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FILOSOFIA. IL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE E LA COSTITUZIONE DEL PENSIERO

MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?! POCO CORAGGIOSI A SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA E A PENSARE BENE "DIO", "IO" E "L’ITALIA", CHI PIÙ CHI MENO, TUTTI VIVONO DENTRO LA PIÙ GRANDE BOLLA SPECULATIVA DELLA STORIA FILOSOFICA E POLITICA ITALIANA, NEL REGNO DI "FORZA ITALIA"!!! Un’inchiesta e una mappa di Francesco Tomatis - a cura di Federico La Sala

Costituzione, art. 54 - Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge
lunedì 22 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
Non basta dire come fanno i francesi che la loro nazione è stata colta alla sprovvista. Non si perdona a una nazione, come non si perdona a una donna, il momento di debolezza in cui il primo avventuriero ha potuto farle violenza. Con queste spiegazioni l’enigma non viene risolto, ma soltanto formulato in modo diverso. Rimane da spiegare come una nazione dì 36 milioni di abitanti abbia potuto essere colta alla sprovvista da tre cavalieri di industria e ridotta in schiavitù senza far (...)

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> MA DOVE SONO I FILOSOFI ITALIANI OGGI?! --- "Le Nuvole". Aristofane, la nostalgia di Atene forte e austera (di Franco Manzoni)

mercoledì 28 marzo 2012

Aristofane, la nostalgia di Atene forte e austera

Amaro sarcasmo sul declino dei costumi

di Franco Manzoni (Corriere della Sera, 28.03.2012)

Come educare le nuove generazioni? In che modo risolvere l’eterno conflitto tra padri e figli, vecchi e giovani, tradizione e novità? Aristofane cercò di rispondere a questo dilemma con la commedia Nuvole (titolo originale Nephélai). La maiuscola del titolo, senza articolo, pare necessaria proprio a indicare le nuove divinità, che l’autore afferma inventate dal personaggio Socrate. È uno dei testi più noti della drammaturgia antica e risulta di un’attualità sconvolgente ancora oggi. Con un preciso messaggio sul ruolo dell’intellettuale e su come controllare il futuro della società attraverso l’educazione dei giovani. Inoltre assume anche un andamento «noir», che inaspettatamente presenta un finale violento, quasi tragico: la distruzione del Pensatoio, dove un ridicolo Socrate viene rappresentato istruire i propri discepoli appeso dentro una cesta di vimini.

Sotto il terrore delle innovazioni, Aristofane reagisce indicando un solo responsabile. In questo far coincidere nel 423 a. C. la figura di Socrate con quella del corruttore supremo, l’autore testimonia quale poteva essere l’opinione dell’uomo della strada. Ma questa commedia riuscì a influenzare i giudici nel condannare a morte Socrate 24 anni dopo? Probabilmente no. Semmai le Nuvole sono una testimonianza di uno stato d’animo diffuso, visto che lo stesso Socrate fu bersaglio di altri comici, come Eupoli, Amipsia e Callia.

In ogni caso la parodia aristofanea non passò inosservata, tanto che nel 399 a. C. Socrate la ricordò nel celebre processo da lui subìto: «Avete potuto vedere voi stessi nella commedia di Aristofane, dove un tal Socrate si dondolava e diceva di vagare per l’aria e cianciava di tante altre sciocchezze, di cui io m’intendo poco o nulla» (Platone, Apologia di Socrate, 19c). Il testo della commedia, che ci è pervenuto, è costituito da due parti. In aggiunta all’opera quasi complessiva del 423 a. C., Aristofane riscrisse la parabasi, la parte della commedia in cui il poeta era uso esporre il proprio pensiero per mezzo del coro, nella quale rintracciamo il proposito dell’autore di riproporre in gara per l’anno 419-418 ancora le Nuvole.

Nel 423 a. C. durante le Dionisie (a fine marzo), la giuria assegnò infatti il primo posto alla Damigiana di Cratino e il secondo al Conno (ossia la Vulva) di Amipsia, relegando Nuvole all’ultimo. È possibile ipotizzare che sul giudizio abbiano influito le pressioni politiche di Alcibiade, favorevole a Socrate e deciso a difenderne l’onore. La sconfitta fu cocente per Aristofane, tanto che l’anno successivo, nella parabasi delle Vespe, l’autore affermò che la sua precedente opera non era stata capita. Ne deduciamo che non si sia conservato il testo integrale della rappresentazione del 423, ma un collage pronto per una nuova messinscena. Le fonti attestano comunque che le Nuvole non furono mai rappresentate una seconda volta.

Protagonista della commedia è Strepsiade (il nome letteralmente significa «colui che distorce» la giustizia), un contadino inurbato che da un infelice matrimonio ha avuto il figlio Fidippide, uno scialacquatore. Morso dai debiti del figlio, il vecchio medita di mandarlo a farsi istruire da Socrate. Ma il giovane rifiuta. Allora Strepsiade decide di andarci lui stesso. Ma alla fine Socrate scaccia il contadino. L’anziano costringe il figlio ad andare a scuola dal Maestro. I risultati? Quando arrivano i creditori il giovane, attraverso l’uso di sofismi, li allontana, deridendoli e insultandoli.

Strepsiade è felice. Ma il disastro è nell’aria. Piange per le percosse del figlio. Fidippide sostiene che è nel suo diritto battere il padre come Strepsiade picchiava lui bambino per educarlo. Il giovane dimostra al papà che lo ha pestato solo per il suo bene, a maggior ragione poiché «i vecchi sono due volte bambini». A Strepsiade non resta che la vendetta: con l’aiuto dei servi incomincia ad abbattere a colpi d’ascia il Pensatoio e, salito sul tetto, vi appicca il fuoco. Così, fra le grida di Socrate e dei suoi discepoli, il Pensatoio viene distrutto.

In piena guerra del Peloponneso, l’attenzione di Aristofane si rivolge ad un argomento fonte di accese discussioni. L’antica educazione, che aveva formato i soldati di Maratona, era messa in crisi dalla paidèia sofistica e dal pessimismo pacifista. Il conservatore Aristofane rimpiangeva l’Atene di un tempo, celebrata dai greci come creatrice di grandi ideali, la città che aveva liberato l’Ellade intera dall’invasione dei barbari persiani.


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