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SCIENZA.Cosmologia e Fisica delle particelle....

L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. Al CERN di Ginevra sta per essere avviato l’Lhc (Large Hadron Collider). Vedremo che cosa è successo immediatamente dopo il Big Bang. Il resoconto di una visita sul posto di Fabrizio Ravelli - a cura di pfls

È un momento storico per la scienza, e quel che scopriremo potrebbe cambiare i libri di testo. Fra un anno o due, c’è la possibilità che si scopra l’origine della materia oscura che costituisce il venticinque per cento dell’universo.
mercoledì 10 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Vedremo l’origine dell’universo, che cosa è successo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, perché quelle sono le condizioni che verranno ricreate. Un progetto simile non è mai stato tentato, ed è il più ambizioso al mondo. Non poteva succedere che qui al Cern, il più importante laboratorio planetario per la fisica delle particelle, l’impresa che (dal 1954) tiene insieme venti stati membri europei, e circa sessanta di tutto il mondo, impegnando ogni giorno ottomila (...)

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> L’UNIVERSO E LA NOSTRA SCONFINATA IGNORANZA. --- Fabiola Gianotti: “Ma l’uomo non potrà mai sapere tutto”. Alla scoperta della materia oscura: "Siamo spinti dalle idee, non dalle gerarchie". Colloquio con Dario Cresto-Dina

lunedì 29 dicembre 2014

Fabiola Gianotti

Io, tra Dio e il Big Bang

Guiderà diecimila scienziati alla scoperta della materia oscura: “Ma l’uomo non potrà mai sapere tutto”


-  Si può essere fisici e credenti però è meglio che scienza e fede mantengano la giusta distanza
-  È un mestiere simile all’artista: anche noi dobbiamo andare oltre la realtà davanti ai nostri occhi
-  E ora vi spiego a cosa serve il bosone di Higgs

colloquio con Dario Cresto-Dina (la Repubblica, 28.12.2014)

GINEVRA LE INSEGNE RISPLENDONO e annunciano: Snacks, Salades, Desserts, Drinks. Sotto, quasi ogni ben di dio. I manifesti di due film, Bridget Jones e Angeli e Demoni. La locandina della sesta “Higgs Hunting”, la caccia, la conferenza che si svolgerà dal 30 luglio al primo agosto 2015 a Orsay, Francia, su risultati e prospettive dell’EWSB (ElectroWeak Symmetry Breaking) accanto a quella di un corso di danza scozzese. Stinchi pelosi spuntano da un kilt.
-  Le lingue del mondo si immergono e risalgono nel vociare di decine di ragazzi di colore e sguardi diversi che si mischiano in un gruppo, poi in un altro, qualcuno sulle code di una donna o di un uomo appena un poco più grande, qualche filo di grigio nei capelli, nessuno in tailleur o giacca e cravatta. Crocchi di tre o quattro in posa per un selfie sillabano prima dello scatto «higgs boson» che qui, ha sostituito il «cheese» conservandone la stessa funzione propedeutica al sorriso. Il tutto sorvegliato, sotto la cupola dello stabilimento principale del Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, dalla gigantografia del rivelatore Atlas che a prima vista sembra una stazione spaziale, ma in realtà è un colossale microscopio capace di fotografare la collisione di particelle con una potenza di fuoco di quaranta milioni di scatti al secondo e una risoluzione di cento milioni di pixel.

Tutto è rotondo al Cern: edifici, piazze, uffici, corridoi. Quasi a rappresentare plasticamente come questo sia un luogo che smussa, arrotonda appunto, le antinomie, i conflitti. Passato e futuro, giovani e vecchi, uomini e donne, scienza e fede. Il direttore attuale, Rolf Dieter Heuer, tedesco del Sud di sessantacinque anni, in carica dal 2009, uno scienziato che ama la danza artistica, le sculture di Giacometti e i poemi di Neruda messi in musica da Mikis Theodorakis, è stato paragonato a Re Artù per la ieratica somiglianza con il sovrano della leggenda portata sugli schermi e perché qui come spirito ci si sente un po’ tutti cavalieri della tavola rotonda.
-  Mesi fa, allo svizzero Le Temps, Heuer ha detto: «La scienza non è esotica, gran parte della nostra vita ha a che fare con la fisica. I giornali dovrebbero essere più attenti alle belle notizie, quelle che ci danno gioia, ravvivano la mente, stimolano il sapere. Non dovremmo mai dimenticare che scoprire è un piacere». Nel gennaio 2016 Heuer passerà il testimone a Fabiola Gianotti.

SARÀ IL TERZO DIRETTORE ITALIANO DEL CERN, dopo Carlo Rubbia e Luciano Maiani (Edoardo Amaldi fu invece tra i fondatori, nel ‘54, e segretario generale). La prima donna a ricoprire questa carica. «Lei e Rolf - raccontano i colleghi - hanno un’esperienza molto simile. Entrambi sono stati spokesperson di un grande progetto, Atlas e Opal, entrambi sono stati staff Cern, quindi hanno sviluppato una cultura comune».

