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Geo-politica-mente...

L’ASIA E LA MARGINALIZZAZIONE DELL’OCCIDENTE. Una nota di Martin Jacques - a cura di Federico La Sala

giovedì 7 agosto 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Il fatto che l’Occidente non sia stato in grado di cogliere le realtà geopolitiche dell’Asia orientale - oggi la più vasta regione economica del mondo - e adattare di conseguenza la sua politica, ha svelato come pregiudizi e atteggiamenti antiquati siano ancora, purtroppo, ben radicati. Anche quando la sola idea appare ridicola e impraticabile, il richiamo all’intervento militare da parte sia dei media che dei leader politici sembra essere l’unico riflesso possibile. In realtà, la (...)

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> L’ASIA E LA MARGINALIZZAZIONE DELL’OCCIDENTE. ----- CINA. Confucio al posto di Mao ... L’antico teorico della «società armoniosa» adesso mostrerà anche i muscoli. (di Timothy Garton Ash e di Federico Rampini).

giovedì 16 aprile 2009


-  Confucio al posto di Mao /1

-  Nella Cina che riscopre il Saggio

-  Ma il modello cinese è un mix tra confucianesimo leninismo, taoismo, consumismo occidentale e socialismo
-  Verrà anche girato un film. Il protagonista sarà Chow Yun-Fat, il duro di tante pellicole di gangster di Hong Kong

-  di Timothy Garton Ash (la Repubblica, 15.04.2009)

Pechino. Da bambino la Cina per me era un cinese un po’ buffo, con i baffi lunghi e sottili una tunica di seta ricamata e un cappello a cono di paglia che con uno strano accento esclamava: «Dice il saggio...». In seguito furono le foto in bianco e nero del gruppo di sculture di epoca maoista "Corte per la riscossione della mezzadria" mostratemi con entusiasmo da un insegnante di inglese. Dopo ancora fu la follia ingenuamente travisata della rivoluzione culturale e delle Guardie Rosse. (Ho ancora la copia del libretto di Mao di quando ero studente). Oggi infine è un accademico cinese che ha studiato in America, in abito scuro, che mi dice in un ottimo inglese, «Dice il Saggio...».

È risaputo che in Cina è in atto un revival del confucianesimo. Le massime del Saggio, adattate per il vasto pubblico da una docente universitaria cinese attenta alle esigenze della a comunicazione di massa, Yu Dan, ha venduto più di dieci milioni di copie, di cui circa sei milioni, pare, in edizione pirata. Il libro è intitolato "Zuppa di pollo cinese per l’anima".

Il campus della prestigiosa Università Tsinghua di Beijing un tempo ospitava una statua del presidente Mao. Oggi vi troneggia Confucio. Una casa di produzione statale finanzierà un film su Confucio. Il Saggio sarà interpretato da Chow Yun-Fat, il duro di tanti film di gangster di Hong Kong. Esistono inoltre scuole private esplicitamente ispirate al confucianesimo.

Questo ritorno di Confucio ha una valenza sia privata che pubblica, tanto sociale che di partito. «Disse il saggio: l’armonia è un bene da tener caro», rimarcò il presidente Hu Jintao nel febbraio 2005, facendosi promotore dell’obiettivo proclamato del partito comunista di perseguire l’armonia nella società e nel mondo. «Da Confucio a Sun Yat-sen», dichiarò il premier Wen Jiaobao qualche anno dopo , «La cultura tradizionale della nazione cinese vanta numerosi elementi preziosi», tra cui citava «spirito comunitario, armonia tra diverse concezioni e condivisione del mondo comune». In un saggio sul nuovo confucianesimo cinese il politologo Daniel A. Bell ironizza sul fatto che il Partito Comunista Cinese (PCC) potrebbe un giorno essere ribattezzato Partito Confuciano Cinese.

