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SCIENZA.Cosmologia e Fisica delle particelle....

L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. Al CERN di Ginevra sta per essere avviato l’Lhc (Large Hadron Collider). Vedremo che cosa è successo immediatamente dopo il Big Bang. Il resoconto di una visita sul posto di Fabrizio Ravelli - a cura di pfls

È un momento storico per la scienza, e quel che scopriremo potrebbe cambiare i libri di testo. Fra un anno o due, c’è la possibilità che si scopra l’origine della materia oscura che costituisce il venticinque per cento dell’universo.
mercoledì 10 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Vedremo l’origine dell’universo, che cosa è successo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, perché quelle sono le condizioni che verranno ricreate. Un progetto simile non è mai stato tentato, ed è il più ambizioso al mondo. Non poteva succedere che qui al Cern, il più importante laboratorio planetario per la fisica delle particelle, l’impresa che (dal 1954) tiene insieme venti stati membri europei, e circa sessanta di tutto il mondo, impegnando ogni giorno ottomila (...)

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> L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. --- Bosone di Higgs. È lui. È solo il primo passo verso altre frontiere dalla materia oscura al destino dell’universo

giovedì 7 marzo 2013

-   Bosone di Higgs. È lui
-  ll Cern conferma la scoperta di luglio
-  Lo spin pari a 0 non lascia dubbi

-  di Pietro Greco (l’Unità, 7.03.2013)

      • La particella più ricercata della storia è fondamentale per stabilire la massa di tutte le altre
        -  E ora si candida anche a svolgere un altro ruolo determinante: spiegare perché l’universo è oggi delle dimensioni e della forma che conosciamo

ORMAI È CERTO. PERSINO LO SPIN, PARI A 0, CORRISPONDE. La particella di massa compresa tra 125,3 e 126 GeV rilevata dalle collaborazioni Atlas e Mcs al Cern di Ginevra con il Large Hadron Collider (Lhc) al Cern di Ginevra è proprio lui: il bosone di Higgs. L’annuncio, per così dire, quasi ufficiale è stato dato ieri a La Thuile in Val d’Aosta dove, da anni, sul finire dell’inverno un gruppo di fisici si riunisce per riflettere e sciare. I «cacciatori di particelle» venuti da Ginevra hanno portato nel paesino valdostano i nuovi dati che puntano tutti nella medesima direzione e indicano che quello rilevato dalle collaborazioni Atlas e Cms è effettivamente la particelle più ricercata della storia, il bosone ipotizzato da Peter Higgs.Le collaborazioni altro non sono che gruppi numerosi di fisici che realizzano un medesimo esperimento.

E lo scorso 4 luglio i portavoce dei due gruppi di fisici che stanno realizzando gli esperimenti Atlas e Cms presso l’acceleratore Lhc annunciarono di avere dati statistici sufficienti per affermare di aver individuato una particella finora ignota con caratteristiche compatibili al bosone di Higgs. Ma di non avere la certezza assoluta che quella particella fosse davvero Higgs.

La questione non era (e non è) di lana caprina. Perché se la particella da 126 (o 125,3) GeV è davvero il bosone di Higgs, allora il Modello Standard delle Alte Energie, elaborato oltre mezzo secolo fa da Peter Higgs e da un altro nugolo di fisici teorici, viene definitivamente consolidato. E noi abbiamo un quadro solito di com’è fatto il mondo a scala microscopica.

Se invece la grassa particella non è il bosone di Higgs, allora al Cern non sarebbero meno contenti, perché avrebbero scoperto «nuova fisica». È per questo che, da luglio in poi, le due collaborazioni hanno lavorato «ventre a terra» e con entusiasmo per venire a capo del rovello. Pochi dubitavano che, in realtà, la particella scovata fosse proprio il bosone di Higgs. E anche per questo che a fine anno Fabiola Gianotti, leader della collaborazione Atlas, ha ottenuto (si è meritata) la copertina di Time. Ma ora se ne ha la conferma (pressoché) definitiva. La particelle del 4 luglio è proprio lui, il bosone così determinante e così a lungo cercato. Tra l’altro del bosone di Higgs ha anche lo spin atteso.

Lo scorso luglio non era ancora sufficientemente chiaro se la particella avesse spin 0 oppure spin 2. Lo spin (o momento angolare intrinseco) è una grandezza quantistica. Non ha omologhi nel nostro mondo macroscopico. Ma se il dio dei quanti ci perdona, potremmo assimilare lo spin al verso di rotazione di una palla che ruota intorno al proprio asse. Ebbene, il Modello Standard non dice che massa debba avere il bosone di Higgs, ma impone un solo spin: 0. A La Thuile i fisici di Atlas e Cms hanno confermato: la particella ha spin 0. Proprio quello atteso per il bosone di Higgs.

