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IN ITALIA, UNA NUOVA POLITICA E UNA NUOVA RELIGIONE. A VENEZIA, ALLA FESTA DELLA LEGA, PRESENTATO IL VANGELO DEL TERZO MILLENNIO (AVANTI CRISTO), QUELLO SECONDO GENTILINI. Una sintesi di Ferdinando Camon - a cura di pfls

"Se Maroni ha detto tolleranza zero, io voglio tolleranza doppio zero". "Queste sono le parole del vangelo secondo Gentilini, ho bisogno di voi, statemi vicini":
domenica 21 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
Il vangelo di Gentilini
di Ferdinando Camon *
Esce il testo pressoché integrale del discorso che Gentilini ha tenuto alla festa della Lega, domenica scorsa a Venezia, ed è un testo di così rozza violenza, che merita di essere analizzato: è la prima volta che càpita di veder condensato in una colonna il sistema del primo sceriffo d’Italia.
"Popolo della Legaaaaa! - esordisce -. La Lega si è svegliataaaaaaa!": appena salito sul palco aizza l’orgoglio dei leghisti, annunciando che la Lega che (...)

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> IN ITALIA, UNA NUOVA POLITICA E UNA NUOVA RELIGIONE. ---L’ultima raffica della Padania ha lasciato ancora il segno. Borghezio con i nazisti, un caso europeo. Lo show di Colonia arriva a Bruxelles. Persino Bossi prende le distanze.

lunedì 22 settembre 2008

Borghezio con i nazisti, un caso europeo

Lo show di Colonia arriva a Bruxelles. Persino Bossi prende le distanze

di Federica Fantozzi (l’Unità, 22.09.2008)

Dopo il gelo di Castelli e Calderoli, arriva la netta presa di distanze di Umberto Bossi: «Non si accettano tutti gli inviti». Sotto accusa Mario Borghezio, l’europarlamentare leghista presente al comizio flop contro una moschea a Colonia. Ma la vicenda non crea imbarazzi solo nella maggioranza di governo, particolarmente silenziosa e parca di commenti nonostante l’accaduto. Lo «spettacolo» indecoroso di Borghezio, unico europarlamentare a Colonia (neppure la destra più estrema ha partecipato alla manifestazione), verrà discusso oggi durante la sessione plenaria a Bruxelles. Pasqualina Napoletano, vicepresidente del gruppo Pse: «Inqualificabile, ma non stupisce. Piuttosto, riflettano gli elettori»

«IO NON CI SAREI ANDATO» dice Bossi, ed è la pietra tombale. Dopo Castelli e Calderoli, la sconfessione della «gita tedesca» di Borghezio da parte del suo partito è totale. Gli europarlamentari italiani giudicano «inqualificabile» il gesto, di cui oggi Bruxelles discuterà durante la sessione plenaria.

La presenza di Borghezio al raduno neonazista di Colonia imbarazza la maggioranza di centrodestra: l’italiano era l’unico rappresentante sia del Parlamento Europeo che di un partito di governo alla manifestazione contro la moschea islamica. Che, tra l’altro, si è trasformata in flop grazie alla reazione compatta della città renana. Anche Fiore e Romagnoli, l’estrema destra a Strasburgo, l’hanno disertata. Se dunque dalle file del PdL non si strappa un commento «perché la faccenda riguarda la Lega», quest’ultima è obbligata ad affrontarla.

Nei giorni scorsi l’ex ministro Castelli aveva messo le mani avanti: «Borghezio dovrebbe valutare bene, io starei lontano da certe formazioni politiche». Ieri, a cosa fatta, il ministro della Semplificazione Calderoli confermava il gelo: «Non avrei mai aderito, abbiamo sempre detto no all’estrema destra. Borghezio ha partecipato a titolo personale». Fino all’epitaffio bossiano (condiviso dal capogruppo alla Camera Cota): «Non tutti gli inviti vanno accettati».

