[...] L’inquilino di Montecitorio lo ha deciso in riferimento ad un procedimento nei suoi confronti che nasce da una querela di Henry John Woodcock, ex pm di Potenza, per le parole pronunciate dall’ex leader di An a "Porta a Porta" [...]
Il presidente della Camera non si avvarà dell’immunità per difendersi da una accusa di diffamazione
Decisione comunicata dal suo legale Giulia Bongiorno, il caso alla Giunta per le autorizzazioni
Querela del giudice Woodcock
Fini rinuncia al Lodo Alfano
ROMA - Il presidente della Camera Gianfranco Fini rinuncia al Lodo Alfano. L’inquilino di Montecitorio lo ha deciso in riferimento ad un procedimento nei suoi confronti che nasce da una querela di Henry John Woodcock, ex pm di Potenza, per le parole pronunciate dall’ex leader di An a "Porta a Porta".
E’ stata Giulia Bongiorno, deputata del Pdl e avvocato del presidente della Camera a depositare l’istanza di rinuncia al Lodo da parte di Fini su questo fatto specifico.
Sulla base di questa istanza, sarebbe già arrivata alla giunta delle autorizzazioni a procedere della Camera la richiesta da parte della procura competente per questo caso.
* la Repubblica, 2 ottobre 2009
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Berlusconi dà l’ultimatum
Fini: non siamo una caserma
di Ninni Andriolo *
Esplicito Feltri: «Chi non ci sta fuori dal Pdl» titolava a tutta pagina il suo “Giornale”. E il catenaccio di prima chiariva l’avvertimento: “Entro mercoledì gli alleati dovranno firmare un documento che li impegna a tutelare il premier dall’offensiva giudiziaria. Se il numero delle adesioni non sarà soddisfacente, dimissioni della maggioranza e nuove elezioni. Quanto a Fini...”. Il messaggio non girava intorno a sottintesi: “i cavallini recalcitranti corrono il pericolo di rimanere fuori squadra”. Conclusione? “Ogni riferimento a Fini e al suo piccolo circo di storditi non è affatto casuale”. Il direttore del Giornale mena fendenti per conto suo, come spiegano sottovoce dal Pdl ostentando una presa di distanze? Cerca “di dare la linea al partito”, in poche parole? “L’ultimatum” di cui parla Feltri, in realtà, non ha provocato alcuna esplicita smentita dalle parti berlusconiane. C’è da desumere, quindi, che il Giornale abbia raccolto umori e notizie di prima mano. Mettendoci sopra magari un buon carico di drammatizzazione. La settimana che si apre, quindi, dovrà essere quella del “redde rationem”. “Decisiva” come l’incontro con Bossi e Fini che dovrebbe tenersi tra giovedì e venerdì per dipanare definitivamente la matassa giustizia-regionali. E il leghista Calderoli, tra l’altro - nel pomeriggio di ieri - spandeva ottimismo su “una soluzione condivisa” vicina “al testo finale”.
Il “ricatto” ha fatto breccia? Gli avvertimenti sono serviti a mettere in mora le ultime resistenze degli alleati? “Tra martedì e mercoledì - leggiamo da Feltri - il premier sottoporrà a tutti gli uomini del suo schieramento un documento sul quale sarà scritto", in sintesi, «ti impegni o no a superare col tuo voto la grana giudiziaria che minaccia la sopravvivenza del governo e della presidenza del medesimo?». Alla fine “si procederà alla conta” per capire chi sta con Berlusconi e chi no. E "se gli amici saranno tanti, i nemici saranno accompagnati alla porta", altrimenti si andrà ad elezioni anticipate. L’asino casca sempre sui problemi giudiziari del premier dopo la bocciatura del lodo Alfano, visto che Berlusconi teme una sentenza di condanna che possa metterlo in mora. Da qui l’affannosa ricerca di un salvacondotto d’impunità per il Cavaliere.
Il premier, martedì, rientrando in Italia da Berlino - oggi parteciperà alla cerimonia per il ventennale della caduta del Muro - incontrerà ad Arcore gli avvocati per una riunione tecnica su due testi diversi congegnati intorno alla prescrizione del reato. Si rispolvera un vecchio progetto dei senatori diessini Calvi e Fassone e lo si ridisegna a misura dei processi del premier. Se “l’intesa di massima” diventasse definitiva, Berlusconi, Fini e Bossi, poi, potrebbero renderla ufficiale. Sgombrando in campo, così, da uno dei macigni che intralciano la stessa trattativa sulle regionali. Bossi, insieme al Veneto, potrebbe avere un candidato governatore anche in Piemonte. Malgrado il Cavaliere - sondaggi alla mano - consideri il leghista Cota debole rispetto all’attuale governatore, la Pd Bresso. Accordo complessivo con il lasciapassare di Fini?
