Non c’è democrazia senza scuola pubblica
Caro Direttore, *
Le scrivo da dietro il “ponte di Governo” di una delle tante scuole private d’Italia e della Sicilia. Le scuole che dirigo, paritarie e parificate, si trovano a Riesi ed operano da oltre 45 anni. Siamo, e qui arriva l’eccezione, una scuola non confessionale nel mare magnum delle scuole cattoliche. Benché la scuola si chiami “monte degli ulivi” e sia parte del Servizio Cristiano Istituto Valdese, nelle nostre aule non troverà né forma e né sostanza di insegnamenti religiosi e dogmatici di parte. S’immagini nemmeno l’ombra di un crocifisso.
Superate le presentazioni mi preme aggiungere la mia modesta voce a quella delle decine e centinaia di insegnanti della scuola pubblica che gridano al pericolo che sta oggi correndo il sistema scolastico statale. Mi dicono, voci interessate, che dovrei gioire, tacere e tifare Gelmini e Berlusconi. Che quest’ennesima riforma riempirà non solamente le private aule della scuola che dirigo, ma soprattutto le casse la cui gestione mi consentirà chissà quali mirabolanti arricchimenti.
Francamente credo sia opportuno unire la voce di una scuola laica, democratica e pluralista, come quella che dirigo, alle voci di cui sopra per impedire che lo sfacelo si compia.
A che vale avere le casse piene, magari per alimentare clientele tra insegnanti in cerca di punteggi (che domani varranno meno che nulla) e di lavoro così da creare nuovi tesoretti elettorali da barattare per nuovi premi legislativi, se la società che stiamo costruendo si avvia verso l’autoritarismo ed un nuovo medioevo?
Mi dirà, caro Direttore, “dr. Fiusco lei esagera”! Eppure vorrei, se me lo permette, cercare di spiegare perché, da direttore di una struttura scolastica privata, mi schiero a difesa del sistema scolastico pubblico di cui le scuole statali fanno parte.
Innanzitutto perché l’educazione non è una merce, né la didattica un’opzione di cui poter fare a meno. Educare, oltre le definizioni classiche, è un quotidiano impegno per costruire le generazioni del futuro. Questo, tradotto in soldoni (che parrebbe l’unica parola cui questa società sembra prestare veramente attenzione), significa che sono le aule i primi “consigli comunali” dove si costruisce e rafforza il tessuto democratico. Il confronto, lo studio, il reciproco sostegno tra alunni ed alunne, i valori della solidarietà e della reciprocità, vengono coltivati tra i nostri figli a scuola. Meno scuole pubbliche nel complesso significa meno “vivai” dove incubare i valori più preziosi della democrazia.
Meno investimenti nella scuola, ovvero impoverimento delle risorse e degli strumenti, significa una scuola pubblica destrutturata, resa fragile, pronta per essere colpita ed affondata.
Vede, caro Direttore, dei proclami della Ministra Gelmini non deve preoccupare il detto quanto il non detto. Mi pare che, in questi giorni, ci si stia concentrando troppo sul dito e si stia dimenticando di guardare alla luna.
L’obiettivo della riforma, al di la del grembiulino, del maestro unico, del tempo pieno non più tanto pieno e così via, è quello di sbriciolare le fondamenta su cui, fino ad oggi, poggiava il sistema dell’istruzione italiano.
Quando infatti si parla di riduzione di insegnanti, prima che di risorse, significa che si vuole un sistema più “controllabile”, ristretto perciò più condizionabile.
Quando si parla di “accorpamenti”, ovvero classi più corpose, meno plessi scolastici, ovvero più difficoltà di fruizione e di capillarità della presenza delle scuole, significa che il sistema sta creando un vuoto. Un vuoto che poi, certamente, i privati riempiranno seguendo logiche altre legate a rette, mercato, e razionalizzazione delle risorse.
Da privato vorrei competere sui contenuti dell’offerta formativa. A che vale stravincere sol perché il pubblico è stato costretto all’eutanasia dal Governo?
Quando un paese giunge a valutare dentro le categorie dell’utilità e della razionalità il sistema scolastico allora siamo in presenza di un paese che non ha più chiaro a cosa serva l’istruzione, che reputa la scuola un qualcosa di cui poter fare a meno.
Quando un Governo rincorre lo spauracchio delle spese, ovvero parte da un presupposto di buon senso come quello di voler eliminare gli sprechi, per giustificare non tanto i tagli quanto lo smantellamento della scuola pubblica, allora ci troviamo in presenza di un progetto diverso che non punta alla lotta agli sprechi quanto piuttosto all’impoverimento dell’offerta formativa del settore pubblico.
Da direttore di una scuola privata non posso tacere dinanzi a questo tentativo brutale e volgare di polverizzazione delle risorse pubbliche sol perché, alla fine, si deve favorire la nascita di una sorta di “CAI” scolastica.
Il privato che si occupa di educazione ed istruzione non può nascondersi dietro il dito che indica la luna sol perché si aspetta nuovi introiti. I nuovi introiti per i quali sono disposto a lottare sono quelli che consentano al sistema della formazione pubblica di mettersi al passo coi tempi, che consentano alle insegnanti di sperimentare, aggiornarsi, formarsi.
La pubblica istruzione, di cui da privato mi sento di far parte, se perde la spinta al confronto con le scuole statali, è misera, povera di valori e di progetti. A perderci, alla fine, non sarà soltanto la scuola statale, ma il sistema scuola nel suo complesso.
E, più di tutti, a rimetterci saranno i nostri figli che, orfani del confronto e del pluralismo delle idee e dei programmi, non diverranno cittadini democratici ma soltanto utili idioti da rincitrullire con la didattica derivata dai catechismi piuttosto che dai libri mastri dei partner di qualche più o meno pessima scuola privata generata da cordate di mercenari.
Se neghiamo alle giovani e giovanissime generazioni le opportunità di un sistema scolastico che formi alla democrazia, noi tutti saremo responsabili del tramonto della democrazia.
E, per favore, si cominci a guardare alla scuola dalla prospettiva dei più piccoli che, anche senza la maggiore età, sono i primi e più competenti “ministri” della scuola cui, di tanto in tanto, bisognerebbe seriamente ascoltare le esigenze senza la più falsa delle scuse: ovvero quella di dovere, alla fine, batter cassa.
Dr. Gianluca Fiusco, direttore della Servizio Cristiano Istituto Valdese Scuola Privata Paritaria e Parificata “monte degli ulivi”, via Monte degli Ulivi 6 - 93016 Riesi (CL)
* Fonte: l’Espresso -Scritto Mercoledì, 17 Settembre, 2008 alle 00:05