Pasqualina Napoletano (Sinistra Democratica) è vicepresidente del gruppo Pse: «Il comportamento di Borghezio è inqualificabile ma non mi stupisce. Si è già distinto per iniziative simili». L’eurodeputata ricorda «l’iniziativa di portare maiali a urinare sul terreno destinato a una moschea» e, in generale, «gli atteggiamenti razzisti e islamofobici». La Napoletano auspica una reazione dell’emiciclo, come fu quando il deputato leghista interruppe l’allora capo dello Stato Ciampi. Padroni del gioco, tuttavia, sono gli elettori: «Riflettano, dato che le elezioni Europee sono vicine».

Trova motivi di preoccupazione anche Monica Frassoni, eurocapogruppo dei Verdi: «È stato messo in risalto l’isolamento italiano, Bossi ha preso atto che all’interno di un sistema certi strappi non passano inosservati».

Ma se è stata importante la reazione di Colonia, «l’Italia è una realtà diversa. Le posizioni di Maroni e Gentilini, la morte di Abdul a Milano, i neri di Castelvolturno etichettati come delinquenti: dire che non è grave e non siamo razzisti significa velarsi la faccia di fronte all’Europa».

Daniele Marantelli, deputato del Pd in terra padana, ieri rappresentava il suo partito alle celebrazioni della «Prealpina», con Bossi. Per il Senatùr un compleanno di popolo in attesa della «barcolada» sul Lago Maggiore. «Borghezio? - spiega Marantelli - Lì siamo ben oltre la destra europea. Quel raduno è stato uno spettacolo inqualificabile. Bene hanno fatto le autorità a impedirlo: quando il nostro governo vara misure di sicurezza che riguardano i bambini rom non capisce che Italia e Germania in Europa sono ancora degli osservati speciali». Ma l’elettorato leghista sta con Bossi o Borghezio? «La maggioranza è con Bossi ma ci sono venature razziste da non sottovalutare. Il Pd deve sfidare il gruppo dirigente del Carroccio a sconfessare ogni fenomeno di intolleranza».


Fascista e secessionista, l’ultima raffica della Padania

di Oreste Pivetta (l’Unità, 22.09.2008)

L’ultima raffica della Padania ha lasciato ancora il segno. Più degli altri, meglio degli altri. Al contrario dei suoi colleghi bloccati all’aereoporto, Mario Borghezio ce l’ha fatta a raggiungere Heumarkt, a salire sul palco brandendo come una spada contro l’Islam il libro della Fallaci, “La rabbia e l’orgoglio”. Non è andato oltre. Cancellata la manifestazione. Peccato: ci siamo persi onde su onde di merda, culo, pedate, bastonate, vaffanculo, eccetera eccetera. Borghezio dal palco è un uragano in piena: «La folla mi eccita», si era spiegato una volta. Ne sa qualcosa chiunque sia capitato dalle parte di Riva degli Schiavoni, a Venezia, il giorno delle celebrazioni leghiste, il giorno in cui dall’ampolla miracolosa retta dalla mano di Bossi l’acqua del Po si versa nell’Adriatico. Borghezio è capace di dirne di tutti i colori: oratoria violenta, tono trascinante, slogan di eccitante potenza, agitati tra parte anatomiche e resti organici, insulti e argomenti alla rinfusa, tanto chissenefrega.

Non immaginatelo rozzo e ignorante, è persino gentile quando scende dalla tribuna e abbandona il megafono. Il fisico non l’aiuta: un metro e 76 di altezza e una circonferenza che nessuno s’è mai azzardato a misurare di una flaccidissima polpa che non fa certo onore alla stirpe padana. Ma è un uomo di molte letture e di autentica bibliofilia: tra le antichità quella che si tiene più stretta al cuore è un manoscritto del Settecento sull’esoterismo. Dei contenuti non si sa.

Avvicinandosi agli amici neonazi radunati a Colonia, si è riavvicinato al suo passato che peraltro non ha mai smentito. Il giovane e magro Borghezio era un duro, tremendo, che nei fatidici anni 60 (è nato a Torino il 3 dicembre 1947 e si è laureato in legge) frequentava la destra più destra, prima monarchico e poi vicino al Msi, il partito allora di Almirante che non gli piaceva tanto, accusandolo di pigrizia e di moderatismo.