In occasione di una mostra allestita nel più grande tempio confuciano di Pechino, è stata esposto un tabellone su cui erano evidenziate le sedi dell’Istituto Confucio nel mondo. L’Istituto Confucio è l’equivalente cinese, relativamente recente, del Goethe Institute tedesco e del British Council britannico. Attualmente le varie sedi estere si dedicano soprattutto all’insegnamento della lingua cinese, ma il messaggio esplicito della mostra è che il mondo potrebbe trarre vantaggio da una miglior conoscenza del pensiero di Confucio.

Si può dare di questa rinascenza del confucianesimo una lettura semplicistica, o più interessante. La lettura semplicistica sta nel cercare nel confucianesimo la chiave per comprendere la società, la politica e persino la politica estera della Cina di oggi. Si tratta di un esempio di Huntingtonismo volgare, come l’ho definito, ossia una versione di basso livello del determinismo culturale presente nella teoria dello Scontro di civiltà di Samuel Huntington. I cinesi sono confuciani per cui si comporteranno così...

Tanto per cominciare esistono molte versioni contrastanti di confucianesimo. Bell individua un confucianesimo progressista, un confucianesimo ufficiale o conservatore, un confucianesimo di sinistra e un confucianesimo popolare non politicizzato (la zuppa di pollo di Yu Dan). Cosa ancor più importante il confucianesimo è solo uno degli ingredienti dell’eclettico mix che contraddistingue la Cina di oggi. Molte caratteristiche della società e del sistema politico cinese possono essere definite senza riferimento alcuno al confucianesimo, e certe farebbero rivoltare il Saggio nella tomba. Accanto al confucianesimo si distinguono elementi di leninismo, capitalismo, taoismo, consumismo occidentale, socialismo, il legalismo di tradizione imperiale cinese e altri ancora.

E’ proprio questo mix che identifica il modello cinese, peraltro non ancora pienamente compiuto. Perché la Cina resta un paese in via di sviluppo in ogni senso del termine. Sapremo con precisione qual è il modello cinese quando avrà raggiunto un grado superiore di sviluppo. Nel frattempo, dovendo dare un’etichetta alla Cina di oggi il confezionismo sarebbe un miglior candidato rispetto al confucianesimo. Il segreto sta nella confezione.

Ne consegue che è un grave errore concepire la conversazione politica e intellettuale con la Cina come "dialogo tra civiltà". In questa accezione noi occidentali mettiamo in tavola i nostri cosiddetti "valori occidentali" , i cinesi i loro cosiddetti "valori cinesi" e poi si vede quali pezzi corrispondono e quali no.

Sciocchezze. Non esiste una civiltà occidentale o cinese pura, incontaminata, a parte. Da secoli tutti ci mescoliamo e soprattutto negli ultimi due. La purezza culturale è un ossimoro. È vero, il confucianesimo è più importante del cattolicesimo in Cina, e il cattolicesimo è più importante del confucianesimo in California, ma in oriente c’è più occidente e in occidente più oriente di quanto in genere si immagini. Inoltre già 2500 anni fa, quando la Cina e l’Europa erano davvero due mondi separati, certe tematiche affrontate da Confucio erano le stesse di Platone e Sofocle , perché sono tematiche universali. Non sono questioni "orientali" o "occidentali", sono questioni umane.

L’approccio interessante al confucianesimo da parte occidentale - nell’ambito di un dialogo che gli istituti Confucio farebbeno bene a sostenere - è del tutto diverso. Parte da una tesi semplice: Confucio era un grande pensatore che ancora oggi ha qualcosa da insegnarci. Nel corso di duemila anni e più numerose scuole hanno reinterpretato il pensiero di Confucio nelle varie epoche ma non solo, hanno anche aggiunto farina del loro sacco. Dovremmo leggere Confucio, e queste interpretazioni come leggiamo Platone, Gesù , Buddha o Charles Darwin, e tutti i loro interpreti. Non si tratta di un dialogo tra civiltà, bensì di un dialogo interno alla civiltà. La civiltà umana , vale a dire, ciò che ci rende migliori delle bestie.

