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Approfondimenti

Azzardo pro Contrada, il poker in rete del gruppo salvadore e la scomparsa dei fatti - di Benny Calasanzio

mercoledì 30 luglio 2008 di Emiliano Morrone
Quest’anno niente vacanze. Saremo chiamati ad un’azione di sorveglianza e controllo anche sotto la canicola d’agosto. Quel che è peggio è che se non lo facciamo noi, nessuno ci sostituisce.
C’è in questi giorni una Italia, una Sicilia completamente narcotizzata sotto l’offensiva della famiglia Contrada, una evoluzione di quella "Addams" in cui il saggio Contrada riveste i panni di Zio Fester, colui che accendeva le lampadine con la bocca.
Un silenzio che arriva assordante anche da parte (...)

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> Azzardo pro Contrada, il poker in rete del gruppo salvadore e la scomparsa dei fatti - di Benny Calasanzio

mercoledì 30 luglio 2008

Travaglio direbbe che in Inghilterra certe cose non succederebbero. Già, l’Inghilterra. Quanto è lontana Londra da Palermo, o da Milano. Abbastanza. Non conosco a fondo la faccenda Contrada, nel senso che all’epoca dei fatti avevo circa dieci anni e mi interessavo solo di calcio, un po’ di tennis e molto Holly e Baniji. Del tradimento ne ho sentito parlare, ho letto con media attenzione. Il signor Bruno Contrada, che qualcuno continua a definire dottore (sono decisamente contrario all’appellativo in questione quando non riferito a medici), è stato condannato fino all’ultimo grado di giudizio. Ma qui, a queste latitudini distanti da Londra, la poca fiducia nella magistratura e nella giustizia in genere è sentimento diffuso. Siamo i più bravi in Europa a screditare giudici e magistrati. Lo fanno in molti, a partire dai vertici. Bene, il "dottor" Contrada non può essere ritenuto innocente. In un Paese civile, che non è il nostro, terminati tutti i gradi di giudizio (e da noi ce ne sono anche troppi) chi è colpevole paga. Contrada invece torna a casa e adesso querela Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ucciso a Palermo, in via D’Amelio, in un’afosa e triste giornata di luglio del 1992. Poi una strana squadra di blogger più o meno noti prende d’assalto i siti dell’antimafia. Comincia un’acuta e sottile operazione di screditamento nei confronti di Emiliano Morrone, Benny Calansanzio, Aldo Pecora, Salvatore Borsellino. Lo Stato ha perso. Un’altra volta. In questi casi ci si sente più soli. Emerge in modo limpido che fare antimafia in Italia è spesso controproducente. Ho ancora negli occhi una foto: ci sono Aldo Pecora, Emiliano Morrone e Salvatore Borsellino. Il posto è in Puglia. E’ stata postata altrove per trarne aspetti denigratori nei confronti dei tre, anime belle e pure. Aldo, dopo l’uccisione di Fortugno, s’è schierato in prima fila. Rischia, si batte. Fa parte di un gruppo di persone cresciute in uno dei posti più difficili d’Europa (la Locride) che hanno deciso di spezzare un filo grosso e pesante. Emiliano è andato via dalla Calabria da qualche anno. Ha scritto un libro interessante, con una tesi giusta ma screditata dai furbetti del posto. Crede nella democrazia e nella legalità, si adopera, è un buono. Salvatore non lo conosco. Ma lo seguo. Il suo impegno è apprezzabile. E’ persona limpida. Faccio fatica a scrivere questi tre nomi in un pezzo che parla di Contrada. Ma lo impone il caso. Sono nato e vivo al Sud del Sud. Dalle mie parti i traditori non si perdonano. E’ un fatto di onore. Mi sudano ancora le mani. Mi sento sconfitto.

Biagio Simonetta

www.biagiosimonetta.it


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