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Riassunto della crisi subprime - del prof. Andrea Crobu ("Legalità e Giustizia", Verona)

martedì 11 novembre 2008 di Emiliano Morrone
Northern Rock, nazionalizzata 17 febbraio 2008
La prima corsa agli sportelli della storia delle banche britanniche da 150 anni
Solo il 27% dei fondi proviene da depositi dei clienti: ben il 73% proviene da prestiti a breve termine contratti sul mercato finanziario.
Mutui al 120%
Bear Stearns, comprata da J.P.Morgan
16 marzo 2008
Il suo valore è precipitato da 20 miliardi a 236 milioni $
Esposta con (...)

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> Riassunto della crisi subprime ---- Il mondo ridisegnato dalla crisi... La geoeconomia delimiterà come non mai i confini della geopolitica (di GIAN DOMENICO PICCO)

sabato 10 gennaio 2009

Il mondo ridisegnato dalla crisi

di GIAN DOMENICO PICCO (La Stampa, 10/1/2009)

La crisi economico finanziaria che ha colpito gli Stati Uniti e buona parte del mondo ha già prodotto un cambiamento concreto nella gestione degli affari internazionali. Nei prossimi due o tre anni alcuni Paesi - che oggi si presumono di prima classe - perderanno buona parte del loro peso specifico, non solo in campo economico, mentre altri saliranno dalla serie B alla serie A. Il ruolo più influente a Washington, dopo quello del Presidente, è da sempre affidato al segretario di Stato. In queste settimane s’è visto che non sarà necessariamente così in futuro. Il segretario al Tesoro è già salito al rango di «ministro dei ministri» nel futuro governo del presidente Obama, prima ancora che il suo nome venisse menzionato. Il premier inglese Gordon Brown, per 10 anni ministro delle Finanze di Tony Blair, si è giovato della esperienza finanziaria per gestire il governo.

La geoeconomia delimiterà come non mai i confini della geopolitica, che dopo l’11 settembre 2001 non aveva rivali. Qualcuno dirà che è sempre stato così. Certo non in queste proporzioni. Il livello d’interdipendenza e interconnessione del mondo è stato dimostrato dalla velocità del contagio che ha toccato Borse, monete, produzione e consumi nei quattro angoli del globo. La Russia e l’Iran del dicembre 2008, ad esempio, sono due realtà molto diverse rispetto a giugno: la loro immagine economica e finanziaria è profondamente cambiata, riflettendosi su quella più strettamente politica. Questo vale anche per altri Paesi.

Mentre gli esperti suggeriscono di ridisegnare l’architettura internazionale del sistema finanziario, la riunione del Gruppo dei 20 a Washington a novembre ha inevitabilmente attirato una particolare attenzione. Alcuni pensano che il G-8, e ancor più il G-7, non riflettono più la realtà dell’economia mondiale. Le critiche al G-7 ricordano quelle fatte da anni alla composizione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. La prova del nove del vero cambiamento verrà nei prossimi due o tre anni - al massimo tra cinque - quando potremo valutare quali paesi emergeranno dalla crisi finanziaria con un peso specifico da serie A, e quali con un peso da serie B. In ogni caso la proposta di allargare il G-7 al G-20, e quella di creare un Consiglio di sicurezza con 25 o 30 membri, invece dei 15 attuali, sono tutti segnali che rivelano l’insufficienza delle strutture che oggi esistono, non, a mio avviso, la soluzione da scegliere.

La crisi metterà allo scoperto non solo le insufficienze strutturali della finanza e dell’economia, ma anche la debolezza di diversi sistemi sociali, la gracilità di gruppi dirigenti, il debole senso dello Stato. Rivelerà in modo impietoso che il progetto nazionale di alcuni Paesi è prossimo al capolinea. Pensare a cambi epocali non è facile. Ma gli stati moderni, che emersero come conseguenza della pace di Wetsfalia dopo la Guerra dei trent’anni nel 1648, e vennero poi consolidati dalle Rivoluzioni americana e francese, hanno cicli vitali di diversa durata. Non escludo che dopo questa crisi economico finanziaria l’Europa in particolare possa veder nascere il primo stato post westfaliano.

La globalizzazione - diceva Dominque Moisi - ha iniziato un processo d’indebolimento delle autorità statali, ha alterato il significato di sovranità e di nazionalità, pur incrementando il bisogno d’identità. La percezione che le strutture abbiano una loro vita, indipendentemente dagli individui che le gestiscono, è forse vero per un certo periodo, ma non per sempre. La responsabilità è oggi pesantissima sulle leadership che dovranno gestire i prossimi due o tre anni.

La formula «business as usual» non funzionerà. Quanti dei G-8 saranno all’altezza di farne parte fra qualche anno? Per quanto ancora il sistema accetterà che l’Europa vi sia rappresentata con 4 seggi anziché con uno solo? Un Consiglio di sicurezza di 25 o 30 membri sarà più efficace o più debole dell’attuale più ristretto? L’interdipendenza di tutti gli attori sulla scena mondiale è destinata ad aumentare. Ciò richiederà una flessibilità (vedi i gruppi informali di 5 o 6 che già esistono su vari argomenti di crisi) che le istituzioni rigide non offrono. La crisi economica e finanziaria mondiale sarà molto severa, se non inesorabile, con i gruppi dirigenti incapaci di vedere oltre l’immediato, ingannati e cullati dall’illusione che il futuro sia solo la ripetizione del passato.


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