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EU-ANGELO, COSTITUZIONE... "CARESTIA" E VIOLENZA!!! "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-8). «Et nos credidimus Charitati...»!!!!

RENE’ GIRARD INSISTE: DIO NON E’ VIOLENTO. MA CONFONDE IL PADRE NOSTRO (DEUS CHARITAS EST) CON IL DIO DEL CATTOLICISMO PLATONICO-ROMANO DI RATZINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006) E RICADE NELLE BRACCIA DI "MAMMASANTISSIMA". UN’ INTERVISTA DI FRANÇOIS D’ALANÇON - a cura di Federico La Sala

martedì 2 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Il cristianesimo dice che l’uomo deve desiderare Dio. Oggi, gli indivi­dui intelligenti e ambiziosi sembra­no rivolti all’accrescimento del po­tere e alla ripetizione degli errori del passato. I testi apocalittici dei Van­geli annunciano precisamente che gli uomini soccomberanno alla loro violenza. È la fine del mondo per­messa attraverso gli uomini. Il para­dosso è che l’umanità è più scettica che mai in un’epoca in cui sa di ave­re tutti i mezzi per distruggersi. Da parte loro, i (...)

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> RENE’ GIRARD INSISTE: DIO NON E’ VIOLENTO. MA CONFONDE IL PADRE NOSTRO (DEUS CHARITAS EST) CON IL DIO DEL CATTOLICISMO PLATONICO-ROMANO --- René Girard esploratore del sacro (di Alberto Melloni)

domenica 15 novembre 2015

1923-2015

René Girard esploratore del sacro

Si è spento lo studioso francese. Docente di letteratura, antropologo e filosofo, dimostrò il Vangelo smonta la logica del capro espiatorio. Sua la teoria del «desiderio mimetico».

di ALBERTO MELLONI (Corriere della Sera, 06.11.2015)

Comprendere «nello stesso momento, perché i credenti dapprima, e sul loro esempio i non credenti poi, sono sempre passati vicino al segreto, peraltro così semplice, di ogni mitologia»: è stata questa l’ambizione e l’esito della ricerca del francese René Girard, che si è spento a Stanford, negli Stati Uniti. Una ricerca che era impossibile (lo dimostra l’intervista autobiografica del 1994 con Michel Treguer) incasellare nei riquadri angusti delle discipline accademiche.

All’inizio della sua carriera Girard è un paleografo dalla solida base di medievista, costruita nella Parigi della Liberazione dove si laurea, lui avignonese classe 1923, con una tesi sulla vita privata del XV secolo. Negli Stati Uniti, dove trova cattedra e famiglia, è un docente di Letteratura francese, che spreme il testo in un modo che da cinquant’anni spinge filosofi, antropologi, psicoanalisti, teologi ad annettersi Girard o a ripudiarne le conclusioni costruite in un sistema complesso, al cui fondo sta la chiave del suo pensiero: cioè la scoperta del desiderio mimetico, che appare già in Menzogna romantica e verità romanzesca del 1961. Quel desiderio che porta a desiderare quel che l’altro desidera (per questo mimetico) e che - a differenza del desiderio «oggettuale» freudiano della libido, che ha bisogno di una filosofia della coscienza - genera un dinamismo triangolare fra oggetto del desiderio, l’altro desiderante e il soggetto desiderante.

Da questa ricerca iniziata con Dostoevskij arriva l’opera che ne fa un filosofo e un antropologo della religione: La violenza e il sacro del 1972 (Adelphi, 1980) elabora una teoria della genesi della religione. Nella mitologia e nella sua elaborazione filosofica e letteraria Girard ritrova l’atto iniziale di occultamento che «inganna la violenza»: il «sacro» che assorbe la violenza destinata fatalmente a nascere e la riversa su una entità non vendicabile e insieme in apparente continuità con coloro al posto dei quali viene sacrificato. Così il capro espiatorio placa e fonda la società in questa ombra religiosa che è «il sentimento che la collettività ispira ai suoi membri, ma proiettato fuori dalle coscienze che lo provano, e oggettivato».

La sfida alla antropologia e alla psicoanalisi (e dunque a Lévi Strauss e a Freud) implicita in questa opera capitale del Novecento prosegue nel testo forse più complesso e suggestivo di Girard, che è il dialogo-intervista con Jean-Michel Oughourlian e Guy Lefort Sulle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, del 1978 (Adelphi 1983): una fitta disamina che apre al lungo corpo a corpo con il testo biblico, in una ricerca che non è «una soluzione di ripiego rispetto alle ambizioni della filosofia, una saggia rassegnazione. È un’altra maniera di soddisfare quelle ambizioni».

Girard infatti scopre con una sua esegesi che la stratificazione ermeneutica si posa sul testo neotestamentario, in vista di una riconquista «vittimaria» del racconto: che invece, nella vicenda concreta del Gesù storico, neutralizza il meccanismo del capro espiatorio. La potenza teologica di questa intuizione non sarà colta fino in fondo (solo Il vitello d’oro e L’estasi del profeta di Pier Cesare Bori andarono in quella linea e oltre): ma assumendo la «propria» religione l’ebreo Gesù ne libera la forza demistificatoria e smaschera la pretesa cristiana di universalizzarne il messaggio riducendolo a «dieci comandamenti» che, in nome di una etica per tutti, esalta la «unanimità della violenza». Scoperta capitale, questa di Girard, anche per la storia: perché se la vittima diventa «Agnello di Dio» ed esce dalla sua passività regolatrice, l’uomo si vede riconsegnata la propria violenza, il religioso la propria immanenza e Dio la trascendenza sua. Gesù di Nazareth, la vittima «perfetta ed innocente» che sta dalla parte delle vittime e che come tale ingloba la fine ultima del tempo, consegna alla storia una «responsabilità» (per dirla con Emmanuel Lévinas).

In Portando Clausewitz all’estremo del 2007 (Adelphi, 2008), Girard osserva: «Il cristianesimo è la sola religione che abbia previsto il suo fallimento: questa prescienza è nata come apocalisse. Infatti è nei testi apocalittici che la parola di Dio è più energica, ripudiante quegli errori che sono interamente colpe umane che sono sempre meno inclini a riconoscere i meccanismi della loro violenza. Quanto più persistiamo nell’errore nostro, tanto più forte la voce di Dio emerge sulla devastazione. (...) Una volta nella nostra storia la verità sull’identità di tutti gli umani è stata pronunciata, e nessuno ha voluto udirla; invece ci siamo concentrati sempre più ossessivamente sulle nostre false differenze».

Le false differenze di cui, come spiega nella produzione degli ultimi anni, la violenza si ripresenta nella sua «forma di sacro corrotto»: l’immobilismo di quel «Satana» che è il nome comune di tutte le «escalation verso l’estremismo» deve essere sfidato alla radice o nel suo «inizio». Non con effusioni effimere fra «moderati», ma con l’intelligenza urticante che sa che «cercare conforto è sempre un modo di contribuire al peggio».


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