesi di una sparuta minoranza di scienziati, secondo i quali LHC avrebbe potuto produrre minibuchi neri capaci di inghiottire la Terra intera. Ovviamente non è successo e non succederà niente del genere, ma su Internet già dilagano migliaia di blog che rilanciano paure e grida di allarme. LHC, Large Hadron Collider, è una pista circolare lunga 27 chilometri nella quale corrono in direzioni opposte fasci di protoni, le particelle che con i neutroni costituiscono i nuclei atomici.

I due fasci si scontrano in quattro aree sperimentali. E’ lì che i fisici sperano di trovare il «bosone di Higgs», detto anche «la particella di Dio» perché spiegherebbe l’esistenza di tutte le altre e quindi dell’universo stesso. Perché i protoni formino fasci sottili come un capello occorrono potenti magneti. Altri magneti servono a curvarne la traiettoria in modo che seguano la circonferenza del tunnel. I magneti che svolgono questo compito sono l’oggetto più freddo dell’universo: 1,9 Kelvin sopra lo zero assoluto, mentre lo spazio cosmico è a 2,7. Il raffreddamento, che serve a limitare il consumo di energia elettrica, si ottiene con elio liquido. E’ facile capire che una struttura formata da 1700 magneti distribuiti lungo 27 km, con parti ultrafredde e altre a temperatura ambiente, subisce forti stress per la diversa dilatazione dei materiali.

Nell’incidente di venerdì il cortocircuito ha causato uno sbalzo termico ben più violento, e il sistema di contenimento dell’elio ha ceduto. La riparazione sarà lunga perché il settore 3-4 della «pista» per protoni che ha subito il danno dovrà essere riportato a una temperatura normale, e dopo la riparazione occorrono parecchie settimane per ridiscendere a meno 271°C. Un problema simile aveva già ritardato quasi di un anno l’inaugurazione. «Quando è avvenuto l’incidente - fa notare James Gillies, portavoce del Cern - il fascio di protoni non era acceso e i tecnici al lavoro non hanno corso nessun rischio: le misure di sicurezza hanno funzionato alla perfezione». Ma basterà a far tacere gli epigoni di Nostradamus?


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