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PIANETA TERRA. 1948-2008.....

I DIRITTI UMANI, OGGI, 10 DICEMBRE 2008 - I TRENTA ARTICOLI DELLA "DICHIARAZIONE UNIVERSALE" (1948), COMMENTATI DAL PROF ANTONIO PAPISCA - di don Aldo Antonelli

mercoledì 10 dicembre 2008 di Federico La Sala
SUI DIRITTI UMANI
di don Aldo Antonelli
Oggi, 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, vi rimetto, come promesso, i trenta articoli commentati dal Prof. Papisca in un unico file [cf., qui, in fondo], non senza, però, farvi un augurio e non senza offrirvi citazioni che, tra plauso e criticità, non vi consegnino solo come passivi difensori di diritti in una situazione contraddittoria, che mentre li proclama li nega!
L’augurio
"Qualunque sia la carriera che (...)

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> I DIRITTI UMANI, OGGI, 10 DICEMBRE 2008 ---- Un miliardo di affamati nel mondo. Rapporto shock della Fao: 40 milioni in più del 2007 (di Giampaolo Cadalanu).

mercoledì 10 dicembre 2008

Un miliardo di affamati nel mondo

Rapporto shock della Fao: 40 milioni in più del 2007, colpa della crisi economica

di Giampaolo Cadalanu (la Repubblica, 10.12.2008)

L’aumento dei prezzi ha ridotto la quantità del cibo a disposizione dei Paesi più poveri

ROMA - Mancano solo sei anni, poi finalmente l’ipocrisia sarà svelata: gli Obiettivi del Millennio, la formula-slogan con cui i potenti della terra avevano preso l’impegno di dimezzare la fame nel mondo, non saranno realizzati. Il nuovo rapporto 2008 sulla "insicurezza alimentare" presentato ieri dalla Fao è ormai più un grido di dolore che un allarme. Invece che diminuire, la quota complessiva degli esseri umani sottonutriti aumenta: ora sfiora il miliardo. Il conteggio si ferma a 963 milioni, quasi che la cifra tonda sia un’oscenità insostenibile. Ma anche questo gradino sarà superato presto: l’ultimo salto, pari a 40 milioni di persone, è stato registrato nel solo 2008. Due anni fa erano 115 milioni in meno, nel 1996 erano 832 milioni.

Per salvare gli affamati servono 30 miliardi di dollari l’anno, poca cosa in confronto alle spese per armamenti, o alle somme stanziate per la crisi economica, ribadisce per l’ennesima volta Jacques Diouf, direttore dell’agenzia Onu. Il tema è ben noto, ma stavolta non è un ritornello stantìo. C’è una nota nuova, l’unica, ma significativa. Nel 2009 l’Occidente, e dunque il mondo intero, sarà diverso. Yes, we can: deve valere anche per gli altri, chiede Diouf. Deve allargarsi al pianeta intero la speranza di cambiamento suscitata negli Stati Uniti dall’avvento del primo presidente nero. «Ho chiesto ad Obama di farsi promotore di un’iniziativa per un summit che abbia come obiettivo sradicare la povertà dal pianeta», annuncia il direttore della Fao. Insomma, «possiamo farcela».

L’alternativa è già nel panorama struggente descritto da Jacques Diouf. Il 65 per cento degli affamati vive in soli sette paesi, dice il responsabile dell’agenzia. Nell’Africa subshariana una persona su tre è cronicamente affamata e nei mesi scorsi rivolte per il cibo sono scoppiate in 25 paesi. L’escalation delle emergenze è in parte legata all’andamento perverso dei mercati: quando le quotazioni degli alimentari sono alte, i consumatori più poveri non possono permettersi la spesa. Se invece i prezzi si abbassano, allora sono i contadini poveri a non poter sopravvivere, anche perché le sementi restano care. E con i prezzi alti, i paesi in via di sviluppo non sono stati nemmeno in grado di aumentare la produzione.

Di fronte al disastro, non è più tabù mettere in discussione il modello di sviluppo e contestare il feticcio dell’agricoltura intensiva per l’esportazione. «È urgente aiutare lo sviluppo dell’agricoltura nel Sud del mondo: basterebbe meno di un decimo dei sussidi agricoli ai paesi dell’Ocse», sintetizza Marco De Ponte di Action Aid. Ma oltre ad accogliere i richiami degli esperti e restituire dignità ai piccoli produttori, bisogna intervenire subito dove i meccanismi del mercato stanno stritolando i più deboli: la popolazione di paesi "difficili" come la Corea del nord, lo Zimbabwe, il Congo. Oppure le fasce più basse di altre società: i poveri di città e campagna, i braccianti senza terra, le donne sole con bambini.

È vero che i meccanismi di controllo delle emergenze, con gli interventi del World Food Programme, riescono in genere a togliere dai telegiornali le immagini dei bambini scheletrici coperti di mosche, con la pancia piena d’aria. Ma c’è un’altra fame, che mina le esistenze e sgretola la capacità produttiva, più insidiosa perché meno visibile. Non è quella che uccide in pochi mesi, è quella che nega agli esseri umani un apporto calorico adeguato e dunque schiavizza i pensieri, indebolisce il sistema immunitario, impedisce il lavoro. È quella che nega anche le speranze. E allora? Allora, ripete ancora una volta Jacques Diouf, serve la solidarietà internazionale. «Non ci stanchiamo di pregare, non ci scoraggiamo. È tutta questione di priorità politica».


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