Il senatore Ugo Martinat, Settimo Torinese, ora di An, lo ricordava così: «In gioventù lui bazzicava attorno a Europa civiltà, che dissentiva da Ordine Nuovo, che dissentiva dal Msi. Per un certo periodo ha girato fra i ragazzi della Giovine Italia, che era l’organizzazione missina dell’epoca. Ma dissentiva anche da quelli: basta, me ne vado, siete troppo moderati». Stava dunque alla destra della destra della destra e fu così, da destra, che si imbattè nel leader che l’avrebbe definitivamente conquistato: Umberto Bossi. Avviandosi con Bossi lungo un gratificante percorso, che lo vide consigliere comunale, deputato, persino sottosegretario alla giustizia, parlamentare europeo e, massima gloria, presidente del governo della Padania, tra il 1999 e il 2004, quando Bossi convocava i suoi parlamenti tra Pavia e Mantova. Poi se ne dimenticò e lasciò perdere, smarrendo anche quella vena secessionista, che aveva sedotto Borghezio, che non s’appassiona invece all’acqua fresca del federalismo. Fedele alla vecchia idea, nemico del “poltronismo” che aveva invece impigrito molti suoi colleghi all’ombra del Carroccio. Borghezio, malgrado il peso, è un uomo di strada: organizzatore, camminatore, faticatore, megafono in pugno per “esternare” nella situazioni più disparate.

Epiche le sue battaglie contro le peripatetiche nigeriane a colpi di flit sul treno, per le impronte digitali (anticipando di gran lunga Maroni), contro la Chiesa di Roma per la Chiesa del Nord (in questo caso, rara volta, suscitando l’ira di Bossi), contro quei «culi in aria” degli islamici, contro i venditori ambulanti e contro i poveracci che dormivano sotto i ponti. Strattonò per un braccio un ragazzo marocchino di dodici anni per consegnarlo ai carabinieri e fu condannato a pagare (nel 1994) 750mila lire di multa per violenza privata. Incendiò (nel 2000) i materassi di alcuni nordafricani e anche stavolta fu condannato: a due mesi e venti giorni di reclusione, commutati poi in tremila euro di multa, per l’aggravante della finalità di discriminazione. Inventò con Max Bastoni (non poteva trovare alleato più degno), le ronde padane, le camicie verdi, chiese le pallottole di gomma per i poliziotti, disse e smentì che «lo squadrismo padano deve usare il bastone contro gli immigrati».

Diego Novelli, che lo aveva conosciuto giovane consigliere comunale, ci ha lasciato di lui un ritratto persino benevolo: «L’uomo è un generoso, convinto delle sue idee, ha un grande disinteresse personale, tratti che costituiscono spesso le caratteristiche di tutte le forme di fanatismo». Fanatico, non c’è dubbio. Ma con moderazione calcolata, per sopravvivere (più longevo di Haider o di Le Pen). Con astuzia politica, con consumato mestiere dentro un partito che impone a tutti dei limiti e dove la fedeltà è un dogma. Altro che dibattito: quanti ne ha tolti di mezzo Bossi, avversari o presunti avversari, comunque ambiziosi. «Scarafaggi padani» li definiva Borghezio. La cui biografia politica non è un caso e neppure un episodio di folklore ma si ritaglia perfettamente tra le rovine della storia nazionale nazionale. Tra le rovine lui in fondo è rimasto in piedi, come gli «raccomandavano» gli scritti del maestro Julius Evola. Ci scandalizzavano le ronde o le impronte digitali, ma siamo stati lì lì perché diventassero pratiche di governo.

L’ultima battaglia Mario Borghezio l’ha guidata a Milano contro la moschea di viale Jenner: fazzolettone verde al collo, megafono in mano e via... Alla fine, come si è visto, la battaglia l’ha vinta proprio lui.


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