Ieri, intervistato da Fabio Fazio, il presidente della Camera ha ripetuto che non gli piace “la caserma” e nemmeno il Pdl “come è fatto”. Feltri? “Quello che scrive mi lascia indifferente - ha scandito - Mi preoccuperei se alcuni intendimenti attribuiti a Berlusconi fossero veri, ma al momento non ho elementi per pensarlo”. Le firme che annuncia il Giornale? “Gli autografi si chiedono a Sting - ribatteva Fini - Il presidente della Camera non firma nulla, i parlamentari si regolino loro”. Se l’accordo con Bossi e Berlusconi andrà in porto - in effetti - il referendum pro o contro Cavaliere non avrà più ragion d’essere. Ma cercando di salvare le forme si potrà evitare la figuraccia di darla vinta ancora una volta al premier?
* l’Unità, 08 novembre 2009
Fini rinuncia al lodo Alfano
Il pm Woodcook ritira la querela
Ansa, 02 ottobre, 21:46
di Anna Laura Bussa
ROMA - Il presidente della Camera spiazza la sua maggioranza confermando la rinuncia allo ’scudo’ per affrontare un processo per diffamazione. E ciò proprio a pochi giorni dell’atteso pronunciamento della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, la legge che impedisce di processare le più alte cariche dello Stato fino alla fine del loro mandato. La vicenda giudiziaria che interessa Fini - sottolinea Giulia Bongiorno, presidente dela commissione Giustizia della Camera e avvocato dell’ex leader di An - ha soltanto una coincidenza temporale con l’attesa pronuncia della Consulta. E sin da quando venne approvato il Lodo, nel luglio del 2008, il presidente della Camera avvertì che dell’ombrello processuale non se ne sarebbe mai voluto avvalere.
Ma un qualche disagio nel centrodestra questa situazione l’ha creata in giornata anche se, alla fine, l’allora Pm di Potenza che lo aveva querelato, Henry John Woodcock, nel pomeriggio ha annunciato di rinunciarvi, colpito dal ’beau geste’ del presidente della Camera. "Da magistrato e da uomo dello Stato - ha detto nello spiegare la sua decisione - in questo momento ritengo doveroso rimettere una querela nei confronti di chi ha mostrato leale collaborazione tra le istituzioni e, soprattutto, fiducia nell’azione della magistratura" Il 7 maggio del 2008, spiega oggi il quotidiano ’Fatto Quotidiano’, il Gip Mariella Finiti, approvando la tesi dell’accusa, aveva ordinato di spedire le carte alla Camera per l’autorizzazione a procedere.
Ma di fatto il fascicolo resta in un cassetto per 16 mesi. In seguito all’interessamento del giornale diretto da Antonio Padellaro, il legale di Fini Giulia Bongiorno va a vedere che fine ha fatto il provvedimento e si rende conto che tutto è rimasto bloccato per colpa del Lodo Alfano. Fini invita quindi il suo avvocato a sbloccare la situazione per affrontare il giudizio contro Woodcock. E quello che viene subito ribattezzato inizialmente, in ambienti parlamentari di Montecitorio, come lo ’strappo’ del presidente della Camera, non passa inosservato.
I cosiddetti tecnici della giustizia del centrodestra, a cominciare dal deputato del Pdl e legale del premier Niccolò Ghedini, evitano ogni commento. Mentre in Transatlantico era palpabile il malumore tra i deputati della maggioranza. Alcuni addirittura hanno malignato: "Si fa presto a rinunciare al lodo Alfano - ha osservato un deputato del Pdl - perché tanto poi resta in piedi la questione dell’insindacabilità...". E già, perché se anche la Bongiorno ha reso noto di aver avviato la procedura per rinunciare all’ombrello del Lodo Alfano, dovrà essere sempre la Giunta per le Autorizzazioni della Camera a dire l’ultima parola sull’insindacabilità delle parole di Fini contro il Pm ("Woodcock è un signore che in un paese serio avrebbe già cambiato mestiere.. è noto per una certa fantasia investigativa").
La rinuncia al giudizio di sindacabilità o meno delle dichiarazioni fatte da un parlamentare, infatti non rientra nella disponibilità del singolo individuo, ma dell’istituzione. Così, anche se un deputato dichiarasse di voler rinunciare alla cosiddetta immunità, dovranno essere sempre la Giunta, prima, e l’Aula, poi, a pronunciarsi, anche contro la volontà, spesso di natura propagandistica, del diretto interessato.
Ma in questo caso non si dovrà arrivare a tanto visto che l’ex pm di Potenza ha rinunciato alla sua querela. E Fini non ha voluto alimentare altre polemiche: "Nessun commento - ha tagliato corto con i cronisti in serata - da me non avrete una parola". L’opposizione però commenta con favore l’iniziativa del presidente di Montecitorio: "E’ un atto che dimostra grande sensibilità democratica" osserva Ermete Realacci (Pd), perché "indipendentemente da quanto stabilirà la Corte, Fini onora e rispetta gli italiani che credono nel dettato fondamentale della Costituzione: la legge è uguale per tutti". "Stimiamo Fini - prosegue il capogruppo dell’Idv Massimo Donadi - il suo è un comportamento da galantuomo a differenza di altri...".