Il che, come sostiene il fisico teorico Antonio Masiero sul sito dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) di cui è vicepresidente, spalanca a nuovi ruoli della determinante particella. Il bosone di Higgs non è solo la particella che regala una massa a tutte le altre. Ma anche una forma e una dimensione all’universo intero. Regala una massa al cosmo perché il bosone è espressione del campo di Higgs. Potremmo raffigurarci questo campo come una sorta di liquido viscoso, una melassa, che permea di sé l’intero universo. E la massa non sarebbe altro che la resistenza che ogni particella incontra nell’attraversare il campo. Se la resistenza è nulla, la massa è zero. Se la resistenza è grande, la massa della particella è grande.

Ma, sostiene Masiero, con uno spin zero il bosone di Higgs si candida anche a svolgere un altro ruolo determinante nell’universo primordiale e, dunque, a spiegare perché l’universo è oggi delle dimensioni e della forma che conosciamo.

Il Modello Standard delle Alte Energie incontra il Modello Standard della Cosmologia, secondo cui l’universo (o meglio, l’universo osservabile) è nato 13 miliardi e rotti anni fa con l’immane esplosione di un punticino caldissimo, densissimo e piccolissimo. Poi, pochissimi istanti dopo, le sue dimensioni sono aumentate di centinaia se non migliaia di ordini di grandezza e l’universo osservabile è diventato un oggetto macroscopico.

Questa trasformazione rapidissima, avvenuta a una velocità crescente e infine superiore a quella della luce, è durata a sua volta pochi istanti, ha consentito all’universo di congelare le disomogeneità quantistiche originarie e, dunque, di assumere la forma oltre che le dimensioni che presenta oggi. La fase della crescita rapidissima è stata definita inflazione cosmica. E sarebbe stata determinata da una particella chiamata inflatone. Una particella massiva con spin zero.

Ebbene, sostengono molti fisici teorici impegnati a rendere omogenei il Modello Standard delle Alte Energie e quello della Cosmologia, il bosone di Higgs così come è stato rilevato a Ginevra dagli esperimenti Atlas e Cms ha proprio le caratteristiche dell’inflatone. E, probabilmente, è l’inflatone.

Se così fosse quello previsto da Peter Higgs con altri teorici all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso e rilevato da Fabiola Gianotti e da migliaia di altri ricercatori lo scorso anno al Cern sarebbe di gran lunga la particella più importante nella storia dell’universo. E la scoperta confermata ieri sarebbe, di conseguenza, una delle più fondamentali di ogni tempo.

A chi volesse saperne di più, diamo due consigli. Leggere A caccia del bosone di Higgs, il libro scritto dal fisico teorico Luciano Maiani, già direttore generale del Cern, oltre che dell’Infn e del Cnr, insieme con il giornalista Romeo Bassoli e pubblicato nei giorni scorsi da Mondadori. E venire a Roma il prossimo 14 maggio, perché all’Auditorium, con la guida sapiente di Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, ci spiegheranno tutto proprio i protagonisti della caccia: Fabiola Gianotti, Guido Tonelli e lo stesso Luciano Maiani.

-   Ecco l’identikit del bosone di Higgs la particella di Dio ha cinque volti
-  Il Cern conferma la scoperta. “Ora si aprono nuovi scenari”

di Elena Dusi (la Repubblica, 07.03.2013)

      • Peter Higgs, il fisico britannico che ha dato il nome alla “particella di Dio”. Ebbe l’intuizione dell’esistenza di una nuova particella subatomica nel 1964.

ROMA - Ma che volto ha il bosone di Higgs? Come in una danza dei sette veli, la particella concede a poco a poco i suoi segreti. Rispetto all’annuncio della scoperta - il 4 luglio 2012 al Cern di Ginevra - i fisici hanno raccolto il triplo dei dati. E ieri in una conferenza a La Thuile, vicino Aosta, hanno tracciato un identikit dai contorni meno fluttuanti ma non ancora privo di misteri.

Una cosa è certa: quello creato dall’Lhc - l’acceleratore di particelle più potente del mondo - è il bosone di Higgs. I fisici hanno cancellato i condizionali e il primo velo è caduto. Peter Higgs, il timido fisico inglese che nel 1964 teorizzò la sua esistenza, si avvia prevedibilmente verso il Nobel. Il puzzle delle 17 particelle fondamentali che compongono la materia a noi nota ha trovato il suo ultimo pezzo.