Fabiola Gianotti ha cinquantaquattro anni e una voce argentina ed entusiasta da liceale. Una vita tra Roma e Milano, studi classici, le canzoni di Baglioni, il pianoforte, Bach e Schubert, Flaiano, Dostoevskij, Zola e la Némirovsky, Van Gogh e i pittori del Rinascimento italiano. Ha appena visto Torneranno i prati di Olmi e le è piaciuto moltissimo, si è commossa, ha ricordi indelebili di Lezioni di piano, Il postino e Pallottole su Broadway . Conserva i rimpianti della ballerina classica, la passione per la cucina, per le scarpe e per una domanda: «Perché la mela cade dall’albero?».

L’incontro fatale con la fisica l’ha avuto nel cuore grazie a una biografia di Marie Curie, nelle mani a Milano in un capannone della facoltà di Fisica a Città Studi, l’alternativa professionale sarebbe stata nelle neuroscienze perché non c’è poi così tanta differenza tra i misteri dell’universo e quelli che si nascondono nella mente umana. Magrissima e timida fino alla diffidenza, indossa una maglia arancione, una collana di pietre d’acqua e un paio di jeans. Un’eleganza sdrucciola che tende a scivolare via distrattamente dagli occhi di chi la osserva. Eppure la prima sensazione che si percepisce è quella di una donna felice: «Il Cern è il laboratorio del mondo. Tra queste mura mi sento come una bambina in un negozio di dolci. Non c’è altro luogo in cui desidero stare».

-  La felicità porta con sé un’aura di bellezza. Che cos’è la bellezza?

«Attingo dalla fisica: la bellezza è la simmetria imperfetta. La fisica ha una sua estetica che si può contemplare nelle leggi della natura fino agli esseri microscopici. Comprenderla è un gioco intellettuale relativamente semplice. Pensi che le equazioni fondamentali del Modello standard delle particelle elementari si possono scrivere su una t-shirt. Sono tre righe appena ».

La fisica si muove tra passato e futuro. Siete esploratori. Il prossimo obiettivo è proprio la super simmetria dell’Universo. L’ipotesi che ciascuna delle 17 particelle elementari finora scoperte abbia un partner “supersimmetrico” non ancora osservato. Quando vi rimetterete in viaggio?

«In primavera, quando tornerà operativo il Large Hadron Collider. Il più grande acceleratore mai costruito, un tunnel circolare di ventisette chilometri localizzato a circa cento metri di profondità nella campagna tra la Svizzera e la Francia. Ha funzionato con successo tra il 2009 e il 2013, ci ha portato alla scoperta del Bosone di Higgs. Per consentirci di affrontare domande molto importanti sulla materia oscura, che è circa il venti per cento dell’Universo, un’energia più elevata potrebbe essere fondamentale. Passeremo da otto a tredici tera-elettronvolt, l’unità di misura dell’energia delle particelle. Un TeV equivale all’energia di volo di una zanzara, ma il protone è circa mille miliardi di volte più piccolo della zanzara».

Che cosa succede sotto terra quando l’LHC e i suoi esperimenti sono in operazione?

«Due fasci di protoni vengono accelerati attraverso campi elettrici. Campi magneti superconduttori di altissima tecnologia li intrappolano nell’anello e li guidano in collisione. I protoni si scontrano in quattro punti del tunnel dove apparati sperimentali ci permettono di studiare il prodotto delle collisioni».

Come definirebbe filosoficamente la materia oscura?

«La misura della nostra ignoranza. Nessuna particella elementare fin qui scoperta presenta le caratteristiche della materia oscura. Ci serve una teoria più ricca, come quella della super simmetria, ma, chissà?, magari la natura ha segretamente in serbo un’altra soluzione».

In campo scientifico ogni risposta produce nuove domande. Almeno per ora. Arriverà un tempo in cui sapremo tutto?

«Non credo. La conoscenza è un cammino senza fine. Possono privarci del lavoro, dello stipendio, della casa ma nessuno può portarci via il nostro cervello».

Quanto siete vicini al Big Bang?

«Siamo lontanissimi. Siamo riusciti a capire quello che è successo a partire da un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, circa quattordici miliardi di anni fa. Ma siamo lontani dal capire che cosa è successo al tempo del Big Bang».

Cercate Dio?

«No. Non credo che la fisica potrà mai rispondere alla domanda. Scienza e religione sono discipline separate, anche se non antitetiche. Si può essere fisici e avere fede oppure no. È meglio che Dio e la scienza mantengano la giusta distanza».

Ma avete chiamato il Bosone di Higgs “la particella di Dio”.

«Mai uno scienziato ha avuto l’ardire di definirla così. Lo dobbiamo all’editore del libro scritto dal premio Nobel Leon Lederman. Voleva rivestire l’opera con un velo letterario di sicuro effetto. Lederman aveva suggerito un altro titolo, La particella dannata , perché ci aveva fatto disperare, l’avevamo cercata per decenni. È senza dubbio una particella speciale, ma avvicinarla a Dio è una sciocchezza».

