ROMA - Napolitano ha chiesto al Pg di Salerno gli atti, in merito al caso De Magistris. Secondo il capo dello Stato si tratta di una vicenda senza precedenti che ha gravi implicazioni istituzionali.
Atti e informazioni sulla vicenda De Magistris sono stati chiesti dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno. La richiesta e’ stata avanzata su preciso mandato del capo dello Stato, Giorgio Napolitano dopo la decisione di sequestrare atti di inchieste condotte dall’ex pm della procura di Catanzaro De Magistris ora in servizio a Napoli.
Questo il comunicato del Quirinale: ’’Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra, su incarico del Presidente Giorgio Napolitano, ha oggi inviato al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno, dott. Lucio Di Pietro, la seguente lettera:
’La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ha effettuato ieri perquisizioni e sequestri nei confronti di magistrati e uffici della Procura Generale presso la Corte di appello di Catanzaro e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di quella citta’. Tali atti di indagine, anche per le forme e modalita’ di esecuzione, hanno avuto vasta eco sugli organi di informazione, suscitando inquietanti interrogativi. Inoltre, in una lettera diretta al Capo dello Stato, il Procuratore generale di Catanzaro ha sollevato vive preoccupazioni per l’intervenuto sequestro degli atti del procedimento cosiddetto ’Why Not’ pendente dinanzi a quell’ufficio, che ne ha provocato la interruzione.
Tenendo conto di tutto cio’, il Presidente Napolitano mi ha dato incarico di richiederLe la urgente trasmissione di ogni notizia e - ove possibile - di ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti, che - prescindendo da qualsiasi profilo di merito - presenta aspetti di eccezionalita’, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale cui consegue - come ha piu’ volte ricordato la Corte costituzionale (tra le altre, con le sentenze e le ordinanze n. 10 del 1997, 393 del 1996, 46 del 1995) - la ’’compromissione del bene costituzionale dell’efficienza del processo, che e’ aspetto del principio di indefettibilita’ della giurisdizione’’’.
MANCINO: SE CI FOSSERO OMBRE SU DI ME, ME NE ANDREI
"Non vorrei che su di me ci fosse l’ombra del sospetto". Se un’eventualità del genere dovesse accadere "non esiterei ad andarmene". E’ il vice presidente del Csm Nicola Mancino a dirlo, dopo la pubblicazione di notizie di stampa su un suo possibile coinvolgimento nell’inchiesta della Procura di Salerno sul tentativo di delegittimare l’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris.
"Se una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia, non esiterei a togliere l’incomodo - ha aggiunto Mancino - ho sempre operato al servizio delle Istituzioni".
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Dopo le polemiche dei giorni scorsi
De Magistris, Pm: "Richieste di rinvii a giudizio per ’Why Not’"
Il titolare dell’inchiesta Domenico De Lorenzo ha rivelato che "ne sarebbero già pronte una sessantina". Intanto pg della Corte di Cassazione Vitaliano Esposito ha annunciato l’accordo tra i magistrati degli uffici di Catanzaro e Salerno. Soddisfatto il capo dello Stato: "Si va verso il superamento di uno stato di paralisi"
ultimo aggiornamento: 09 dicembre, ore 19:14
Roma, 9 dic. (Adnkronos/Ign) - L’inchiesta ’Why not’ è pronta per la chiusura, una chiusura "imminente" e non con l’archiviazione. Ma sarebbero già pronte le richieste per una sessantina di rinvii a giudizio e varie misure cautelari. Lo ha rilevato davanti alla prima Commissione del Csm il pm di Catanzaro Domenico De Lorenzo, titolare dell’inchiesta ’Why not’, che ha voluto precisare come non ci sia stato e non ci sia alcun "insabbiamento".
De Lorenzo ha poi sottolineato nel corso dell’audizione che il sequestro di Salerno sarebbe stato fatto per "avallare il teorema di De Magistris", secondo il quale c’era il rischio di un insabbiamento dell’inchiesta da parte dei colleghi. Il pm ha poi aggiunto che il fascicolo dell’inchiesta ’Poseidone’ era già stato inviato a Salerno e quindi sarebbe stato fatto il sequestro di atti già in possesso della Procura campana. Infine, sull’inchiesta ’Why not’ non ci sarebbe stata mai nessuna richiesta formale degli atti; anzi, le toghe catanzaresi avevano invitato i colleghi salernitani a prendere visione degli atti, ma quest’ultimi non erano mai andati negli uffici calabresi.
Intanto le procure generali di Catanzaro e Salerno hanno raggiunto ’’un’intesa’’ che si è poi "concretizzata in un incontro, svoltosi ieri a Salerno, tra i magistrati dei due uffici inquirenti, che ha consentito il ripristino, mediante idonee iniziative processuali, delle ’condizioni per il pieno esercizio della giurisdizione’". Lo ha comunicato il procuratore generale della Corte di Cassazione Vitaliano Esposito in una nota trasmessa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Dopo l’appello della "Presidenza della Repubblica del 4 dicembre scorso" i procuratori generali di Catanzaro e Salerno si sono incontrati ieri nell’ufficio del Procuratore generale della Corte di Cassazione ed "entrambi, consapevoli della estrema delicatezza e gravità della situazione venutasi a determinare, hanno raggiunto, con grande senso di responsabilità istituzionale, un’intesa per superare tale situazione". Intesa che "si è poi concretizzata" nel ripristino, mediante idonee iniziative processuali, delle ’condizioni per il pieno esercizio della giurisdizione’".
Soddisfazione è stata espressa dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ha dichiarato di aver "vivamente apprezzato" la comunicazione dell’intesa raggiunta. Per il capo dello Stato si tratta di "un significativo passo verso il superamento della grave situazione di paralisi delle rispettive funzioni processuali, creatasi a seguito dell’ aspro contrasto tra le due Procure".
La tregua non è arrivata inattesa.’’Confidavo in un ravvedimento" ha detto il presidente della prima commissione del Csm, Ugo Bergamo. "Forse la nostra azione - ha aggiunto - ha spinto a rivedere i comportamenti tenuti dalle due Procure’’. "Abbiamo preso atto con favore del ’ravvedimento operoso’ - ha sottolineato Bergamo -, ma ciò non ridimensiona i fatti accaduti. Questo accordo non sposta minimamente il nostro necessario approfondimento e nulla può rilevare né sulle procedure avviate né sulle loro conclusioni".
Intanto, il pm di Catanzaro Salvatore Curcio ha confermato oggi davanti alla prima commissione del Csm di aver subito una perquisizione e di essere stato "denudato".
Gli stralci degli interrogatori dell’ex pm davanti alla procura di Salerno
"Il procuratore Iannelli sta svolgendo indagini in modo illegittimo ed illecito"
De Magistris: "Stavo scoprendo la verità
perciò mi hanno tolto le inchieste"
CATANZARO - "E’ proprio per evitare che si potesse scoprire la verità che mi sono state sottratte, illecitamente, le inchieste Poseidone e Why Not". L’ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, dice questo ai magistrati che lo interrogano. Era il 3 luglio del 2008. E De Magistris fa riferimento ad alcuni articoli di giornali nei quali, sostiene "si può avere conferma che nell’inchiesta Why Not è subentrato un altro autore di condotte illecite ai miei danni". Fa nome e cognome l’ex pm: "E’ Salvatore Curcio, già imputato presso l’autorità giudiziaria di Salerno per gravi reati, ma sempre rimasto, saldamente, negli uffici della procura della Repubblica di Catanzaro, ed adesso quale ’esperto’, evidentemente dopo gli ’egregi’ risultati di un anno di conduzione dell’inchiesta Poseidone, subentrato nell’inchiesta Why Not".
