Antonella, Evelina, Elena, Eleonora, Camilla: storia di seduzione e intercettazioni
Le favorite ai tempi del Cavaliere
Le richieste per entrare in paradiso
Tra una telefonata e una raccomandazione inseguendo l’agognata facile celebrità
di NATALIA ASPESI *
IL POTERE delle donne è sempre passato attraverso quello degli uomini, che ne sono tuttora i veri e soli detentori. Le favorite dei re, le ’grandes horizontales’ fine ’800, le cinedive di Hollywood che per essere tali dovevano attardarsi sul classico sofà dei produttori, sapevano che la sola forza femminile rispetto alla sola debolezza maschile era quella del sesso: o comunque non c’erano strade diverse dell’autorevole appoggio, dalla condiscendenza, protezione, attenzione, interessamento, intervento di un uomo importante per diventare loro stesse importanti.
Nel tempo le richieste di favori si sono banalizzate: dal titolo nobiliare e dal diritto di mettere il naso negli affari di stato, a gioielli, carrozze e ville, da un ferreo contratto da star per grandi film con registi celebri a, adesso, una comparsata nel luogo più buio della televisione italiana, la fiction casereccia, l’ultimo angoscioso paradiso dell’agognata facile celebrità.
Dalle intercettazioni delle telefonate negli ultimi mesi del 2007 tra i protagonisti di questa storia umiliante, appare per prima cosa stupefacente che sia stato così facile, in questo caso per non poche giovani donne, mettersi direttamente in contatto con un uomo di massimo potere politico e mediatico, in quel periodo non a capo del governo ma che comunque si poteva immaginare superindaffarato sia col business che con gli avvocati che con la potente macchina per vincere le vicine elezioni (che comprendeva anche un gran lavoro per l’ingaggio di alcuni esponenti avversari).
Antonella, Evelina, Elena, Eleonora, Camilla e certamente altre, sapevano di avere tutto il diritto di abusare della sua generosità e di intasargli i cellulari tempestandolo di telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, di pretendere favori e raccomandazioni, di comportarsi da ’pazza pericolosa’ o da ’frustrata assoluta’, di spaventarlo con le minacce, di obbligarlo a chiedere per loro, a suoi dipendenti o a persone ansiose di compiacerlo, particine nel mare di fiction che intasano la televisione; non solo in quelle Mediaset di cui Berlusconi è direttamente padrone, ma anche in quelle della cosiddetta concorrenza, attraverso i premurosi servigi del povero Agostino Saccà, allora direttore di Rai Fiction.
Ognuna di queste questuanti, come tante altre raccomandate da centinaia di altri potenti, non avevano, non hanno, almeno per ora, delle carriere folgoranti. Elena ha un suo sito ufficiale bilingue in cui racconta di essere venuta a Roma da Napoli nel 1993 e di aver partecipato al film ’Baciami Piccinà di Ciampanelli, Camilla ha un blog e ha iniziato come tronista a ’Uomini e donne’, Evelina è apparsa un secondo in ’Alessandro Magnò di Oliver Stone, su una copertina di Panorama e in un ’Padre Piò televisivo; Antonella non ha lasciato grandi tracce in ’Casomaì di D’Alatri, né alcun dizionario del cinema segnala ’Balcancan’ del macedone Mitrevski in cui ha iniziato la sua carriera: finalmente Saccà ottiene qualcosa e per lei si inventa un apposita particina nella superfiction Rai ’Capri’.
Ma non sempre Agostino ce la fa: per quanto potente sia lui e soprattutto chi gli chiede questi modesti favori, capita che i provini delle ragazze pur raccomandate si dimostrino un tale sfacelo che registi e produttori eroicamente si ribellino all’imposizione. E tuttavia si capisce perché spesso una parte della nostra fiction pur amata dal pubblico, sia così desolata.
C’è questa folla sempre più inquieta di ragazze che sarebbero belle se non fossero tutte uguali, con le stesse pettinature e le stesse boccone e gli stessi reggipetti e lo stesso sorriso privo di seduzione; per uscire dalla palude dell’intercambialità non viene loro in mente magari di studiare, la via più facile è sempre quella, l’aiutino del potente, forse con uno scambio di cortesie. Tanto capita che nessuno chieda a queste ’attrici’ non si dice di saper recitare, ma neppure di essere in grado di scandire l’italiano e di esprimere anche a caso una qualsiasi emozione.
* la Repubblica, 28 giugno 2008.