Rispetto la sua opinione. Ma un suo collega di fede anglicana che insegna nanotecnologia a Oxford, Andrew Briggs, dice che non è neppure il caso di scegliere tra Dio e scienza. Li tiene assieme e cita il salmo all’ingresso del laboratorio Cavendish dell’università di Cambridge: «Grandi sono le opere dell’Eterno, ricercate da tutti coloro che si dilettano in esse». Suona come un inno alla vostra professione. Chi non è aiutato dalla fede può esserlo da qualche grammo di follia?

«Non follia, ma creatività. Forse le due cose hanno confini che possono sembrare comuni quando si addentrano nello spazio del sogno. Lo scienziato deve essere capace di sognare. Ho sempre pensato che il mestiere del fisico si avvicini a quello dell’artista perché la sua intelligenza deve andare al di là della realtà che ha ogni giorno davanti agli occhi. Credo che la musica e la pittura siano le arti più prossime alla fisica ».

Nel suo lavoro quanto sono decisive le mani?

«Per quanto mi riguarda sono fondamentali. Da bambina mi piaceva modellare il pongo, oggi mi piace costruire rivelatori. Avverto il bisogno fisico di essere vicino alla sperimentazione. Ho partecipato allo sviluppo dei rilevatori di particelle, per esempio il calorimetro ad argon liquido di Atlas, un cilindro lungo circa quattro metri e con un raggio interno di oltre uno. Le mani restituiscono al lavoro un aspetto familiare della ricerca. Nella scienza come in cucina ci vogliono regole matematiche e rigore. La termodinamica, la fluidodinamica... Ma ci vogliono anche creatività e fantasia. Un soufflé non riesce se la temperatura del forno e la durata della cottura non sono precise, ma seguire una ricetta in maniera pedissequa non è per nulla interessante ».

Ogni passo avanti del sapere prima o poi produce progresso. In che modo la ricerca sulle particelle elementari ha influito e influirà sulla nostra vita?

«Guardi, mi limito a un elenco di tre punti. Il primo: la realizzazione di un desiderio primario dell’umanità, la conoscenza, una delle ragioni più elevate della nostra specie. Il secondo: l’indispensabilità di fare ricerca di base per proseguire sul cammino del progresso, dell’evoluzione. Senza la meccanica quantistica e la relatività non avremmo avuto transistor e gps. Il terzo, lo sviluppo di tecnologie di punta che ci migliorano l’esistenza e diventano patrimonio dell’umanità com’è scritto nell’atto fondativo del Cern. Gli acceleratori di particelle sono già usati in fisica medica per bombardare i tumori con fasci di protoni o ioni-carbonio. Esistono due centri in Europa, a Heidelberg e a Pavia. Il Cnao fondato da Ugo Amaldi ha finora curato oltre quattrocento pazienti».

Un suo collega ha detto: «Anche nel nostro mestiere quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. E di solito sono donne». Le si attaglia questo aforisma?

«Il Cern è un luogo che celebra la diversità. Vi lavorano undicimila scienziati di cento nazionalità differenti, studenti che operano gomito a gomito con premi Nobel. Il genere, l’etnia, l’età e il passaporto contano poco. Sono qui perché sono un buon fisico, non perché sono donna».

Madre palermitana laureata in filologia romanza, papà piemontese di Isola d’Asti, geologo. Siamo tutti il risultato di un padre e di una madre. Cosa le hanno trasmesso i suoi?

«Devo loro moltissimo. Con il loro esempio mi hanno insegnato l’onestà, il rigore morale e intellettuale, la generosità, il sacrificio, l’apertura mentale verso tanti campi e interessi. Ma, soprattutto, mi hanno dato molto amore».

Lei non è sposata. È della stessa idea di Rita Levi Montalcini che diceva: «Sono io il marito di me stessa»?

«Assolutamente no. Da ragazzina avrei voluto avere cinque figli. È semplicemente andata diversamente».

La Caverna numero cinque è stata scavata a Cessy, villaggio francese a una ventina di chilometri dal Cern. Piove sui prati, sui cavalli e le vacche al pascolo. L’ascensore scende di cento metri in pochi secondi. Sopra c’è una montagna bellissima e famosa che si chiama Jura. È la caverna delle meraviglie dove si dibatte la nostra ignoranza. Qui si scontreranno tra pochi mesi i protoni liberati da una bottiglia di idrogeno. Decine di ragazzi si aggirano tra migliaia di cavi, li conoscono uno a uno. Dice Gigi Rolandi, fisico sperimentale e professore alla Normale di Pisa: «Negli ultimi trent’anni è cambiato tutto. Prima si lavorava a piccoli gruppi, oggi ci sono tremila scienziati su ogni singolo progetto. È la Dottrina delle Formiche».

Domando a Fabiola Gianotti come guiderà un esercito di oltre diecimila persone. Mi risponde così: «Non siamo un’azienda. Guai a soffocare con il controllo e un’organizzazione pesante l’essenza della ricerca, che si basa sulle idee. Penso a una direzione leggera, attraverso il consenso. Se il più giovane degli studenti ha l’idea giusta si proverà a fare ciò che il suo intuito ha suggerito. Siamo spinti dalle idee, non dalle gerarchie».


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