Il 15 luglio del 2008, davanti ai magistrati salernitani è la volta della cosidetta "guerra tra le procure" di Salerno e catanzaro. E anche stavolta De magistris fa nomi e cognomi. "Il dottor Jannelli (che è il procuratore generale di Catanzaro, ndr) ha svolto e sta svolgendo in modo illegittimo ed illecito attività d’indagine direttamente e indirettamente nei miei confronti".
* la Repubblica, 8 dicembre 2008.
Lombardo: ’’Noi abbiamo la coscienza a posto’’
Caso De Magistris, trasferimento per Apicella e Iannelli
Lo ha deciso la Prima Commissione del Csm. Il presidente Ugo Bergamo: ’’Tensione palpabile’’. Dalle audizioni è emerso che nel corso delle perquisizioni alcuni magistrati catanzaresi sarebbero stati addirittura fatti denudare. Mancino: ’’Fatti sconcertanti’’
ultimo aggiornamento: 06 dicembre, ore 18:39
Roma, 6 dic. (Adnkronos) - La Prima Commissione del Csm ha deciso di avviare la procedura di trasferimento per i procuratori di Salerno e Catanzaro Apicella e Iannelli al termine delle audizioni sul caso De Magistris. Prima della decisione, il presidente della Prima Commissione, Ugo Bergamo, aveva ammesso: "La tensione è notevole ed è palpabile anche la sofferenza dopo gli episodi vissuti della vicenda di Catanzaro che hanno prevaricato l’aspetto processuale".
La prima commissione del Csm ha ascoltato i pg di Salerno e Catanzaro, Lucio Di Pietro ed Enzo Iannelli. Entrambe le audizioni sono durate circa un’ora e mezza. Successivamente sono stati sentiti i presidenti di Corte d’Appello Matteo Casale (vicario a Salerno) e Pietro Antonio Sirena (Catanzaro).
Dalle audizioni dei magistrati è emerso che nel corso delle perquisizioni domiciliari disposte dalla Procura di Salerno, alcuni magistrati di Catanzaro sarebbero stati addirittura fatti denudare. Un particolare che sarebbe stato rivelato dal procuratore generale di Catanzaro, Enzo Iannelli, durante l’audizione davanti alla Prima Commissione del Csm sul caso De Magistris. Inoltre gli stessi magistrati sarebbero stati sottoposti anche ad altre sconcertanti ’situazioni’ per verificare l’eventuale occultamento di documentazione. Uno dei sostituti di Catanzaro che sarebbe stato costretto a denudarsi durante la perquisizione nella sua abitazione, è Salvatore Curcio, che nell’ambito dell’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Salerno ha ricevuto un avviso di garanzia, così come altri colleghi.
Iannelli ha sottolineato che in casa Curcio i militari avrebbero anche controllato gli zaini che i figli del magistrato utilizzano per la scuola, ispezionando anche altre cose non direttamente nelle disponibilità del pm. Prima di entrare al Csm per la sua audizione il Procuratore capo di Catanzaro, Antonio Lombardo, ha sottolineato: ’’Noi abbiamo la coscienza a posto e speriamo con oggi di spegnere l’incendio’’.
Dopo le indiscrezioni emerse dalle audizioni dei magistrati di Salerno e Catanzaro al Csm, il vice presidente di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino ha commentato: "Sono venute fuori cose sconcertanti". Mancino, che oggi non è al Csm ma nella sua casa in Campania è in continuo collegamento telefonico con il Csm, in particolare con Bergamo e il segretario generale Carlo Visconti.
E’ in corso l’audizione al Csm dei protagonisti della guerra tra procure
Il presidente della Prima Commissione: "Decisione entro oggi, ogni minuto di ritardo è pericoloso"
L’accusa dei pm di Catanzaro
"Denudati per perquisirci"
Il procuratore di Salerno Apicella: "Non abbiamo violato nessuna norma" *
ROMA - Modalità sconcertanti per le perquisizioni ordinate dalla Procura di Salerno nelle abitazioni dei pm di Catanzaro, durante le quali alcuni pubblici ministeri sarebbero stati addirittura denudati. Questo avrebbe raccontato il procuratore generale della città calabrese Enzo Jannelli di fronte alla Prima commissione del Csm. Sono le prime indiscrezioni trapelate sull’audizione di oggi, un’iniziativa senza precedenti, voluta dal Consiglio superiore della magistratura per fare luce sulla guerra tra le procure di Salerno e Catanzaro e sugli strascichi del caso De Magistris.
Ugo Bergamo, presidente della Prima commissione del Csm,ha detto che il Csm prenderà una decisione "nel più breve tempo possibile; entro oggi". "Ogni minuto di ritardo è pericoloso", ha affermato Bergamo, parlando di "tensione e sofferenza" in aula.
Si sposta così la linea del fronte nello scontro tra le due Procure, innescata dagli strascichi delle vicende del pm Luigi De Magistris e delle sue inchieste, Why not e Poseidone. Questo perché, con una celerità assolutamente eccezionale rispetto alla prassi, la Prima commissione del Csm - quella dei trasferimenti d’ufficio - sta tenendo le audizioni dei pg di Catanzaro e Salerno (rispettivamente, Enzo Jannelli e Lucio Di Pietro, il primo a essere ascoltato); dei presidenti della due Corti d’appello, Pietro Sirena e Matteo Casale; dei procuratori della Repubblica, Antonio Lombardo e Luigi Apicella.
Interpellato dall’Ansa, a proposito della decisione di sequestrare a Catanzaro gli atti della vicenda De Magistris, il procuratore di Salerno Apicella, ha risposto così: "Quando si ha la coscienza tranquilla si è sereni. Non abbiamo violato alcuna norma né aperto alcun conflitto con la procura generale di Catanzaro, non contestando la competenza di quell’ufficio a trattare il procedimento Why Not". Apicella ha spiegato che la Procura ha disposto il sequestro penale solo per acquisire atti "che potevano essere rilevanti".
"La decisione di effettuare il sequestro dei documenti delle inchieste Poseidon e Why Not con il blitz alla procura di Catanzaro - ha aggiunto - è stata fatta dopo tante inutili richieste di acquisizione di documenti". Il pm di Salerno ha precisato che, se Catanzaro avesse ritenuto la richiesta illegittima, allora avrebbe potuto "fare ricorso al Tribunale del Riesame".
All’inizio della riunione della Prima commissione, il presidente Ugo Bergamo ha ricordato che la seduta è a porte chiuse e secretata. Sul tavolo dei consiglieri del Csm oltre ad una rassegna stampa che riassume tutte le notizie trapelate sul caso, ci sono 5 fascicoli (3 volumi grossi e due più piccoli) con gli atti del decreto di perquisizione e sequestro disposto il 2 dicembre scorso dalla procura di Salerno nei confronti della Procura di Catanzaro. Non sono arrivati, invece, gli atti della Procura di Catanzaro.
Alle audizioni di oggi partecipano numerosi consiglieri, anche quelli che non fanno parte della Prima Commissione. L’iniziativa di convocare i protagonisti dello scontro, come ha spiegato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, "è una decisione autonoma" dell’organo di autogoverno, anche se presa "d’intesa col capo dello Stato": i magistrati convocati dovranno "chiarire nel dettaglio i fatti che hanno portato le due Procure all’aspro confronto".
Tra Salerno e Catanzaro, anche ieri, carabinieri mobilitati per sequestri incrociati
La procura calabrese getta acqua sul fuoco: "La guerra è in Iraq, non qui"
Negli atti contesi De Magistris accusa
"Il mio capo è amico di un mafioso"
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO *
CATANZARO - Alla Procura di Catanzaro dicono che "non è una guerra" e che "di veleni parlano solamente i giornali". Al Palazzo di Giustizia di Salerno replicano che non sono "né tesi né nervosi", come se il terremoto scatenato dai blitz di entrambe le Procure che si sequestrano a vicenda gli atti delle inchieste di De Magistris non fosse mai avvenuto.
