INTERCETTAZIONI: DI PIETRO, BERLUSCONI MAGNACCIA
CAMPOBASSO - Prima l’attacco a Berlusconi sulla vicenda delle telefonate con Agostino Saccà. "L’allora aspirante capo del governo - ha detto il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro - mi sembra facesse un lavoro più da magnaccia per piazzare questa o quella velina". Poi la promessa di una linea di condotta sempre più dura: "Il nostro compito è quello di fare un’opposizione - ha continuato Di Pietro nel corso di una conferenza stampa stamattina a Campobasso - responsabile, che non ha gli occhi chiusi, che conoscendo chi c’é dall’altra parte sa che se lo si lascia fare ci porterà a essere più sudditi e meno cittadini".
"Berlusconi sta utilizzando tutto questo tempo in parlamento per farsi le leggi che servono a lui, soprattutto una legge che gli permette di non essere più processato, fosse manco il Padreterno", sottolinea Di Pietro sul nuovo "lodo Schifani" sull’immunità alle alte cariche dello Stato. "Noi dell’Idv - ha confermato l’ex ministro - faremo un referendum per permettere ai cittadini di abrogare questa legge in modo che anche lui sia uguale agli altri".
"L’azione politica di questo governo mi sembra piduista e non so fino a che punto - ha aggiunto Di Pietro - la volontà sia solo di Berlusconi. Il Parlamento è stato svuotato dalle sue funzioni, si fanno solo decreti legge. Ieri il Csm ha espresso un parere su una legge che hanno fatto e loro hanno detto: cambiamo il Csm".
Ma a tenere banco sono sempre le dichiarazioni sulle intercettazioni tra Berlusconi e Saccà: "Le intercettazioni - ha poi insistito Di Pietro - offrono uno spaccato di questa classe dirigente italiana che ci fa vergognare, e dicono anche che non si devono pubblicare le intercettazioni". "Per un giochetto a Clinton gliene hanno fatte e dette di tutti i colori, qui se senti le intercettazioni telefoniche... voglio dire: vendevano parti di film piuttosto che di fiction e quant’altro utilizzando i soldi della Rai, soldi nostri, soldi del canone. In cambio di che cosa? Quella è bona, quella è bella, quella c’ha le tette grosse. Ma insomma, abbiate pazienza, fate gli statisti o i magnaccia?", ha concluso Di Pietro.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Dopo il "magnaccia" rivolto ieri al Cavaliere, in riferimento alle intercettazioni
il leader dell’Idv non fa marcia indietro: "Obbliga il Parlamento a fare leggi per lui"
Di Pietro, niente scuse a Berlusconi
"Lui deve chiederle agli italiani"
ROMA - Il giorno dopo la bufera scatenata dalle sue dichiarazioni su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro non chiede scusa al premier, per averlo definito "un magnaccia". Anzi. Infatti il leader dell’Italia dei valori, ospite di Lucia Annunziata nel programma tv In mezz’ora, sostiene che è il Cavaliere a doversi "scusare con gli italiani, perché in campagna elettorale ha detto che si sarebbe attivato per farli stare bene. E invece sta obbligando il Parlamento a fare leggi che servono a lui per suo interesse".
"Il mio sarà pure un linguaggio crudo - aggiunge Di Pietro - ma il suo è un insulto agli italiani perché quando ha un processo in corso si fa una legge per farsi salvare". Quindi "è il premier che si deve scusare con gli italiani anche perché non può fare telefonate al direttore della rete pubblica per cui noi paghiamo il canone per dire piazza questo, piazza quello".
Ieri il presidente del Consiglio, dalla Sardegna, ha reagito a quel "magnaccia" di Di Pietro dicendo ai suoi amici presenti "è un mascalzone". Mentre il suo avvocato difensore nonché parlamentare del suo partito, Nicolò Ghedini, ha annunciato querele.
* la Repubblica, 29 giugno 2008.
Di Pietro: i cittadini devono sapere, il regime avanza
di Marcella Ciarnelli *
Attacco alle istituzioni. Interesse privato. Antonio Di Pietro non tradisce il suo stile e va all’attacco del governo di Silvio Berlusconi, che ieri ha provveduto all’approvazione del Lodo Alfano, sfoderando l’arma dei referendum abrogativi.
