"Sul concetto di volto nel Figlio di Dio" andrà in scena, non sprechiamo un’occasione per riflettere
di Antonio Audino (Il Sole-23 Ore, 20 gennaio 2012)
Lo spettacolo si farà. E anzi sarà l’occasione per capire esattamente cosa accade in scena, sperando che anche i cattolici che si ritengono offesi da questa produzione si ricredano. Già, perché ha ragione Romeo Castellucci, regista del tanto discusso "Sul concetto del volto di Dio" quando afferma che chi accusa di blasfemia quest’opera certamente non l’ha vista. Lo spettacolo ha girato in Italia e in Europa suscitando accese discussioni di carattere filosofico e culturale, trattandosi del lavoro di un creatore dal pensiero complesso e spesso impervio . Ma le repliche a Parigi hanno dovuto fronteggiare gli attacchi di alcuni gruppi di integralisti religiosi, convinti che lo scopo della messa in scena fosse l’idea di insozzare e vituperare un’immagine del Cristo. Ed è proprio l’eco di quelle proteste a riemergere in questi giorni in occasione del debutto milanese fissato per il 23 al Teatro Franco Parenti di Milano. Qui il livello di fuoco si alza, non solo interviene la curia meneghina, ma le fa eco addirittura la segreteria di Stato vaticana, che invita a una reazione «ferma e composta» rispetto a questo atto ritenuto offensivo per chi crede.
Davvero strano, eppure chi lo aveva visto a Roma o ad Avignone aveva percepito tutt’altro, si era trovato immerso in un’ acutissima riflessione sul sacro, sui nostri momenti di fragilità e di miseria umana, sul nostro bisogno di dialogo con un entità superiore, simboleggiata in scena dalla gigantografia di un Cristo umanissimo e dolente di Antonello da Messina.
Ora le iperboli visive e immaginative messe in gioco da Castellucci sono senza dubbio complesse e lasciano allo spettatore ogni possibilità di lettura. Ma certo quel padre continuamente sporco di feci, quel figlio amorevole che lo soccorre, davanti allo sguardo di quell’ecce homo, suggeriscono riflessioni umanissime, rovesciano il rapporto tra padre e figlio, facendolo rimbalzare su una triangolazione divina. Ora, qualunque cosa avesse fatto Castellucci o un altro artista ci sarebbe da chiedersi quanto oggi sia legittimo un intervento censorio da parte di chiunque. Ma il paradosso è che le cose non stanno affatto così.
Le feci sul volto di Cristo? Niente affatto: una colata di liquido nero copre alla fine l’immagine, preludendo allo spettacolo successivo del regista in cui un pastore protestante si cala un crespo nero sugli occhi fino alla morte, magari rimandando a un pensiero tutto cristiano sul Dio nascosto. E poi chi conosce il lavoro di Castellucci sa che il regista è un vero e proprio filosofo della scena, e forse l’unico regista internazionale davvero interessato a un livello di riflessione profonda. Resta da chiedersi il perché di tanto rumore per nulla. Ma evidentemente le gerarchie vaticane amano ancora far sentire la propria voce in termini censori e lanciare anatemi per ribadire il loro sguardo vigile sulla nostra società, così come gruppuscoli minoritari alzano la voce solo per far capire che ci sono. Intanto un appello in difesa dello spettacolo viene stilato da alcuni importanti critici di teatro (www.teatroecritica.net) E la lista delle adesioni si allunga di minuto in minuto.