Ma questa presunta "pace" e "serenità" è contraddetta dai fatti. Anche ieri i carabinieri di Salerno e di Catanzaro, imbarazzatissimi, hanno fatto avanti e indietro tra le due città perché la Procura di Catanzaro, dopo aver subito il sequestro degli atti delle inchieste "Why Not" e "Poseidone" da parte dei colleghi di Salerno, ha inviato a sua volta i carabinieri nella procura campana per sequestrare gli stessi atti.
Insomma un vero e proprio bailamme giudiziario sul quale non può intervenire neanche la Procura di Napoli (competente per territorio) perché, ironia della sorte, a Palazzo di giustizia del capoluogo campano lavora adesso come pm proprio Luigi De Magistris, e quindi per ovvi motivi di opportunità Napoli non potrà occuparsene.
Forse, ma è tutto da vedere, potrebbe intervenire la Procura di Roma. Il fatto è che nessuna delle due procure, allo stato, può utilizzare gli atti di quelle due inchieste, metà dei quali si trovano a Salerno e l’altra metà, sorvegliati a vista dai carabinieri, a Palazzo di giustizia di Catanzaro. Qui, il procuratore generale Enzo Jannelli continua a ripetere che questa non è una guerra e che "le guerre di fanno in Iraq", anche se aggiunge che quello compiuto dai colleghi di Salerno "è un atto eversivo".
Ma come si è giunti a questo scontro giudiziario senza precedenti? In sintesi, il pm De Magistris, dopo che gli sono state tolte dai suoi superiori le inchieste "Why Not" e "Poseidone", che vedevano indagati tra gli altri l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella (poi prosciolto) e l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, denuncia i suoi superiori a Salerno. Salerno comincia a indagare i magistrati di Catanzaro accusati da De Magistris e chiede gli atti delle due inchieste ai colleghi calabresi, che intanto denunciano a loro volta De Magistris. I vertici delle due procure si incontrano più volte e decidono come e quando quegli atti dovrebbero essere acquisiti. Sin da febbraio, lettere e riunioni. Fino all’altro ieri, quando Salerno decide di agire con un centinaio di carabinieri dentro il Palazzo di Giustizia di Catanzaro. Il sequestro degli atti è motivato così: "A fronte di tali ostative condotte (quelle presunte dei magistrati di Catanzaro-ndr) la doverosa attività accertativa di questa procura ha inteso seguire diverse e più fattivi percorsi".
Dalla lettura di quel ponderoso decreto di sequestro della Procura di Salerno (1700 pagine) vengono fuori alcuni interrogatori resi a De Magistris il quale, senza mezzi termini, accusa il suo ex capo Mariano Lombardi di frequentare personaggi in odor di mafia, come l’imprenditore Antonino Gatto, inquisito anche da De Magistris e proprietario dei supermercati Despar in Sicilia e in Calabria. De Magistris afferma che queste frequentazioni pericolose del suo capo sarebbero confermate anche da intercettazioni telefoniche.
Ancora De Magistris sostiene che l’ex vescovo di Locri, monsignor Bregantini, fu fatto trasferire perché con la sua attività dava fastidio proprio ai "potenti" che erano indagati nelle sue inchieste.
* la Repubblica, 6 dicembre 2008
Si sposta a Palazzo dei Marescialli la guerra innescata dagli strascichi
del caso De Magistris. I convocati parlano davanti alla Prima commissione
Scontro tra Procure, al via le audizioni dei vertici di Salerno e di Catanzaro
Il procuratore di Salerno Apicella: "Sono tranquillo, ho la coscienza a posto"
ROMA - E’ un’iniziativa senza precedenti, quella in corso al Consiglio superiore della magistratura: l’organo di autogoverno dei giudici, di fronte alla guerra tra due Procure (Salerno e Catanzaro) ha convocato - e adesso sta ascoltando - i protagonisti della contesa.
Si sposta così la linea del fronte nello scontro tra le due Procure, innescata dagli strascichi delle vicende del pm Luigi De Magistris e delle sue inchieste, Why not e Poseidone. Questo perché, con una celerità assolutamente eccezionale rispetto alla prassi, la Prima commissione del Csm - quella dei trasferimenti d’ufficio - sta tenendo le audizioni dei pg di Catanzaro e Salerno (rispettivamente, Enzo Jannelli e Lucio Di Pietro, il primo a essere ascoltato); dei presidenti della due Corti d’appello, Pietro Sirena e Matteo Casale; dei procuratori della Repubblica, Antonio Lombardo e Luigi Apicella.
Interpellato dall’Ansa, a proposito della decisione di sequestrare a Catanzaro gli atti della vicenda De Magistris, il procuratore di Salerno Apicella, ha risposto così: "Quando si ha la coscienza tranquilla si è sereni. Non abbiamo violato alcuna norma nè aperto alcun conflitto con la procura generale di Catanzaro, non contestando la competenza di quell’ufficio a trattare il procedimento Why Not. Abbiamo disposto il sequestro penale di Why Not al solo fine di acquisire copia di atti in esso contenuti che, secondo elementi già in nostro possesso potevano essere rilevanti in ordine a reati contestati ai magistrati che gestivano quel fascicolo processuale".
All’inizio della riunione della Prima commissione, il presidente Ugo Bergamo ha ricordato che la seduta è a porte chiuse e secretata. Sul tavolo dei consiglieri del Csm oltre ad una rassegna stampa che riassume tutte le notizie trapelate sul caso, ci sono 5 fascicoli (3 volumi grossi e due più piccoli) con gli atti del decreto di perquisizione e sequestro disposto il 2 dicembre scorso dalla procura di Salerno nei confronti della Procura di Catanzaro. Non sono arrivati, invece, gli atti della Procura di Catanzaro.
Alle audizioni di oggi partecipano numerosi consiglieri, anche quelli che non fanno parte della Prima Commissione. L’iniziativa di convocare i protagonisti dello scontro, come ha spiegato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, "è una decisione autonoma" dell’organo di autogoverno, anche se presa "d’intesa col capo dello Stato": i magistrati convocati dovranno "chiarire nel dettaglio i fatti che hanno portato le due Procure all’aspro confronto".
* la Repubblica, 6 dicembre 2008
Il dito e la luna
di Marco Travaglio (l’Unità, 05.12.2008)
L’operazione è chiara e spudorata: intimidire la Procura di Salerno che sembra aver trovato le prove del complotto contro De Magistris e gabellare l’indagine sulle toghe calabro-lucane come una“lotta fra procure”, una guerra per bande che qualcuno deve fermare per il bene di tutti. E stabilire una volta per tutte che sui politici e i loro protettori non si indaga. Non c’è alcuna guerra per bande, almeno non da tutte le parti. I pm salernitani, competenti per legge sulle vicende giudiziarie di Catanzaro, sono stati investiti da denunce di e contro De Magistris. Hanno indagato per un anno, e alla fine non han trovato prove sulle denunce contro De Magistris, mentre le han trovate sui gravissimi fatti denunciati dal pm. Come la legge li obbliga a fare, hanno archiviato le prime e approfondito i secondi, indagando i magistrati calabresi sospettati e perquisendone gli uffici. Fin qui, tutto normale.
Le anomalie sono accadute ieri: l’atto di insubordinazione del Pg di Catanzaro, che definisce “atto eversivo” un’indagine doverosa nei suoi uffici; gli avvisi di garanzia partiti da Catanzaro contro i pm di Salerno (Catanzaro non è competente su Salerno: lo è Napoli, le competenze incrociate sono abolite da 10 anni) e il contro-sequestro degli atti acquisiti dai salernitani; l’ispezione a piedi giunti del cosiddetto ministro Alfano, gravissima interferenza politica in un’inchiesta in corso. Insolita è anche la richiesta degli atti dal capo dello Stato. Si spera almeno che quelle carte inducano il Csm a mettere finalmente il naso nel vero scandalo: Salerno è il dito che indica la luna, ma la luna sta a Catanzaro.
