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EVANGELO E COSTITUZIONE ITALIANA ED EUROPEA. "DIO NON E’ CATTOLICO" (Carlo Maria Martini, Conversazioni notturne a Gerusalemme).

BENEDETTO XVI E IL MAGISTERO DELL’"ICTUS", DEL COLPO MORTALE ALLA CHIESA E ALL’ITALIA. IL "PESCE" ("ICHTHUS") - SENZA ACCA - PUZZA DALLA TESTA, E GIA’ TUTTO IL CORPO GERARCHICO E’ ORMAI "MARCIO"!!! Il teologo Ratzinger, dopo aver tolto la "h" dalla "Charitas" (Amore), ha precisato: "Gesù di Nazaret" si scrive "senza acca". Note - di Federico La Sala

venerdì 5 dicembre 2008 di Federico La Sala
"CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE...
DEUS CHARITAS EST" (1Gv., 4. 1-16). *
CARISSIMI, NON PRESTATE FEDE A OGNI SPIRITO ...
DIO E’ AMORE (1 Gv., 4. 1-16)

(per leggere gli art. seguenti, cliccare sul rosso)
Il libro s’intitola Gesù di Nazaret, che, precisa il Pontefice, si scrive senza acca.
SINODO DEI VESCOVI 2008
TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI (...)

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> BENEDETTO XVI E IL MAGISTERO DELL’"ICTUS", DEL COLPO MORTALE ALLA CHIESA E ALL’ITALIA. ---- GIOVENALE, L’EVANGELISTA GIOVANNI, E IL "PESCE" FRITTO IN PADELLA (di Ilaria Ramelli)

martedì 9 marzo 2010

È san Giovanni il «pesce» fritto in padella da Giovenale?

di Ilaria Ramelli (Avvenire, 09.03.2010)

La IV satira di Giovenale, che ho studiato su Gerión nel 2000, è una critica a Domiziano per un fatto apparentemente ridicolo: una convocazione del Senato per decidere che fare di un enorme pesce recato all’imperatore. La satira è generalmente interpretata come una denuncia dell’oltraggioso trattamento spesso riservato al Senato da Domiziano e delle numerose condanne a morte di illustri membri della nobiltà romana.

Ciò è corretto; tuttavia si è sottovalutato il valore specifico dell’episodio del pesce. Hanno attirato l’attenzione su questo e l’hanno interpretato in senso religioso Deroux e Luisi, il quale ha colto nella satira il riferimento a un episodio storicamente accaduto: Giovenale alluderebbe alla condanna della Vestalis Maxima Cornelia da parte di Domiziano ad essere sepolta viva.

La profonda padella ( testa alta , v. 131) destinata al pesce rappresenterebbe la fossa che accolse Cornelia. Colpisce il ruolo di Pontefice Massimo attribuito a Domiziano e non giustificato dalla decisione sulla modalità di cottura di un pesce.

Tuttavia, la padella per la cottura del pesce non assomiglia alla fossa terragna in cui fu calata Cornelia e il tenui muro del v. 132, proprio perché sottile, non corrisponde alla fossa; non si adattano a Cornelia né il carattere di «straniero» attribuito al pesce ( peregrina est belua, v. 127) né la denuncia al fisco ( res fisci est, v. 55; cfr. vv. 47-56).

Tertulliano sembra illuminare meglio l’episodio riferito da Giovenale. L’apologista nel De praescriptione haereticorum, in un passo in cui ricorda il primato della Chiesa di Roma fra le Chiese cristiane e associa ad essa Pietro, Paolo e Giovanni (36,2-3), offre una breve notizia ignota alla tradizione precedente: Giovanni fu a Roma e vi subì un terribile supplizio, l’immersione nell’olio bollente ( in oleum igneum demersus), dal quale uscì illeso, dopo di che fu relegato in un’isola.

Gerolamo, riferendosi poi allo stesso episodio, attesta che il contenitore dell’olio bollente in cui Giovanni fu calato era una giara di terracotta ( dolium ). La modalità del supplizio, inusitato nel mondo romano, è identica a quella della cottura del «pesce» di Domiziano in un’enorme e profonda padella di terracotta ( patina, v. 133; testa alta, v. 131): così fu l’immersione di Giovanni nell’enorme giara di terracotta piena d’olio bollente.

L’esame della satira evidenzia anche altri elementi che fanno supporre la volontà di Giovenale di riferirsi al supplizio di Giovanni. La vittima è un pesce (un rombo di straordinarie dimensioni: spatium admirabile rhombi, IV 39), e il simbolismo cristiano del pesce, per l’acrostico del suo nome greco, era invalso nel II secolo, quando Giovenale era ancora in vita. Questo pesce viene da lontano, per mare, è «straniero, forestiero» come Giovanni, e approda in Italia presso Ancona (ibidem, v. 40), il che fa pensare a una provenienza dall’Oriente. Non offre resistenza alla cattura (v. 69). A causa degli innumerevoli delatori (vv. 47-48: plena et litora multo delatore), viene recato dal pescatore da Ancona ad Alba (v. 61), dove si trova Domiziano. In questa sezione è massima l’insistenza sui delatori, secondo i quali tutti i «pesci» dell’impero appartengono al fisco.

Supponendo il valore cristoforo del pesce, la delazione poteva riguardare il fiscus Iudaicus, che Domiziano inasprì secondo Svetonio e che pretese di riscuotere anche dagli improfessi qui Iudaicam viverent vitam, i cristiani, che furono così costretti a venire allo scoperto e che vennero accusati di «ateismo» e di «costumi giudaizzanti» secondo Dione Cassio.

Il dibattito sul «pesce» avviene ad Alba: là fu convocato il Senato (vv. 72-73) e si decise la sorte del «pesce». La Porta Latina, ove ebbe luogo secondo la tradizione l’immersione di Giovanni in olio bollente e ove furono eretti la basilica di S. Giovanni in Porta Latina e l’oratorio di S. Giovanni in Oleo, era quella da cui entrava a Roma chi proveniva da Alba. Il Senato dovette decidere del «pesce»; mancava una padella delle dimensioni giuste: sed derat pisci patinae mensura (v. 71); analogamente, il contenitore dell’olio bollente per Giovanni era di dimensioni inusuali. Poiché non si volle tagliare il pesce (v. 130-131), si decise di costruire una padella apposita d’argilla, enorme e profonda (vv. 131-135), identica alla giara dello stesso materiale (il dolium ) colma di olio bollente per Giovanni.


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