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"DIO NON E’ CATTOLICO" (Carlo Maria Martini). E L’AMORE (Deus CHARITAS est) NON E’ MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus CARITAS est", 2006)!!!

IL PADRE NOSTRO E’ AMORE NON MAMMONA. ROBERTA DE MONTICELLI URLA "BASTA" A MONS. GIUSEPPE BETORI, A BAGNASCO, E ALLA CHIESA CATTOLICA. L’abiura di una cristiana laica - a cura di Federico La Sala

lunedì 6 ottobre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] C’è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull’autorità e non nell’intimità della propria coscienza? “Non siamo per il principio di autodeterminazione”, dichiara mons. Betori, e lo dichiara a nome della chiesa italiana. Ma si rende conto, Monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? E’ possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai - lo dico con dolore - infamia [...]
L’"UOMO (...)

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> I ROBERTA DE MONTICELLI URLA "BASTA" ---- L’ETICA PUBBLICA NON E’ MORALISMO. Pari dignità oltre le "grazie" del corpo (di Roberta De Monticelli).

venerdì 11 febbraio 2011


-  Pari dignità oltre le "grazie" del corpo

-  l’etica pubblica non è moralismo

-  di Roberta De Monticelli (la Repubblica, 11 febbraio 2011)

Sono felicemente accorsa all’appello di Libertà e Giustizia, ed ero con le anime belle del Palasharp, "miserabili" azioniste, come qualcuno ha scritto. Mi ero invece dimenticata di firmare l’appello in difesa della dignità delle donne. Rimedio subito. Ma forse c’è una ragione per cui la questione dell’immagine delle donne sembra passare in secondo piano rispetto al resto di quello che sta succedendo.

Non a caso forse anche due scrittrici che mi hanno preceduto nei loro interventi su questo giornale la prendono un po’ larga, con due bellissime immagini, facendo della donna un simbolo, l’una della verità stuprata quotidianamente, l’altra della nostra povera Italia umiliata e offesa.

Non capisco invece un’acca dell’accusa che altre fanno di "moralismo": questa parola mi sembra la parola più usata a sproposito dell’ultimo mezzo secolo. Questa parola che mezza Italia spara con disprezzo sull’altra mezza, su quella più sconcertata di fronte alle peggiori infrazioni all’etica pubblica che si possano immaginare, perpetrate per di più da uomini (e donne) nel pieno abuso delle loro funzioni pubbliche.

Ma veniamo all’immagine delle donne, e alla ragione per cui una quasi perfino se ne dimentica, di fronte a tutto il resto. Come ha scritto un signore che si definisce "liberale" - e certo anche qui la tolleranza nell’abuso delle parole è degna di nota - noi signore, almeno fino a una certa età, stiamo "sedute sulla nostra fortuna". Lui invece no? Ma si rassicuri, che il sesso maschile resta, a quanto ci raccontano certi primi ministri e i loro prosseneti, affascinantissimo ben oltre quell’età.

Al signore liberale però vorrei chiedere anche se incoraggerebbe sua figlia o sua nipote a far partecipare qualche utilizzatore finale di quella bella grazia su cui siede. Perché immagino che sua figlia o sua nipote, esattamente come lui, vorrebbero essere riconosciute portatrici anche di altri valori e quindi di altre fortune che quella, spesso graziosa e sempre utile, parte del corpo. E dunque sentirebbero un po’ offensivo sentirsi monetizzare in relazione esclusiva a quella parte. Esattamente, suppongo, come lui.

Se invece ci fosse alcuno, un bello stallone poniamo, che umilmente e orgogliosamente rivendicasse la sua stallonità come la sua maggior gloria, e/o la sua miglior risorsa economica, benvenuto stallone: questa sarebbe la sua legittima scala di valori, diciamo così il suo ethos; e siccome è il suo, nessun altro può metterci il becco - nell’esatta misura, s’intende, in cui non lede né il codice penale né il rispetto dovuto a qualunque altra persona. Né, ancora più ovviamente, la diversa scala di valori necessariamente legata a una carica o funzione pubblica. (Orrenda lesione sarebbe certo - ipotesi inimmaginabile! - un primo ministro che praticasse ed esaltasse come sua miglior virtù l’arte dello stallone).

Concludendo: una cosa è che uno senta e scelga i valori del sedere, come la cosa di sé migliore e più preziosa; tutt’altra cosa è che glielo imponga un altro, magari solo per via di generalizzazione illiberale, del tipo: non lo vedete, uomini belli, che state seduti sul vostro vero valore?

Ecco, il problema è tutto qui. Questa domanda era una introduzione elementare al concetto di "avere pari dignità e diritti", cioè al principio che sta alla base non solo della giustizia morale personale, ma anche dell’etica pubblica, e di tutta la serie dei diritti, civili politici e sociali, su cui si fonda una democrazia liberale. Ma se perfino i grandi "liberali", in Italia, questo principio non lo hanno ancora capito, val proprio la pena di scendere in piazza un’altra volta, a ribadirlo.


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