Per condurre questo dialogo la maggior parte di noi dipende dai traduttori. Qui a Pechino ho riletto la traduzione di Simon Leys dei "Detti di Confucio" con le note dense di robusti riferimenti ad autori occidentali (il gentiluomo colto di Confucio paragonato all’ honnete homme di Pascal e così via). Grazie a Leys, trovo i Detti infinitamente più accessibili, godibili e gratificanti rispetto al testo principale di un’altra tradizione culturale con cui noi europei dobbiamo confrontarci: il Corano. Ovviamente certi passaggi sono oscuri e anacronistici , mentre altri - che esaltano il governo degli uomini invece del governo del diritto, ad esempio - si pongono in forte contrasto con il liberalismo contemporaneo. Ma molti dei detti attribuiti a Confucio emanano un umanesimo laico di grande attualità.

Preferisco la formulazione confuciana della regola d’oro della reciprocità - «Non imporre agli altri quello che tu stesso non desideri» - a quella cristiana. Qual è il compito del governo? «Dare la felicità alla gente del luogo e attrarre migranti da lontano». Come servire al meglio il nostro capo politico? «Ditegli la verità, anche se lo offende». E la massima migliore: «Si può privare un esercito del suo comandante in capo, ma non si può privare il più umile degli uomini della sua libera volontà».

Ma se queste sono riflessioni familiari in un contesto inconsueto, i detti di Confucio contengono anche accenti del tutto particolari, ad esempio esaltano una sorta di responsabilità familiare allargata alle generazioni sia passate che future. Non è una cattiva idea questa, oggi che violentiamo il pianeta lasciatoci in eredità dai nostri avi. Qualche mese fa uno dei sottosegretari britannici all’istruzione si è attirato qualche frecciata satirica per aver dichiarato che agli scolari inglesi non farebbe male studiare Confucio. Non potremmo farlo tutti? Non solo impareremmo qualcosa dei cinesi, ma anche qualcosa di noi stessi.

www.timothygartonash.com. Traduzione di Emilia Benghi


Confucio al posto di Mao /2

Il paese ritrova la autostima e il suo filosofo guida

Maestro Kung e la rivincita sui comunisti

di Federico Rampini (la Repubblica, 15.04.2009)

Nel ceto medio cinese esplode un fenomeno editoriale, il best-seller intitolato La Cina scontenta. Un libro dai toni sciovinisti, che imputa all’Occidente un bilancio fallimentare. Plebiscitato dalla gioventù cosmopolita di Pechino e Shanghai, il saggio dà sfogo a un risentimento represso, incita i cinesi a liberarsi dei complessi d’inferiorità e a occupare il posto che gli spetta nel mondo. Secondo Wang Xiaodong, uno degli autori, la recessione dimostra che gli Stati Uniti non possono più offrire al mondo una leadership adeguata. «Noi possiamo fare meglio di loro», è la sua conclusione.

Era dai tempi di Mao Zedong che non si vedeva una Repubblica Popolare decisa a esportarsi come modello. Ma oggi l’ideologia su cui poggia il neo-espansionismo cinese non è più rivoluzionaria, sovversiva e antagonista. Al posto di Mao c’è Confucio, il filosofo vissuto dal 551 al 479 avanti Cristo, che la classe dirigente cinese rivaluta come il guardiano dell’ordine sociale e della stabilità.

