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VIVA l’ITALIA E VIVA LA LEGGE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI ...

ETICA E POLITICA: LA MISURA E’ COLMA!!! CARO BERLUSCONI HAI "STRAVINTO"!!! ORA BASTA: DIMETTITI. Ascolta (anche) le tue figlie!!! Sciogli il partito di "Forza Italia" e restituisci la parola "Italia" al Presidente della Repubblica e al Parlamento - a cura di Federico La Sala

venerdì 7 novembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
(per leggere gli aritcoli, cliccare sulla zona rossa)
1994-2008: LA LUNGA E BRILLANTE CAMPAGNA DI GUERRA DEL CAVALIERE DI "FORZA ITALIA" CONTRO L’ITALIA.
Alcuni documenti per gli storici e i filosofi del presente e del futuro
GRAZIE QUAGLIARIELLO!!! CHE ELEGANTE COLPO DI STATO E CHE SPETTACOLO!!!
ABBIAMO MESSO FUORI CAMPO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NAPOLITANO E TUTTA LA SINISTRA E ORA IL SOVRANO SONO IO.
ABBIAMO VINTO: FORZA ITALIA!!!
ETICA, IMPRESA E POLITICA.
Un accorato (...)

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> ETICA E POLITICA. CARO BERLUSCONI HAI STRAVINTO!!! ORA BASTA: DIMETTITI. --- Se la crisi in futuro dovesse peggiorare e il premier dovesse sempre più confrontarsi con i danni alle sue imprese, riuscirà a non coinvolgere il Paese nel suo conflitto d’interessi? (di Lucia Annunziata).

mercoledì 15 ottobre 2008

La politica ai tempi della crisi

di LUCIA ANNUNZIATA (La Stampa, 15/10/2008)

Due storie emblematiche di questi giorni. Berlusconi arriva a Washington, accolto con grandi cerimonie e affetto dal presidente Bush ma, per la prima volta nella sua storia politica, neanche questo viaggio gli ridà quel ruolo da protagonista che da settimane gli ha strappato il suo ministro Tremonti. Veltroni arriva all’anniversario del Pd, pronto a misurare la sua forza con una manifestazione lungamente attesa e preparata contro il governo, ma la coalizione si spacca sull’opportunità di mantenere l’appuntamento: anche questa discussione sa di prima volta.

Disagi impalpabili, impatti ancora non pienamente visibili, ma segni di come la crisi internazionale, tenuta (forse) fuori dagli sportelli bancari, sia comunque arrivata fra noi. Lo tsunami finanziario ha infatti già strappato la politica nazionale dal suo piccolo orto al di qua delle Alpi, obbligandola a misurarsi con il mondo. Gli effetti di questo shock, sono qui per restare. Il primo colpo si è avvertito sulle proporzioni. Dopo anni di prediche contro il «teatrino» italiano, eccolo finalmente scoperchiato. Quanto più immense le proporzioni del crollo internazionale, tanto più insignificanti gli affari cui di solito la nostra nazione s’appassiona. Meschine le divisioni interne ai partiti, frantumate le grida degli studenti, in polvere le piccanti polemiche sulle capacità dei ministri donna, trivialissima l’impasse fra commissione di Vigilanza Rai e Consulta, sospesa nel vuoto persino la riforma della Giustizia: di fronte al panico vero, buona parte della nostra realtà politica ha rivelato di quanta irrilevanza sia fatta.

Ma la caduta di significato, da cui eventualmente usciremo non appena ci sentiremo più sicuri, ha portato allo scoperto, come la caduta di un telo di protezione, anche alcune debolezze strutturali dei due principali leader politici del Paese. Iniziamo dal premier. Berlusconi è stato colto dal crack finanziario nel momento migliore di tutta la lunga carriera: il 67% di consensi, ministri delegati più che comprimari, alleati tutto sommato in riga. Questi primi mesi di governo sono stati in effetti la consacrazione di quella che era stata finora la sua maggiore debolezza, il conflitto d’interessi. Punita alle elezioni del 2006, la commistione fra politica ed economia è tornata in gloria in quelle del 2007: la vicenda più rilevante nel segnare questa rivincita del conflitto di interessi è stata l’Alitalia, non a caso vissuta in maniera così appassionata, quale la resa dei conti che è stata, da tutti gli italiani.

Il Berlusconi che in campagna elettorale era riuscito a smantellare una proposta di vendita già quasi firmata dal governo in carica per prometterne un’altra migliore è il Berlusconi che ha esercitato in pieno il suo doppio peso come imprenditore e come leader politico; una volta al governo, la realizzazione della nuova cordata promessa è stata poi il trionfo della forza di questo doppio ruolo, in cui la parola del businessman rafforza l’agibilità promessa dal politico e viceversa. Un trionfo ben sottolineato dallo sdoganamento della neutralità degli affari anche da parte di grandi banchieri e imprenditori di fede politica lontana dal Pdl. Sfortunatamente per il premier, lo tsunami finanziario si è incuneato di nuovo proprio in questo suo doppio ruolo: non c’è bisogno d’essere economisti per capire che il leader del Paese che nella crisi vede precipitare anche le sue imprese non è esattamente neutrale nel giudizio né nelle proposte (ricordate la gaffe dei consigli per gli acquisti di azioni?).

Nel momento della crisi i cittadini hanno posto le loro domande non ai banchieri o ai manager, ma allo Stato come pura rappresentanza politica della società, al di là e al di sopra degli affari. È un caso che nella crisi sia brillata la stella del ministro del Tesoro? È un caso che questo ministro si sia distinto, dentro il governo, contro una concezione spregiudicata degli affari? Amato o meno, Tremonti in questi mesi si è collocato come un politico puro e diverso dal suo premier ed è questo che, prima in Italia e poi a Washington, gli è valso la credibilità di rappresentanza. Mentre Berlusconi nella crisi ha avuto peso decisamente minore. È stata ancora l’ex Alitalia, adesso Cai, a indicare questa debolezza ora, come prima la gloria: la crisi finanziaria ha messo in crisi la cordata che con tanta grazia e persuasione il premier aveva assemblato.

Il caso di Veltroni è più lineare. Schiacciato dai numeri in Parlamento e dalla sua crisi interna, il centro sinistra non ha avuto né gran ruolo né successo nel periodo di trionfo berlusconiano. Eppure, anche su queste forze la crisi finanziaria si è abbattuta in maniera crudele, arrivando proprio mentre il Pd lavorava alla lunga e paziente ricostruzione della sua forza e alla manifestazione nazionale indetta il 25 ottobre prossimo. Un corteo contro il governo, convocato - ironia della furia della crisi - proprio mentre la situazione è divenuta così grave da obbligare tutti a collaborare per fronteggiare il disastro. Da dentro il Pd si chiede ora di cancellare il corteo o almeno di cambiarne le parole d’ordine: persino l’atto più semplice, un rituale ben oleato come una sfilata, è diventato un problema. Se non la debolezza, la crisi ha certo accentuato la confusione del centro sinistra.

Rimpiccioliti dal peso del mondo, i problemi di leadership italiani ci lasciano di fronte a una doppia domanda. Se la crisi in futuro dovesse peggiorare e il premier dovesse sempre più confrontarsi con i danni alle sue imprese, riuscirà a non coinvolgere il Paese nel suo conflitto d’interessi? E la sinistra, così presa dal dipanare torti e ragioni del proprio recente passato, avrà mai la capacità di divenire, come la nuova fase richiede, una parte delle istituzioni?


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