Ansa» 2008-12-04 19:46
DE MAGISTRIS: GUERRA PROCURE, NAPOLITANO CHIEDE GLI ATTI
ROMA - L’iniziativa assunta dalla Procura generale di Catanzaro a seguito del sequestro di suoi atti processuali disposto dalla Procura della Repubblica di Salerno, si legge in un comunicato diffuso dal Quirinale, "ha introdotto elementi di ulteriore, grave preoccupazione sul piano delle conseguenze istituzionali, configurando un aperto, aspro contrasto tra Uffici giudiziari. Pertanto - prosegue la nota - il segretario generale della presidenza della Repubblica, che aveva già richiesto - su incarico del capo dello Stato nell’esercizio delle sue funzioni di garanzia - ogni utile informazione sulla vicenda al Procuratore generale di Salerno, ha rivolto analoga richiesta al Procuratore generale di Catanzaro".
NAPOLITANO: CASO SENZA PRECEDENTI, GRAVI IMPLICAZIONI ISTITUZIONALI
Napolitano ha chiesto al Pg di Salerno gli atti, in merito al caso De Magistris. Secondo il capo dello Stato si tratta di una vicenda senza precedenti che ha gravi implicazioni istituzionali.
Sette magistrati della Procura di Salerno, fra cui il procuratore capo Apicella, sono indagati dalla Procura generale di Catanzaro che ha bloccato con un provvedimento di sequestro, gli atti che erano stati sequestrati dalla Procura di Salerno. Il provvedimento di sequestro e’ stato firmato dal procuratore generale di Catanzaro, Enzo Jannelli, e dai sostituti Garbati, De Lorenzo e Curcio.
’’La Procura generale di Catanzaro ha sempre operato nella legalita’ e nell’autonomia e non poteva rimanere ferma davanti ad un’offesa. Si trattava del rispetto dell’ordine giudiziario’’, ha spiegato il Pg Jannelli.
I magistrati di Salerno sono indagati nell’ambito di un’inchiesta avviata dalla Procura generale di Catanzaro relativa al sequestro della documentazione delle indagini Why Not e Poseidone eseguito martedi’ scorso dai magistrati campani a Catanzaro.
Al momento non si sono apprese le ipotesi di accusa nei confronti dei magistrati di Salerno. Oltre al sequestro degli atti delle due inchieste, i pm della Procura di Salerno hanno eseguito anche numerose perquisizioni nei confronti di magistrati della Procura generale e della Procura di Catanzaro. L’inchiesta della Procura di Salerno e’ scaturita dalle denunce fatte dall’ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, circa l’avocazione dell’inchiesta Why Not da parte della Procura generale.
PG CATANZARO, REAGITO A PROVVEDIMENTO EVERSIVO ’’A Catanzaro oggi e’ accaduto che i magistrati della Procura generale hanno reagito ad un atto, proveniente dalla Procura di Salerno, finalizzato alla destabilizzazione e all’eversione dell’istituzione dello Stato’’. Lo ha detto il procuratore generale di Catanzaro Enzo Jannelli. ’’C’e’ stato un attacco inaudito - ha proseguito Jannelli - all’esercizio giurisdizionale cosi’ come non era mai accaduto nella storia. Si e’ cercato di espropriare un processo in corso a questa Procura’’.
"Se si entra nella mia Procura e si commettono dei reati è ovvio che noi siamo competenti a intervenire". Lo ha detto il procuratore generale di Catanzaro Enzo Jannelli, circa il provvedimento di sequestro degli atti delle inchieste Why Not e Poseidone sequestrati dalla Procura di Salerno. "Nei nostri uffici - ha aggiunto - è stato commesso un abuso e una interruzione dell’attività di un pubblico ufficio. Il provvedimento adottato oggi è la conseguenza di quanto accaduto nella nostra Procura. Noi abbiamo agito sempre nella legalità e non potevamo rimanere fermi davanti ad una offesa di questo genere. Ne andava del rispetto dell’ordine giudiziario".
MANCINO: SE CI FOSSERO OMBRE SU DI ME, ME NE ANDREI "Non vorrei che su di me ci fosse l’ombra del sospetto". Se un’eventualità del genere dovesse accadere "non esiterei ad andarmene". E’ il vice presidente del Csm Nicola Mancino a dirlo, dopo la pubblicazione di notizie di stampa su un suo possibile coinvolgimento nell’inchiesta della Procura di Salerno sul tentativo di delegittimare l’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris.
"Se una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia, non esiterei a togliere l’incomodo - ha aggiunto Mancino - ho sempre operato al servizio delle Istituzioni".
’’Sento il bisogno di confessarvi che vivo uno stato di amarezza dopo la lettura di notizie di stampa secondo cui la Procura di Salerno avrebbe aperto un fascicolo a mio carico’’. Il vice presidente Nicola Mancino ha messo a nudo il suo stato d’animo con i consiglieri del Csm. E sempre in modo diretto si e’ detto pronto a farsi da parte: ’’E’ giusto non avere alcuna ombra di sospetto: se ne sorgesse qualcuno non avrei esitazione a togliere l’incomodo’’; un concetto ribadito poco dopo: ’’il giorno in cui una campagna di stampa dovesse incidere sulla mia autonomia di Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, so qual e’ il mio dovere’’. ’’Sono stato e resto al servizio delle istituzioni’’ ha assicurato il vice presidente che ha ricordato il suo impegno da presidente del Senato e da ministro dell’Interno per il mantenimento di ’’corretti rapporti politici nel rispetto delle culture e degli schieramenti diversi’’; e l’ obiettivo che sta perseguendo al Csm ’’di conciliare politica e magistratura’’. Quindi un richiamo alle parole del Capo dello Stato, che di nuovo ’’recentemente ha sottolineato la necessita’ del dialogo, anche nella diversita’; purche’, io aggiungo, ci sia buona fede’’.
INDAGINE CATANZARO FORSE ANDRA’ A NAPOLI O ROMA La procura di Catanzaro, che ha iscritto nel registro degli indagati i sette magistrati della procura di Salerno, potrebbe essere tenuta a ’spogliarsi’ dell’inchiesta in questione (art. 11 codice procedura penale) e a trasmettere gli atti alla procura di Napoli. Competente ad indagare sulle ’toghe’ di Salerno e’ infatti l’autorita’ giudiziaria partenopea. Ma la questione rischia di farsi ingarbugliata anche sotto questo profilo e non e’ escluso che Catanzaro (o Napoli in seconda battuta) trasmetta le carte a Roma. A Napoli, infatti, si trova ora Luigi De Magistris, in qualita’ di giudice al tribunale del riesame, dopo il trasferimento che gli e’ stato inflitto nei mesi scorsi dal Csm. Ebbene - e’ il ragionamento fatto in queste ore da piu’ parti - se le contestazioni ai sette magistrati di Salerno saranno considerate unicamente in relazione alle perquisizioni sui colleghi calabresi, allora la competenza dell’indagine avviata da Catanzaro spettera’ a Napoli, perche’ sotto questo profilo De Magistris non risulta persona offesa dalle perquisizioni ne’ indagato. Diversamente, se sara’ valutato anche il fatto che De Magistris e’ parte offesa e denunciate nel procedimento connesso a quello che ha portato alla perquisizione degli uffici giudiziari di Catanzaro, allora competente ad indagare sulle ’toghe’ di Salerno dovrebbe essere la procura di Roma.