Kong Fuzi (Maestro Kung, latinizzato in Confucio dal gesuita Matteo Ricci) è al centro di una riabilitazione orchestrata nei minimi dettagli. Il segnale più potente è la proliferazione degli Istituti Confucio nel mondo, promossi dal governo di Pechino per diffondere lo studio del mandarino. La scelta del nome è rivelatrice di un ribaltamento clamoroso. Negli anni del maoismo Confucio fu messo al bando come un pensatore reazionario, simbolo dell’epoca imperiale. L’odio per Confucio non era una prerogativa dei soli comunisti, univa le élite progressiste nella Cina del Novecento. Ma quel secolo fu segnato dai complessi d’inferiorità; l’Occidente era il modello per ogni progetto modernizzatore. Il rilancio del confucianesimo coincide con una nuova autostima, spiega lo storico cinese Wang Gungwu della National University di Singapore. Wang descrive l’attuale rafforzamento della Cina come la quarta ascesa in duemila anni di storia, dopo l’unificazione imperiale (terzo secolo prima di Cristo), il consolidamento avvenuto nel VII e VIII secolo dopo Cristo in risposta alla minaccia di invasioni dall’Asia centrale, e infine l’espansione iniziata nel XIV secolo e culminata 400 anni dopo sotto la dinastia mancese dei Qing. Ma la "quarta ascesa", quella attuale, è la prima che proietta l’influenza cinese sul mondo intero. Il ribaltamento di prospettiva è profondo, secondo Wang. Negli anni precedenti erano europei e americani a mettere sotto pressione i cinesi perché passassero degli esami: «L’Occidente si attendeva dalla Cina ulteriori progressi nell’uniformarsi alle regole che considerava le più adatte per garantire il futuro della globalizzazione. Ora la Cina ha acquistato una nuova coscienza di sé, e rimette in discussione la validità delle pretese occidentali. La profondità della crisi economica ha scardinato la credibilità dell’Occidente come portatore di soluzioni per lo sviluppo mondiale».

Oggi è Confucio il pensatore più citato dai leader di Pechino quando noi occidentali invochiamo la necessità di riforme democratiche in Cina. A differenza che ai tempi di Mao, non è più di moda ribatterci che la nostra è una democrazia borghese, ipocrita e fasulla, che fa velo all’oppressione del proletariato. Oggi si fa ricorso al relativismo etnico-culturale. La Cina è una società segnata dal confucianesimo, dove il gruppo conta più dell’individuo, dove le relazioni sociali sono "organiche", strutturate sull’obbedienza gerarchica e sul perseguimento di obiettivi collettivi. Questo tipo di società asiatica va governata come una famiglia, con il rispetto dell’autorità paterna, e d’altra parte carica sul paterfamilias la responsabilità di garantire il benessere dei propri familiari.

I leader di Pechino hanno utilizzato Confucio dapprima in chiave difensiva, contro le "ingerenze" occidentali sui diritti umani. Un esempio è il discorso tenuto da Zhang Weiwei al Marshall Forum a Monaco di Baviera: «Voi occidentali definite la democrazia secondo il principio che ogni cittadino deve avere il diritto al voto, e nel suffragio universale diversi partiti devono competere per l’alternanza al governo. Fino a oggi è impossibile trovare un solo caso di un Paese emergente che sia riuscito a modernizzarsi con successo dopo avere adottato questo modello di democrazia. Che cosa succederebbe oggi in Cina se adottassimo una democrazia del vostro tipo? Ammesso che il Paese non sprofondi nella guerra civile o nella disgregazione, potremmo eleggere un governo di contadini, visto che i contadini sono la stragrande maggioranza della nostra popolazione. Non ho nulla contro di loro, ma è chiaro che non sarebbero capaci di guidarci nella modernizzazione. Negli ultimi trent’anni la Repubblica Popolare ha decuplicato la sua ricchezza economica, ha migliorato le condizioni di vita dei suoi cittadini, mantenendo la stabilità».

Ora la rivincita del Maestro Kung fa un passo più avanti: lo trasforma in un pensiero politico da esportare. A tutta l’Asia la Cina si propone come un modello di solidità e di tenuta, mentre l’Occidente sbanda. La decisione di dedicare un film alla vita di Confucio - con la benedizione delle autorità - assegnando il ruolo di protagonista a Chow Yun-Fat, divo dei film di arti marziali e kung-fu, è il segnale più divertente della nuova fase. L’antico teorico della «società armoniosa» adesso mostrerà anche i muscoli.


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