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Filosofia, Matematica e Teologia.....

GÖDEL, GÖDEL, GÖDEL. Tutti pazzi per Kurt Gödel. Una nota di Giuseppe Galasso sul libro di Francesco Berto - a cura di Federico La Sala

venerdì 20 giugno 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Non è tanto semplice. Berto stesso dice di avere spesso, da filosofo, sbattuto la testa in un muro di difficoltà. Dice pure che per il suo libro si deve sapere un po’ di logica elementare e che ha dovuto iniziare con un po’ di teoria degli insiemi. Ma chi supera gli ostacoli trova in lui una guida abile e suasiva. E la fatica sarà premiata. Gödel è stato discusso, e dopo di lui matematica e logica hanno preso anche altri sentieri. Ma il nucleo duro del suo pensiero si è dimostrato, (...)

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> GODEL, GODEL, GODEL. --- Il genio e la ballerina. Adele e Kurt sposi nel 1938; Yannick Grannec ha raccontato il loro amore in un romanzo basato su documenti reali.

sabato 20 settembre 2014

Gödel, lampi di genio grazie alla ballerina

L’avventura d’amore dalla Vienna Anni 20 agli Usa tra il grande logico e una ragazza del cabaret

di Mirella Serri (La Stampa TuttoLibri, 20.09.2014)

      • Adele e Kurt sposi nel 1938; Yannick Grannec ha raccontato il loro amore in un romanzo basato su documenti reali che ha venduto in Francia 100 mila copie e vinto il Prix des Libraires

Il genio e la ballerina. Lei lo incontrava alle prime luci dell’alba rientrando dal Nachtfalter, il cabaret dove si esibiva in costume da marinaretta. Lui passeggiava alle cinque di mattina con le braccia incrociate dietro il pesante cappottone in cui era infagottato nonostante l’aria tiepida della primavera. Per una bionda come Adele Porkert, platinata alla maniera di Jean Harlow, le strade deserte di Vienna potevano riservare brutte sorprese e lei brandiva come arma contundente un sacchetto di pepe da gettare negli occhi dell’eventuale aggressore. Adele si era accorta, però, che quel ventiduenne allampanato di nome Kurt, dietro gli occhialetti cerchiati di nero, aveva lo sguardo perso e sognante. Che fosse un tipo speciale lo capì quando la invitò al caffè e, mentre lei divorava una gigantesca fetta di sacher-torte, Kurt misurava attento mezzo cucchiaino di zucchero da mettere nel suo scipito tè.

Si annidava in lui quella bestia nera che lo avrebbe divorato lentamente negli anni, portandolo a morire di fame in America, a Princeton, vittima delle sue paranoie e della sua anoressia. Adesso, a raccontarci la bellissima storia de La dea delle piccole vittorie, ovvero la vicenda di Adele, ragazza del café-chantant trasformatasi in angelo della Provvidenza per Kurt Gödel, uno dei maggiori logici di tutti i tempi, è l’esordiente francese Yannick Grannec. Di professione designer con il pallino della matematica, la Grannec ha venduto in breve tempo circa 100 mila copie del romanzo (fondato su documenti veri) dell’ex danzatrice di varietà che, con la sua eccezionale energia, tenne ancorato alla realtà lo studioso psicotico che ha gettato le basi del pensiero informatico moderno e ha influenzato la filosofia contemporanea.

Adele aveva una personalità agli antipodi di quella del «suo» scienziato: non aveva studiato, non aveva mai letto un libro, suo padre aveva un negozietto da fotografo, si abbigliava con gonne e corsetti di gusto improbabile, cambiava continuamente colore dei capelli. Gödel, invece, proveniva da una famiglia di ricchi industriali, vestiva con camicie di lino e completi che gli cadevano a pennello. Quando Kurt conobbe la giovane donna cattolica e divorziata che aveva sette anni più di lui, già frequentava il Circolo di Vienna ed era intimo del filosofo della scienza Rudolf Carnap. Lavorava al dottorato che conseguì con una splendida dissertazione, a seguito della quale verrà invitato a insegnare negli Stati Uniti, presso l’Institute for Advanced Study (Ias) di Princeton, da due cervelloni della teoria degli insiemi e della fisica atomica, John von Neumann e Oswald Veblen. Ma già era perseguitato dai suoi fantasmi: tagliava il cibo in pezzi piccolissimi e lo faceva assaggiare alla futura moglie per timore di essere avvelenato.

A seguito dell’assassinio, nel 1936, di Moritz Schlick, uno dei suoi amati insegnanti e fondatore del circolo positivista, ucciso da uno studente di matematica nazista, le paure di Gödel si moltiplicarono. La minaccia hitleriana contro i pensatori non allineati non era il parto di una fantasia malata e spinse i neosposi, convolati a nozze nonostante le resistenze della famiglia di lui, a una fuga avventurosa attraverso l’Urss e il Giappone verso gli Stati Uniti. Nel lungo percorso in Transiberiana, Gödel custodiva un segreto che gli aveva confidato Hans Thirring a Berlino e che, appena approdato a New York, avrebbe dovuto riferire ad Albert Einstein: la Germania di lì a poco sarebbe stata in grado di controllare la fissione nucleare.

A Princeton, Adele, che non parlava bene inglese e veniva guardata con sospetto, troverà uno straordinario alleato nel tenere in vita il fragile scienziato sempre più dominato dalle sue ossessioni: Einstein divenne per Kurt un’importante figura di riferimento. Il premio Nobel per la fisica lo aiuterà a riconquistare fiducia nella vita. La strana coppia formata dal taciturno ed elegante matematico e dall’originale scopritore della teoria della relatività, con indosso un vecchio maglione militare, un paio di pantaloni sdruciti, senza calze o con i calzini spaiati, e con la nota coiffure tutta scompigliata mescolata a fili di tabacco e di chissà cos’altro, si aggirava discutendo per le strade di Princeton. Sarà proprio la scomparsa di Einstein, il 18 aprile del 1955, e poi la perdita della salute da parte di Adele, colpita da un ictus, che avvieranno Gödel su una lenta strada del tramonto: quando si spegnerà, nel 1978, sarà un mucchietto di pelle e ossa che non raggiungeva i 40 chili.

Dopo la sua morte, Adele ritroverà non solo migliaia di quaderni in cui lui registrava tutti i giorni la temperatura corporea e il volubile andamento del suo intestino, ma anche la corrispondenza con la madre in cui le esponeva le sue elaborazioni filosofiche-matematiche. Non faceva mai nessun riferimento alla sua donna, a colei che gli permetteva di sopravvivere. Adele gli fu essenziale: ballerina senza arte né parte fu paradossalmente la sua musa. Senza di lei le scoperte di un fuoriclasse della matematica e del pensiero filosofico non sarebbero maturate né venute alla luce.


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