ANM PREOCCUPATA, IN GIOCO CREDIBILITA’ ’’Oggi siamo sgomenti e preoccupati per quanto sta accadendo. Cio’ che e’ in gioco e’ la credibilita’ della funzione giudiziaria’’. Lo sottolineano il presidente dell’ Anm Luca Palamara e il segretario Giuseppe Cascini, che chiedono a ’’tutti’’ ’’il rigoroso rispetto delle regole’’.
’’Ci sara’ tempo per una compiuta valutazione del merito delle singole vicende sulla base della conoscenza degli atti e delle loro motivazioni’’ dicono Palamara e Cascini. Ma ’’in questo delicato momento non possiamo che chiedere a tutti il massimo senso delle istituzioni e il rigoroso rispetto delle regole unico fondamento dello svolgimento della funzione giudiziaria’’.
BERLUSCONI, COSE CHE NON DEVONO ACCADERE - Quanto sta avvenendo tra le Procure di Catanzaro e Salerno "sono cose che non devono accadere". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, aggiungendo che "su ciò che sta avvenendo nella magistratura credo che il Csm si appresti ad intervenire".
VELTRONI: SOLIDARIETA’A MANCINO, BENE NAPOLITANO - "Intendo manifestare piena solidarietà e stima al vicepresidente del Csm Nicola Mancino, cha ha svolto e svolge il suo alto e difficile incarico con equilibrio e senso delle istituzioni, in questo momento in cui é oggetto di una fuga di notizie incontrollata e priva di qualsiasi riscontro", afferma Walter Veltroni segretario del Pd. "L’autorità giudiziaria - aggiunge - svolga fino in fondo il suo lavoro ma lo faccia con equilibrio e in modo da salvaguardare la segretezza delle indagini impedendo così la delegittimazione dell’operato delle persone, delle istituzioni e anche della magistratura. E va sottolineata l’importante solidarietà giunta al vicepresidente Mancino dall’intero Csm". "Per tutti questi motivi - prosegue Veltroni - appare importante e positiva l’iniziativa assunta dal presidente Napolitano, che ha chiesto chiarimenti alla Corte d’Appello di Salerno. Questo al fine di garantire, come è nei suoi compiti istituzionali, il regolare funzionamento dell’attività giudiziaria oggi messo in forse e la totale trasparenza e correttezza delle iniziative della magistratura, specie in presenza di atti d’indagine che presentano, come dice il Quirinale, ’aspetti di eccezionalita’, con rilevanti implicazioni di carattere istituzionalé".
SCIOPERO AVVOCATI CATANZARO Gli avvocati di Catanzaro hanno proclamato uno sciopero per protestare contro le perquisizioni fatte dai pm di Salerno negli uffici della Procura generale e della Procura della Repubblica del capoluogo. L’iniziativa si articolerà con l’astensione da tutte le udienze, dalle 11 alle 11,30, domani 5 dicembre, il 9 e l’ 11 dicembre.
LA LETTERA DEL QUIRINALE Atti e informazioni sulla vicenda De Magistris sono stati chiesti dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno. La richiesta e’ stata avanzata su preciso mandato del capo dello Stato, Giorgio Napolitano dopo la decisione di sequestrare atti di inchieste condotte dall’ex pm della procura di Catanzaro De Magistris ora in servizio a Napoli. Questo il comunicato del Quirinale: ’’Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra, su incarico del Presidente Giorgio Napolitano, ha oggi inviato al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno, dott. Lucio Di Pietro, la seguente lettera: ’La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ha effettuato ieri perquisizioni e sequestri nei confronti di magistrati e uffici della Procura Generale presso la Corte di appello di Catanzaro e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di quella citta’. Tali atti di indagine, anche per le forme e modalita’ di esecuzione, hanno avuto vasta eco sugli organi di informazione, suscitando inquietanti interrogativi. Inoltre, in una lettera diretta al Capo dello Stato, il Procuratore generale di Catanzaro ha sollevato vive preoccupazioni per l’intervenuto sequestro degli atti del procedimento cosiddetto ’Why Not’ pendente dinanzi a quell’ufficio, che ne ha provocato la interruzione.
Tenendo conto di tutto cio’, il Presidente Napolitano mi ha dato incarico di richiederLe la urgente trasmissione di ogni notizia e - ove possibile - di ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti, che - prescindendo da qualsiasi profilo di merito - presenta aspetti di eccezionalita’, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale cui consegue - come ha piu’ volte ricordato la Corte costituzionale (tra le altre, con le sentenze e le ordinanze n. 10 del 1997, 393 del 1996, 46 del 1995) - la ’’compromissione del bene costituzionale dell’efficienza del processo, che e’ aspetto del principio di indefettibilita’ della giurisdizione’’’.
Ansa» 2008-12-04 19:18
DE MAGISTRIS: COLLE CHIEDE NOTIZIE ANCHE A CATANZARO
ROMA, 4 DIC - L’iniziativa assunta dalla Procura generale di Catanzaro a seguito del sequestro di suoi atti processuali disposto dalla Procura della Repubblica di Salerno, si legge in un comunicato diffuso dal Quirinale, "ha introdotto elementi di ulteriore, grave preoccupazione sul piano delle conseguenze istituzionali, configurando un aperto, aspro contrasto tra Uffici giudiziari. Pertanto - prosegue la nota - il segretario generale della presidenza della Repubblica, che aveva già richiesto - su incarico del capo dello Stato nell’esercizio delle sue funzioni di garanzia - ogni utile informazione sulla vicenda al Procuratore generale di Salerno, ha rivolto analoga richiesta al Procuratore generale di Catanzaro".
De Magistris in verbale ottobre: ’dal Capo dello Stato nessun segnale’ *
CATANZARO - In una deposizione fatta il 9 ottobre scorso alla Procura di Salerno l’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris fa riferimento ad un incontro tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, in merito alla sua vicenda. "Il suo ufficio - afferma De Magistris - potrà verificare che, nel periodo in cui è cominciata, consolidandosi, l’attività della Procura generale della Cassazione ai miei danni - anche attraverso la costruzione di un processo disciplinare dai tempi tanto celeri, quanto altamente sospetti - alcuni organi d’informazione, mi pare proprio il Corriere della Sera, non vorrei sbagliarmi, diedero anche conto di un incontro tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Del resto sul ruolo del Mancino nella mia vicenda ho già rilasciato dichiarazioni ed anche prodotto articoli di stampa ove egli pure anticipa, in modo grave, valutazioni sulla mia vicenda, nonostante fosse il presidente della Sezione Disciplinare".
"Evidenzio, poi - afferma ancora De Magistris - che pur avendo io anche pubblicamente auspicato un intervento del presidente della Repubblica a tutela della verità dei fatti e di un magistrato che cercava di espletare solo le sue funzioni in Calabria, mai nessun ’segnale’ mi è pervenuto dalla più alta carica dello Stato se non quello, dopo l’avocazione illegale che, da quanto riportato dai mass-media, egli avrebbe vigilato sulla vicenda ed anche sulla stessa inchiesta Why Not: non so dire in che cosa si sia estrinsecata tale vigilanza attesi gli esiti illeciti ed illegali che hanno caratterizzato il prosieguo dell’indagine Why Not ed il fatto che non mi risulta che magistrati indagati per gravissimi ipotesi di reato abbiano subito concrete ed incisive iniziative disciplinari. Non posso non rilevare che in quei tempi, da più ambienti, ed anche da parte della stessa Procura generale della Cassazione, mi è stato riferito in modo chiaro che le mie indagini potevano procurare ed avevano successivamente contribuito a provocare proprio la crisi del governo presieduto dall’on. Prodi, indagato nell’inchiesta Why Not".
c’è l’ho da adesso il segnale... che tristezza.... Grasso: ’’Entita’ esterne hanno armato Cosa Nostra’’. Ma chi sono?
di Giorgio Bongiovanni - 8 novembre 2008 E’ passata poco più di una settimana da quando il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ...
