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Politica

Perché i giovani di San Giovanni in Fiore dovrebbero indignarsi. Riesplode il caso nazionale d’una città con un vastissimo territorio il cui dramma occupazionale conta quanto quello, dell’anima, dei luoghi più colpiti dalla mafia. Appello di Emiliano Morrone al presidente Carlo Azeglio Ciampi: "Venga a San Giovanni in Fiore, prima della fine del Suo mandato"

sabato 7 gennaio 2006 di Emiliano Morrone
Chi dice 5000, chi 9000, a proposito delle partenze dopo il periodo festivo, sta di fatto che San Giovanni in Fiore, 18 mila abitanti, s’è nuovamente svuotata, è rimasta deserta, assumendo le sembianze d’una città di terremotati, rasa al suolo. In cui si incontrano anziani spesso abbandonati all’azione del tempo e a cui provvedono solo le parrocchie oppure giovani, non tutti, con la febbre del consumo. La disoccupazione, già al 51%, aumenta senza speranze. I servizi sono gestiti, il più (...)

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> Perché i giovani di San Giovanni in Fiore dovrebbero indignarsi. Riesplode il caso nazionale d’una città con un vastissimo territorio il cui dramma occupazionale conta quanto quello, dell’anima, dei luoghi più colpiti dalla mafia. Appello di Emiliano Morrone al presidente Carlo Azeglio Ciampi: "Venga a San Giovanni in Fiore, prima della fine del Suo mandato"

lunedì 9 gennaio 2006

Amico Silagrande, intanto, non posso accettare per nessuno, si tratti anche d’un condannato di lusso, e non è il caso di Riccardo Succurro, che si usino espressioni come "incivile" e "immorale". Intendiamoci, non difendo nessuno, per carità. Ci sono, però, modi e parole per esprimere il più vivo dissenso per l’operato politico di qualcuno, senza intaccare la sfera personale. Come vedi, io non ho qualificato l’onorevole Oliverio in modo ingiurioso, nel senso precisato dal codice penale. Spero che tu comprenda questa posizione, anche perché "la Voce di Fiore", per obbligo di legge, è una testata registrata in tribunale, di cui ho piena responsabilità essendone il direttore. Considero, pertanto, i tuoi epiteti solo come pennellate di colore, che nascono da una rabbia, per lo stato delle cose, condivisa da moltissimi di noi. Poi, ti invito a non analizzare la situazione locale ricorrendo alle sole categorie dei rappresentanti e dei rappresentati passivi, esortazione del professor Giuliano Compagno, che conosce nel profondo la realtà politica, economica e culturale di San Giovanni in Fiore. La società non può prendersela soltanto con la politica, evitando di fare "outing", come usa dire oggi. Sono convinto che ogni azione è politica. La stessa indifferenza verso il futuro d’una comunità è un fatto politico e una scelta con effetti inevitabilmente politici. Mario Oliverio ha occupato quasi tutte le cariche istituzionali. Automaticamente, può essere chiamato in causa per dar conto d’uno sviluppo mancato e, anzi, d’una retrocessione rispetto al contesto europeo al quale apparteniamo. Ma la nostra società vive di invidie, individualismi e parole, tante parole. La nostra società non è in grado di compattarsi e di esprimere valori e obiettivi comuni, come ha scritto Tony Arcuri sul forum del prof. Vattimo. Pare che ciascuno di noi stia attento all’altro, al prossimo, per disprezzarne, divertendosi, scelte e linguaggio. Personalmente, contesto Oliverio come politico. In quanto persona, mi sta pure simpatico, visto che ha una faccia gioconda e una sangiovannesità innegabile nel parlare. Dal punto di vista politico, Mario si è riciclato come i vari Rutelli, Dalema, Bertinotti e altri. Forse, l’onorevole florense ha proprio cambiato direzione, deviando rispetto a quel comunismo che tu gli attribuisci. Dieci anni fa o più, era tra i sostenitori del Pci, quando si cambiò il nome al partito. E certo non si sarebbe sognato di farsi pizzicare le guance dal grande vescovo Giuseppe Agostino. La storia insegna. Si vede che Mario ha imparato. Vorremmo che lui applicasse ciò che di positivo la caduta del muro di Berlino ha dato alla comunità del mondo. In alcuni suoi recenti discorsi l’ho sentito in veste addirittura tremontiana. Ma, per questo, non si può mica mettere all’indice. Cominci a portare servizi e diritti alla sua città, annulli un certo atteggiamento da imperatore, faccia "outing", la smetta di definire questo territorio come bisognoso della carità statale e sicuramente diventeremo suoi interlocutori. Per ora, non mi sembra che Mario abbia dato alla sua città, che pure, sino a un certo momento, lo ha ricoperto di voti, garantendogli un recupero politico inimmaginabile, quando il Pci cercò d’allontanarlo da assessore regionale. Vedi, Silagrande, in queste vacanze natalizie dei ragazzi hanno organizzato una bella e strutturata rassegna d’arte nel centro storico. Anche avendo avuto divergenze politiche con alcuni di loro, non posso negare la validità della loro iniziativa. Giovanni Spadafora, assessore alla cultura dei Ds, ha promosso un bellissimo concerto di Indaco al Teatro Italia. Non posso non ammetterlo, nonostante che il suo partito continui a organizzarsi su base piramidale, spesso escludendo i più colti e intelligenti. Se a queste iniziative si aggiungesse una battaglia comune per la difesa della legalità, saremmo già sulla buona strada. Al cimitero, la maggioranza storica ne ha combinate di grosse, rilasciando dubbie concessioni edilizie alla vigilia delle elezioni e permettendo la chiusura d’un passaggio pubblico per la costruzione d’una cappella. Una precisazione sui voti: l’onorevole Gianni Vattimo non ha incassato 1427 consensi ma 2736. Tutti sanno che per via della coincidenza tra simbolo, nome del movimento e del candidato sindaco, molti voti espressi per il filosofo sono stati attribuiti al candidato di centrosinistra. In realtà, si dica ciò che si vuole, il più votato al primo turno è stato Antonio Barile, candidato della coalizione di centrodestra. Allora, inviammo un telegramma al Prefetto di Cosenza. Che cosa sarebbe successo, se ci fosse stata una verifica delle schede elettorali? La verità è che ognuno di noi deve essere il difensore civico e il legislatore di questo nostro comune. Con la massima cordialità,

Emiliano Morrone


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