Le cose sotto la lente del filosofo
di Aurelio Magistà (la Repubblica, 09.09.2012)
Una bambola tra le macerie del terremoto. Il simbolo della perdita di quelli che non sono più solo degli oggetti ma cose, giocattoli, sedie, piatti, giacche dove si sono depositati e dove ritroviamo i nostri affetti e i nostri ricordi. Questa immagine è la sintesi ideale del Festival della Filosofia, che comincia venerdì tra Modena, Carpi e Sassuolo ferite dal terremoto, e che ha per tema, appunto, “Cose”.
«Anche se sembra scelto apposta, l’argomento è stato deciso prima del sisma», spiega la direttrice Michelina Borsari, «e quando abbiamo cominciato a lavorarci, praticamente da sfollati, ci siamo chiesti se era opportuno confermarlo». A sciogliere i dubbi, da una parte la volontà dei sindaci delle tre città e delle istituzioni coinvolte, persuasi che il festival sia una prova di volontà e d’orgoglio, un modo per continuare a tenere l’attenzione su queste zone, e un aiuto economico; dall’altra parte, commovente, «la gara di solidarietà che si è aperta tra i protagonisti di questa e delle precedenti edizioni per offrirsi di venire “in solidarietà”, lasciando il compenso per la ricostruzione».
Perché il festival è anche questo, «Costa circa novecentomila euro ma ne porta quattro o cinque volte tanto», sintetizza Remo Bodei, presidente del comitato scientifico, Il progetto iniziale ha saputo assimilare anche il terremoto, che non sarà solo negli scenari, ma diverrà protagonista, per esempio con il grande dibattito sulla ricostruzione che chiuderà il festival, mettendo a confronto il “dopo” emiliano con gli altri dei sismi recenti, l’umbro marchigiano a quello dell’Aquila, o con le macerie che diventano un’installazione, o ancora con le tre macchine industriali esibite come simulacri per ricordare le aziende e i settori produttivi colpiti: il tessile, il meccanico e il ceramico. Qui, fra rovine e case pericolanti parlare di cose - perdute, ritrovate, minacciate - assume d’improvviso in significato più intenso e profondo.
Il programma come sempre è ricchissimo, dalle lezioni magistrali alle mostre, dagli spettacoli ai dibattiti fino alla gastronomia. Circa duecento eventi offriranno quasi tutte le prospettive possibili, partendo da una distinzione, «non pignola ma sostanziale», argomenta Bodei, tra «oggetto, che ha essenzialmente un valore di scambio e d’uso, e cosa, dal latino causa, ciò che ci sta a cuore, su cui si stratificano significati di cui spesso si finisce per smarrire il senso».
«Mai come oggi il mondo è stato saturo di oggetti», nota la Borsari. «e mai come adesso, qui per il terremoto,unpo’ovunqueperlacrisi,èfortelasensazione del rischio della perdita». Tanto più che le cose le perdiamo per mille ragioni, magari perché cresciamo (al festival Silvia Vegetti Finzi parlerà proprio di giocattoli), o perché passa il loro tempo, e la perdita cristallizza, a volte amplifica le emozioni che ci suscitano. Su questo sarà interessante ascoltare la conversazione di Brunetto Salvarani con Francesco Guccini, che ha scritto un Dizionario delle cose perdute, rievocando oggetti scomparsi o divenuti feticci da collezionisti, come «il pompetto del flit o il telefono di bachelite», spiega lui a Repubblica (il video: http://video.repubblica. it/spettacoli-e-cultura/guccini-ecco-il-miodizionario- delle-cose-perdute/89796/88189), «ricordandole senza nostalgia né malinconia, piuttosto con sorniona ironia». Mostrando che rievocarle significa raccontare le persone, in un “come eravamo” che conferma le parole di Protagora: «L’uomo è misura di tutte le cose»