... invitato all’inaugurazione dell’istituto superiore di tecniche investigative dell’Arma a Velletri, ha spiegato ancora una volta, con parole più che preoccupanti, la reale natura di Cosa Nostra. “E’ un errore grossolano considerare Cosa nostra un ‘antistato’ perché talvolta è dentro lo Stato e la sua connivenza con il sistema di potere è molto più di una semplice ipotesi investigativa”. Nonostante queste gravissime dichiarazioni la notizia non ha avuto praticamente nessuna eco. La grancassa mediatica continua a propugnare una concezione della mafia siciliana (ma si potrebbe applicare un discorso analogo anche alle altre organizzazioni criminali) limitata alla violenza o alla scontro tra famiglie per il predominio del territorio e per la spartizione del pizzo all’indomani della cattura di Provenzano e degli altri superlatitanti lasciando presagire una sconfitta del sodalizio mafioso. O facendo credere che la repressione giudiziaria o militare possano bastare per risolvere questo atavico problema che affligge il nostro Paese. Eppure il procuratore nazionale è stato piuttosto chiaro: “La forza della mafia è quell’area grigia costituita da individui che vivono nella legalità, forniscono un supporto di consulenza per le questioni legali, per gli investimenti, per l’occultamento dei fondi, per manovrare l’immenso potenziale economico dell’organizzazione criminale”. E ancora più drammatico: “la mafia pur avendo sempre avuto interessi propri è stata anche portatrice di interessi altrui: in tantissime occasioni entità esterne hanno armato la sua mano”. Una dichiarazione del genere avrebbe dovuto sollevare un vespaio, il procuratore sarebbe dovuto essere subissato di domande e contestazioni da parte dei grandi media tutti in fila a chiedergli spiegazioni delle sue parole che fanno il paio con quelle di qualche anno fa: Cosa Nostra in qualche occasione è stata anche il braccio armato dello Stato. E invece nulla. Silenzio e il silenzio, spiega il procuratore, è l’ossigeno della mafia. Forse ci siamo fin troppo abituati al muro di gomma contro cui rimbalzano isolate le voci disperate dei familiari delle vittime. La mafia, il suo vero potere e lo stragismo eversivo di cui si è resa protagonista non fanno più notizia. Non interessano più. Dal nostro piccolo osservatorio, invece, noi vorremmo sapere dal Procuratore Nazionale Antimafia chi sono queste “entità” che hanno armato la mano di Cosa Nostra? Dove sono? In quali settori concreti del potere si annidano? Quello Bancario? Finanziario? Religioso? Istituzionale? Sono nelle Forze dell’Ordine? Nei Ministeri? Nelle Università? Nella Massoneria? Nei servizi segreti? Nell’imprenditoria? Nell’avvocatura? Nei Comuni? In Paesi stranieri? Nei sindacati? Quale potere rappresentano? Hanno a che fare con i mandanti esterni delle stragi del 92 e del 93 e con quelle precedenti? Che relazione hanno con l’area grigia? Quali interessi hanno soddisfatto le stragi? Economici? Politici? Eversivi? Tutti e tre? Altri? Sappiamo che non è possibile conoscere i nomi di soggetti singoli magari sottoposti ad indagine, ma a queste domande vorremmo che potesse rispondere il Procuratore così da tenere desta l’attenzione di tutti e riportare la questione mafia nel suo alveo reale: quello di un potere tra i poteri. Sempre forte e così infiltrato nelle pieghe della società da apparire invisibile e tuttora molto lontano dall’essere sconfitto.
Il documento
"Massoni, politici e poteri forti
ecco chi ha fermato le inchieste"
Le accuse del pm De Magistris: sinergie inquietanti
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO *
SALERNO - Le inchieste "Why Not", "Poseidone" e "Toghe Lucane", dovevano essere fermate ad ogni costo. I personaggi a vario titolo coinvolti, erano "eccellenti" e "potenti". C’erano politici, massoni, magistrati, imprenditori in odor di mafia e tanto altro. E su tutto questo ci fu anche il "silenzio" del presidente della Repubblica Napolitano, "nonostante avessi pubblicamente auspicato un suo intervento". Queste le accuse che il pm Luigi De Magistris, titolare di quelle inchieste ha consegnato ai colleghi di Salerno in numerosi interrogatori. Accuse che mercoledì scorso hanno portato al sequestro degli atti negli uffici di Catanzaro, provocando un terremoto, giudiziario ma anche istituzionale.
Le indagini su Mastella
Il 12 novembre 2007, quando non è più titolare delle inchieste, avocate dai suoi superiori di Catanzaro, De Magistris viene interrogato dai pm di Salerno e racconta: "Togliendomi "Poseidone" loro mi hanno voluto lanciare un messaggio per cercare di fermarmi. Ancora non sapevano del livello che avevano raggiunto "Toghe Lucane" e "Why Not". Allora hanno dovuto accelerare la mia richiesta di trasferimento cautelare e qui si innestano poi, evidentemente, anche delle sinergie istituzionali... E’ ovviamente inquietante il silenzio istituzionale sulla vicenda - per esempio - del trasferimento cautelare e in qualche modo sul coinvolgimento di Prodi e Mastella (indagati da De Magistris ndr)... Io credo che non si sia mai visto che un ministro della Giustizia chieda il trasferimento cautelare di un magistrato che indaga sul presidente del Consiglio di cui lui è ministro e che regge in modo determinante la maggioranza che è un po’ fragile, e soprattutto che chiede il trasferimento di chi sta lavorando in qualche modo su di lui. E il ministro Mastella lo sapeva benissimo delle intercettazioni che lo riguardavano direttamente... quindi vuol dire che necessariamente si è disposti anche a mettere sul tappeto il rischio di una rottura istituzionale sui rapporti tra esecutivo e magistratura o anche una rivolta dell’opinione pubblica o dei magistrati a fronte di un atto così grave...".
Il caso Prodi
Sempre nell’interrogatorio del 12 novembre De Magistris spiega le "accelerazioni" per togliergli le inchieste e trasferirlo ad altra sede. "L’accelerata era evidente, cioè loro dovevano fermare l’inchiesta e l’inchiesta "Why Not" e si comprende perché. Perché coinvolge in modo serio Romano Prodi con ipotesi di reato serie e sicuramente già accertate nei confronti di suoi strettissimi collaboratori, in particolare Piero Scarpellini, Sandro Gozi e che soprattutto lasciava intravedere un discorso molto interessante di riciclaggio di denaro dalla Calabria a San Marino, e i risultati che stavamo raggiungendo erano straordinari... stavamo entrando nel pieno coinvolgimento del ministro Mastella soprattutto sul discorso dei finanziamenti pubblici che lui otteneva. Per esempio attraverso la gestione de "Il Campanile", il giornale dell’Udeur a fini privatistici. Oppure i rapporti tra Mastella, il generale Poletti e il costruttore Valerio Carducci. Non solo, ma nell’indagine "Why Not" erano in corso accertamenti riservatissimi in collaborazione con la Procura di Reggio Calabria sull’omicidio Fortugno".