Da qui in avanti il terreno si fa meno solido. «Quello che abbiamo osservato potrebbe essere uno dei possibili bosoni di Higgs» suggerisce Sergio Bertolucci, direttore della ricerca al Cern. Come in un gioco di specchi, l’Higgs potrebbe presentarsi con identità plurime (fino a cinque). E la caccia al “latitante” che diamo per conclusa potrebbe essere solo all’inizio. La “moltiplicazione degli Higgs” è possibile grazie alla teoria della supersimmetria, secondo cui ogni particella ha una o più compagne rimaste finora ignote.

Si spiegherebbe così perché il 96% dell’universo - suddiviso in materia ed energia oscura - è totalmente invisibile. Per penetrare nel regno della supersimmetria servirebbe però un varco. Un dettaglio inaspettato del bosone potrebbe suggerirne l’esistenza, ma finora la particella non ha offerto appigli o stranezze. «Speravamo di vedere segnali in disaccordo con le teorie attuali» spiega Gian Francesco Giudice, fisico teorico del Cern. «Invece tutte le caratteristiche dell’Higgs sono in linea con le previsioni. Questo non ci aiuta ad aprire nuovi sentieri».

Una sorpresa potrebbe ancora annidarsi fra le molteplici forme che l’Higgs assume alla fine della sua vita. L’Lhc, in tre anni di attività, ha prodotto 2mila trilioni di collisioni fra protoni veloci quasi come la luce. Negli scontri si sono formati circa 400 bosoni di Higgs. Dopo un’esistenza di un istante, queste particelle si disintegrano, ed è osservando i frammenti che i fisici ne ricostruiscono l’identikit.

Da questo minuzioso lavoro di interpretazione potrebbero saltare fuori novità. Anche perché esperimenti giganteschi come l’Lhc (costato 10 miliardi di euro) sono affidati a squadre di fisici diverse e indipendenti. A Ginevra ne esistono 4, di cui 2 specializzate nella caccia all’Higgs.

I dati dei vari gruppi a La Thuile combaciano abbastanza, ma non perfettamente. E il bosone di Higgs per molti aspetti resta un bersaglio mobile. «A differenza di altre particelle elementari - prosegue Giudice - le sue proprietà non sono rigidamente determinate dalle simmetrie della teoria. Possono risultare diverse da quelle previste senza che l’intera teoria crolli. La questione che più lascia perplessi è quella dell’instabilità del vuoto».

Il vuoto, secondo i calcoli fatti al Cern e all’Istituto nazionale di fisica nucleare, non ha ancora raggiunto uno stato di energia minimo, quindi di quiete. Potrebbe “precipitare a valle” e scomparire. «Non accadrebbe in tempi brevi - tranquillizza Giudice - ma l’universo, per come ci appare il bosone oggi, si troverebbe in uno stato di equilibrio instabile, come un nido precariamente appeso a un ramo».


È solo il primo passo verso altre frontiere dalla materia oscura al destino dell’universo

di Fabiola Gianotti (la Repubblica, 07.03.2013)

LA SCOPERTA di una nuova particella è solo il primo passo di un lungo cammino. Per capirne le proprietà occorrono misure dettagliate, che richiedono tempo e dati. Ci sono due aspetti principali su cui stiamo lavorando. Il primo è determinare lo spin della nuova particella, una proprietà che potremmo considerare una specie di “codice genetico”, che ci permetterebbe di definirne la natura. Siamo sulla buona strada per affermare che lo spin della nuova particella è compatibile con il valore previsto per il bosone di Higgs (zero), mentre ad esempio l’elettrone ha spinun mezzo e il fotone spinuno.

L’altro aspetto importante è determinare come questa nuova particella interagisce con le altre particelle elementari. Su questo abbiamo fatto molti progressi negli ultimi mesi. Anche se il traguardo è migliorare la precisione delle misure, tutti i risultati ottenuti finora sono in ottimo accordo con l’interpretazione che la nuova particella sia proprio il bosone di Higgs. Lhc però è stato concepito e costruito per affrontare una lunga lista di questioni aperte.

La domanda sull’origine delle masse delle particelle elementari, che ci ha accompagnato per decenni, è ora in via di risoluzione. Ma ci sono altri quesiti che stiamo esplorando, come la composizione della materia oscura, l’asimmetria fra materia e antimateria nell’Universo, l’esistenza di altre forze oltre alle 4 che conosciamo. Una delle prime curiosità che ci piacerebbe risolvere è la natura della materia oscura.

Sarebbe bellissimo produrre in un acceleratore sotterraneo nella campagna fra Svizzera e Francia la particella responsabile del 25% dell’Universo. Si tratterebbe di una soddisfazione enorme per le migliaia di fisici di tutto il mondo, fra cui 600 italiani coordinati dall’Infn, che lavorano da 25 anni a un progetto senza precedenti.

L’AUTRICE Ha guidato Atlas, uno dei rivelatori che ha scoperto l’Higgs


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