Onorevole Di Pietro, un’altra legge salva premier con l’iter blindato in Parlamento?
«Come giustamente è stato notato anche dal Partito democratico in riferimento al Dpef e alla legge finanziaria, si sta svuotando totalmente la funzione del Parlamento, che è diventato semplicemente un organo di passaggio e ratifica di decisioni che vengono prese in altri luoghi. Un metodo che non va. Ancor meno il merito. Questa è un’avvisaglia importante del regime che ci aspetta a cui voglio aggiungere anche il tentativo di zittire ogni forma di controllo, vedi la vicenda della Commissione di Vigilanza».
Come si contrasta?
«Credo proprio che sia necessario informare bene l’opinione pubblica sul futuro che ci aspetta. La manifestazione che terremo l’8 luglio è una prima risposta di quell’altra Italia che non ci sta a chiudere gli occhi e a farsi prendere in giro da un imbonitore che dice una cosa e ne fa un’altra, parla di sicurezza e fa leggi contro la sicurezza. Parla di libera informazione e fa leggi contro la libera informazione, parla di rilancio delle infrastrutture e dell’economia e propone norme punitive sia per lo sviluppo del Sud e che per il federalismo fiscale».
Berlusconi lavora per sé?
«Il presidente del Consiglio a fronte delle emergenze vere del Paese sta truffando letteralmente, non solo politicamente, i cittadini facendo credere che questi provvedimenti servano alla sicurezza, al rilancio dell’economia, alla governabilità, alla credibilità delle istituzioni. Invece se li valutiamo uno per uno, con la lente di ingrandimento, interessano solo lui».
È la P2 che ritorna?
«Berlusconi non sta ragionando da lupo braccato per l’esasperazione dei suoi guai giudiziari, ma è la longa manus di un progetto mai sopito, sempre presente nelle nostre istituzioni. Preoccupazione che peraltro, lo stesso presidente dell’Antitrust ha rilanciato l’altro giorno, quando ha detto che è neccessario fermare i cartelli. Il progetto di asservire le istituzioni e gestirle nell’interesse di pochi è più che ma attuale. La dimostrazione è nel fatto che se c’è qualcuno che gli mette il bastone tra le ruote lo si ferma, se bisogna cambiare una legge si cambia, se c’è bisogno di criminalizzare un’istituzione, si fa. Anche Benito faceva così».
I numeri in Parlamento sono quelli che sono...
«Abbiamo deciso di fare un’opposizione parlamentare ma anche d’informazione. Vogliamo parlare alla gente, non ai partiti. Attraverso il Parlamento e le nostre manifestazioni vogliamo far sapere agli italiani che in realtà hanno votato una truffa».
Parlamento e piazza?
«Certo. E anche rete».
E poi i referendum?
«Sette, che dovranno servire a formare ed informare. Vogliamo chiamare a raccolta i cittadini per dire no ad un grappolo di leggi che, messe tutte insieme sono, l’esemplificazione del regime che verrà. Vogliamo liberare l’informazione, liberare l’economia, liberare la giustizia».
C’è tempo per la raccolta?
«Abbiamo una procedura da rispettare. Ovviamente non si può depositare il quesito prima che il provvedimento sia diventato legge. Ma soprattutto non lo si può depositare nei sei mesi successivi all’indizione dei comizi elettorali. Quindi il 13 settembre. E non si possono depositare le firme dopo il 30 settembre se lo vuoi far valutare dalla Corte di Cassazione entro il 30 novembre. Altrimenti si va all’anno successivo. Per cui noi lanciamo da subito l’allarme firma, per poi andare rapidamente alla raccolta vera e propria, in modo di far sì che l’anno prossimo si voti per le europee ma anche per il referendum sulla legge elettorale, già previsto, e per quelli per i quali ci siamo impegnati».
Questo è un paese normale?
«Berlusconi e i suoi hanno detto che vogliono un Paese normale. In realtà ne vogliono uno normalizzato, in cui non si deve disturbare il manovratore ed in cui il popolo deve essere un po’ più suddito. Una volta c’era l’olio di ricino e adesso le veline di turno».