La massoneria segreta
"Le indagini "Why Not" - racconta De Magistris ai magistrati di Salerno - stavano ricostruendo l’influenza dei poteri occulti. In particolare si stavano ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani, Franco Bonferroni ed altri e la loro influenza sul mondo bancario ed economico finanziario. Elia Valori pareva risultate, dagli accertamenti preliminari che stavamo svolgendo con la massima riservatezza, ai vertici della massoneria "contemporanea". Elia Valori si è occupato spesso di lavori pubblici. Nel recente passato, agli inizi del 2000 ha trovato anche una sponda rilevante a sinistra, all’interno del governo D’Alema, in Marco Minniti. E si era anche interessato di telefonia, - settore in cui, come poi dirò, si è interessato anche il professor Francesco Delli Priscoli, figlio del pg della Cassazione Mario (che aveva promosso l’azione disciplinare nei confronti di De Magistris ndr). Non posso però non tenere conto dei seguenti elementi, pur se non si volesse mettere in discussione onestà e serenità di giudizio delle persone elencate: sul vice presidente del Csm, Nicola Mancino (che presiede la sezione disciplinare che dovrà giudicarmi) che ha già fatto intendere in una intervista che avrei violato il codice etico della magistratura, del consigliere togato, Fabio Roja, del giudice Luerti attuale presidente dell’Anm che ha stretti rapporti con la Compagnia delle Opere".
* la Repubblica, 5 dicembre 2008
Il colle e l’oscuro groviglio
di CARLO FEDERICO GROSSO (La Stampa,5/12/2008)
La situazione è senza precedenti: per il groviglio delle competenze interessate, per l’importanza della posta in gioco, per i possibili risvolti politici, soprattutto per il rischio di perdita di credibilità delle istituzioni giudiziarie.
L’altro ieri avevamo letto, con stupore misto ad interesse, dell’iniziativa della Procura della Repubblica di Salerno nei confronti dei colleghi di Catanzaro, indiziati per un asserito complotto organizzato contro De Magistris. Il sospetto di tale Procura era che taluni magistrati e taluni politici lo avessero ordito contro il giovane sostituto procuratore allo scopo di bloccare, o deviare, alcune inchieste che coinvolgevano personaggi eccellenti. Soltanto la convinzione della Procura salernitana poteva d’altronde giustificare la gravità dell’accusa e la spettacolarità, anche mediatica, dell’iniziativa.
Ieri le contromosse di Catanzaro. La Procura Generale di tale sede giudiziaria ha reagito, indagando a sua volta i colleghi di Salerno per abuso di ufficio ed interruzione di un pubblico servizio, e disponendo il sequestro dello stesso materiale sequestrato il giorno precedente da Salerno. Una iniziativa a sua volta sconcertante.
Tanto più sconcertante, se si considera che Procura competente a valutare i reati commessi da magistrati di Salerno non è quella di Catanzaro, bensì quella di Napoli.
Non è possibile stabilire, al momento, chi ha ragione e chi ha torto. Non si conoscono infatti gli atti d’indagine compiuti dai magistrati che hanno ereditato i processi di De Magistris, gli atti delle indagini compiute dalla Procura di Salerno, le motivazioni delle accuse di abuso e interruzione di servizio pubblico elevate dalla Procura generale di Catanzaro. D’altronde quand’anche si fosse in grado di conoscere tali atti, orientarsi non sarebbe agevole.
Bene hanno fatto, pertanto, il Consiglio superiore della magistratura e il Guardasigilli, nell’esercizio delle loro rispettive funzioni, ad intervenire immediatamente. Bene ha fatto, soprattutto, il Presidente della Repubblica, interpellato dal Procuratore generale di Catanzaro, a non sottrarsi alla richiesta di fare chiarezza.
L’intervento del Capo dello Stato merita un’attenzione assolutamente particolare. Giorgio Napolitano ha chiesto, in un primo tempo, al Procuratore della Repubblica di Salerno «l’urgente trasmissione di ogni notizia e atto utile a meglio conoscere una vicenda che, a prescindere dal merito, presenta aspetti di eccezionalità con rilevanti implicazioni di carattere istituzionale, prima fra tutte quella di determinare la paralisi della funzione processuale». In un secondo tempo, appresa la menzionata reazione della Procura generale di Catanzaro, ha chiesto a sua volta a tale Procura notizie utili a valutare ciò che stava accadendo.
Tale iniziativa del Presidente della Repubblica non appartiene all’ambito delle sue competenze codificate. Assunta in qualità di supremo garante della legalità e dei diritti di tutti i cittadini, appare comunque, in un momento di così grave tensione e difficoltà, assolutamente apprezzabile per la forza e la tempestività del segnale offerto.
Una ultima riflessione. I prossimi giorni consentiranno, forse, di comprendere meglio il significato di ciò che è accaduto e di formulare le prime valutazioni di merito. Al momento è in ogni caso necessario auspicare con forza che nessuno mediti di utilizzare quest’ultimo, assai poco encomiabile, episodio di guerra fra Procure, per cercare di imporre, in qualche modo, un bavaglio all’esercizio dell’attività giudiziaria.
Ecco cosa hanno detto gli esponenti degli uffici giudiziari
di Salerno e Catanzaro ascoltati dalla Prima commissione di Palazzo dei marescialli
Le dichiarazioni dei magistrati in guerra
Anche atti anche la castità di un giudice
di ALBERTO CUSTODERO *
ROMA - Dottor Apicella, che bisogno c’era di parlare del voto di castità dell’ex presidente dell’Anm, Simone Luerti, nel decreto di perquisizione degli uffici giudiziari di Catanzaro? E che bisogno c’era di perquisire gli zainetti dei bambini che stavano per andare a scuola: i figli del pm Salvatore Curcio? Ed è vero che quel pm è stato perquisito con metodi "invasivi"?". I commissari del Csm hanno sottoposto il procuratore generale di Salerno, Luigi Apicella, a un vero fuoco di fila di domande per sapere cosa l’ha spinto a perquisire i suoi colleghi catanzaresi con modalità che lo stesso vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ha definito "sconcertanti".
I commissari di Palazzo dei Marescialli hanno domandato ad Apicella se fosse vero che - come denunciato dal procuratore di Catanzaro Enzo Jannelli - durante la perquisizione avvenuta nell’abitazione privata del sostituto procuratore Curcio alle sei del mattino la polizia giudiziaria di Salerno avrebbe intimato al magistrato di alzare la maglietta del pigiama. E di abbassare i pantaloni.
Ma il procuratore capo di Salerno, Luigi Apicella, ha detto di non sapere se Curcio sia stato fatto denudare. In compenso, ha spiegato il perché della perquisizione negli zainetti dei suoi figli minorenni. "Fra i libri di scuola di quei bambini - ha detto Apicella - cercavamo i telefonini del padre". "Ma come - ha obiettato un commissario - non vi bastavano i tabulati telefonici e le intercettazioni?". "No - ha replicato il pg - volevamo accertarci che non avessero altri cellulari a noi sconosciuti".
I commissari di Palazzo dei Marescialli hanno sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio i due principali protagonisti di questa vicenda: il procuratore di Catanzaro e il pg di Salerno. Dal primo hanno voluto sapere il motivo che l’ha spinto a disporre il ri-sequestro degli atti dell’indagine Why not che erano appena stati sequestrati dall’autorità giudiziaria salernitana innestando in quel mondo la guerra fra le due procure. Con il grottesco risultato che nella procura di Catanzaro gli atti cui sono stati apposti i sigilli sono piantonati da due carabinieri: uno di Catanzaro, l’altro di Salerno. E viceversa.
"Sì, è vero - ha risposto Jannelli - ho ordinato il ri-sequestro di quelle carte perché non volevo che mi impedissero di completare l’indagine Why not che è quasi giunta al termine". La difesa di Jannelli s’è conclusa in breve tempo.
Quella di Apicella, invece, è durata di più. Al procuratore generale di Salerno - titolare di un’indagine nei confronti dei magistrati di Catanzaro scaturita dalle denunce dell’ex pm Luigi De Magistris - le contestazioni dei commissari della Prima commissione sono state incalzanti. "Perché - gli è stato chiesto - nel decreto di perquisizione di 1700 pagine sono stati inseriti voluminosi atti dell’inchiesta Why not, svelando notizie coperte dal segreto istruttorio? Perché sono stati inseriti dati che non c’entrano nulla con l’indagine sui magistrati catanzaresi, come la scheda personale del componente del Csm Anedda e notizie tutelate dalla privacy (l’allusione è alla scelta della castità-ndr) sull’ex presidente dell’Anm Luerti?".
A tutte queste domande, Apicella ha risposto sempre nello stesso modo: "Perché con tutto questo volevo motivare il sequestro degli atti. Se qualcosa non va, si può anche sbagliare". "Ma ha saputo - gli ha contestato un commissario - che le 1700 pagine del decreto di sequestro sono state pubblicate su Internet?". "No - ha risposto Apicella - ma farò qualche accertamento. E, se del caso, aprirò un fascicolo". Apicella è stato comunque invitato a disporre il "ritiro" del documento dal web.
E’ stato poi il turno di Jannelli: "La banca dati del consulente Genchi contiene dati su personalità molto importanti. È per questo che non la volevo consegnare ai colleghi di Salerno senza prima sapere a che cosa gli servisse". "Ora capisco - ha aggiunto con un bisticcio di parole - che il procedimento di Salerno è nato per fare il processo al nostro modo di fare il processo Why not".
A questo proposito, il procuratore di Catanzaro s’è abbandonato ad uno sfogo, parlando anche in generale della situazione giudiziaria del suo ufficio: "Da quando lo dirigo, ho dovuto misurarmi con problemi che non esistono in nessuna parte d’Italia, un muro di omertà da Salerno verso la procura di Catanzaro. Nei nostri uffici ho trovato una realtà molto particolare, nella quale ogni magistrato si sentiva solo e isolato".
Jannelli rivela poi al Csm una "scoperta". "Durante la mia permanenza a Catanzaro - ha riferito - sono venuto a conoscenza che la procura di Paola stava svolgendo una indagine parallela alla nostra, quasi un doppione di Why not".
E’ stato il procuratore generale di Salerno, Lucio Di Pietro, a chiarire alcuni retroscena della lite fra la sua procura e quella di Catanzaro. "Quando i nostri uffici hanno chiesto gli atti a Catanzaro - ha spiegato il pg Di Pietro - Jannelli ci ha opposto il segreto istruttorio rivendicando la competenza ad indagare. È per questo che è poi stato iscritto nel registro degli indagati".
Quando gli è stato fatto notare che con il sequestro degli atti è stata di fatto bloccata l’indagine in corso a Catanzaro, il pg di Salerno non ha smentito il fatto. Ma ha spiegato di aver saputo della perquisizione martedì. "Mi sono trovato le 1700 pagine del decreto sulla scrivania la mattina stessa delle operazioni - ha spiegato - . Ho iniziato a studiarle allora. Ma non ho ancora finito di leggerle".
* la Repubblica, 7 dicembre 2008
La smentita del legale dei pm di Salerno
"Nessuna violazione nelle perquisizioni"
ROMA - La Procura di Salerno non ha compiuto "nessuna violazione" durante le perquisizioni fatte ai magistrati della procura generale di Catanzaro. Il giorno dopo la decisione del Csm di avviare il trasferimento d’ufficio per i procuratori di Salerno e Catanzaro Jannelli e Apicella e dopo le rivelazioni sugli inquietanti retroscena della guerra tra i due uffici, arriva la smentita dell’avvocato Francesco Saverio D’Ambrosio, difensore di Luigi Apicella e dei sei sostituti campani accusati di abuso in atti d’ufficio e interruzione di pubblico servizio.
Il legale ribatte alle indiscrezioni sulle dichiarazioni dei magistrati di fronte alla Prima Commissione del Csm, definite "sconcertanti" dal videpresidente Mancino. Il pg Jannelli avrebbe infatti riferito che uno dei magistrati calabresi, Salvatore Curcio, ha denunciato di essere stato denudato durante la perquisizione alla quale era presente il pm di Salerno Antonio Centore.
* la Repubblica, 7 dicembre 2008
Dopo le polemiche, i magistrati dei due uffici si sono incontrati
Il richiamo di Napolitano e la scelta di "ripristinare la giurisdizione"
De Magistris, accordo tra le procure
E’ pace tra Salerno e Catanzaro
Proseguiranno le inchieste. Impasse sbloccata grazie ad un doppio dissequestro
Alla I Commissione del Csm iniziate le audizioni delle toghe coinvolte nello scontro
ROMA- Le inchieste Why Not della procura di Catanzaro e quella di Salerno su presunti illeciti legati sempre alle inchieste del pm Luigi De Magistris proseguiranno nelle rispettive competenze. L’impasse è stata sbloccata grazie ad un doppio dissequestro degli atti compiuto innanzitutto dalla procura generale di Catanzaro e successivamente da quella di Salerno, in seguito all’intesa raggiunta tra i responsabili dei due uffici giudiziari.
Dopo i duri scontri dei giorni scorsi (rispetto alle due inchieste e al relativo ’caso De Magistris’) i magistrati dei due uffici inquirenti si sono dunque accordati "con grande senso di responsabilità istituzionale" per superare la situazione venutasi a creare tra le procure. Trovando un’intesa che "ha consentito il ripristino, mediante idonee iniziative processuali, delle condizioni per il pieno esercizio della giurisdizione". A dare la notizia, con una nota stampa, è stato stamane il procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito.
La nota richiama il comunicato del Quirinale del 4 dicembre scorso in cui il capo dello Stato fece sentire la sua voce su una situazione che definì "senza precedenti". Da quell’invito è disceso il faccia a faccia tra le procure di Catanzaro e Salerno: "Entrambe - continua la nota - consapevoli della estrema delicatezza e gravità della situazione venutasi a determinare, hanno raggiunto, con grande senso di responsabilità istituzionale, una intesa per superare tale situazione".
La complessa mediazione tra le due procure è stata svolta per due giorni dal procuratore generale di Salerno Lucio di Pietro. Il procuratore generale ha convocato il procuratore di Salerno Luigi Apicella e un delegato del procuratore generale di Catanzaro Enzo Iannelli.
L’impasse giurisdizionale, che aveva bloccato entrambe le inchieste non consentiva alcuna scappatoia legale. La mediazione del procuratore generale di Pietro avrebbe convinto i vertici delle due procure in conflitto a trovare l’accordo. La procura di Salerno potrà quindi acquisire copia degli atti che interessano la propria indagine e quella di Catanzaro continuare gli accertamenti sulle inchieste Why Not e Poseidone.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, informa una nota del Quirinale, "ha vivamente apprezzato la comunicazione ricevuta dal procuratore generale della corte di Cassazione dell’intesa, tempestivamente promossa dallo stesso procuratore generale, raggiunta tra le procure di Catanzaro e di Salerno. La risoluzione, assunta dagli organi di vertice degli Uffici giudiziari nell’esercizio delle attribuzioni previste dalle disposizioni vigenti - prosegue la nota - costituisce un significativo passo verso il superamento della grave situazione di paralisi delle rispettive funzioni processuali creatasi a seguito dell’aspro contrasto tra le due procure".
Audizioni al Csm. Davanti alla prima Commissione di Palazzo dei Marescialli, presieduta dal laico dell’Udc Ugo Bergamo, sono iniziate le audizioni delle toghe catanzaresi e salernitane, sullo scontro nato tra le due procure. I primi a sfilare sono state le toghe catanzaresi titolari dell’inchiesta ’Why not’ e firmatari del sequestro del fascicolo, Salvatore Curcio, Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo; proprio quest’ultimo è il primo dei tre che la Commissione ha ascoltato. Poi i pm salernitani Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, Antonio Centore, Patrizia Gambardella, Roberto Penna e Vincenzo Senatore; tutti i magistrati che hanno partecipato al sequestro e alle perquisizioni svolte alla Procura di Catanzaro e nelle abitazioni di pm calabresi.
* la Repubblica, 9 dicembre 2008