* l’Unità, Pubblicato il: 28.06.08, Modificato il: 28.06.08 alle ore 8.25
Antonella, Evelina, Elena, Eleonora, Camilla: storia di seduzione e intercettazioni
Le favorite ai tempi del Cavaliere
Le richieste per entrare in paradiso
Tra una telefonata e una raccomandazione inseguendo l’agognata facile celebrità
di NATALIA ASPESI *
IL POTERE delle donne è sempre passato attraverso quello degli uomini, che ne sono tuttora i veri e soli detentori. Le favorite dei re, le ’grandes horizontales’ fine ’800, le cinedive di Hollywood che per essere tali dovevano attardarsi sul classico sofà dei produttori, sapevano che la sola forza femminile rispetto alla sola debolezza maschile era quella del sesso: o comunque non c’erano strade diverse dell’autorevole appoggio, dalla condiscendenza, protezione, attenzione, interessamento, intervento di un uomo importante per diventare loro stesse importanti.
Nel tempo le richieste di favori si sono banalizzate: dal titolo nobiliare e dal diritto di mettere il naso negli affari di stato, a gioielli, carrozze e ville, da un ferreo contratto da star per grandi film con registi celebri a, adesso, una comparsata nel luogo più buio della televisione italiana, la fiction casereccia, l’ultimo angoscioso paradiso dell’agognata facile celebrità.
Dalle intercettazioni delle telefonate negli ultimi mesi del 2007 tra i protagonisti di questa storia umiliante, appare per prima cosa stupefacente che sia stato così facile, in questo caso per non poche giovani donne, mettersi direttamente in contatto con un uomo di massimo potere politico e mediatico, in quel periodo non a capo del governo ma che comunque si poteva immaginare superindaffarato sia col business che con gli avvocati che con la potente macchina per vincere le vicine elezioni (che comprendeva anche un gran lavoro per l’ingaggio di alcuni esponenti avversari).
Antonella, Evelina, Elena, Eleonora, Camilla e certamente altre, sapevano di avere tutto il diritto di abusare della sua generosità e di intasargli i cellulari tempestandolo di telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, di pretendere favori e raccomandazioni, di comportarsi da ’pazza pericolosa’ o da ’frustrata assoluta’, di spaventarlo con le minacce, di obbligarlo a chiedere per loro, a suoi dipendenti o a persone ansiose di compiacerlo, particine nel mare di fiction che intasano la televisione; non solo in quelle Mediaset di cui Berlusconi è direttamente padrone, ma anche in quelle della cosiddetta concorrenza, attraverso i premurosi servigi del povero Agostino Saccà, allora direttore di Rai Fiction.
Ognuna di queste questuanti, come tante altre raccomandate da centinaia di altri potenti, non avevano, non hanno, almeno per ora, delle carriere folgoranti. Elena ha un suo sito ufficiale bilingue in cui racconta di essere venuta a Roma da Napoli nel 1993 e di aver partecipato al film ’Baciami Piccinà di Ciampanelli, Camilla ha un blog e ha iniziato come tronista a ’Uomini e donne’, Evelina è apparsa un secondo in ’Alessandro Magnò di Oliver Stone, su una copertina di Panorama e in un ’Padre Piò televisivo; Antonella non ha lasciato grandi tracce in ’Casomaì di D’Alatri, né alcun dizionario del cinema segnala ’Balcancan’ del macedone Mitrevski in cui ha iniziato la sua carriera: finalmente Saccà ottiene qualcosa e per lei si inventa un apposita particina nella superfiction Rai ’Capri’.
Ma non sempre Agostino ce la fa: per quanto potente sia lui e soprattutto chi gli chiede questi modesti favori, capita che i provini delle ragazze pur raccomandate si dimostrino un tale sfacelo che registi e produttori eroicamente si ribellino all’imposizione. E tuttavia si capisce perché spesso una parte della nostra fiction pur amata dal pubblico, sia così desolata.
C’è questa folla sempre più inquieta di ragazze che sarebbero belle se non fossero tutte uguali, con le stesse pettinature e le stesse boccone e gli stessi reggipetti e lo stesso sorriso privo di seduzione; per uscire dalla palude dell’intercambialità non viene loro in mente magari di studiare, la via più facile è sempre quella, l’aiutino del potente, forse con uno scambio di cortesie. Tanto capita che nessuno chieda a queste ’attrici’ non si dice di saper recitare, ma neppure di essere in grado di scandire l’italiano e di esprimere anche a caso una qualsiasi emozione.
* la Repubblica, 28 giugno 2008.