Shakespeare filosofo
di Leopoldo Fabiani (la Repubblica, 07.06.2008)
Il genio di William Shakespeare è stato celebrato, commentato, analizzato in innumerevoli modi. Tra i meno consueti è sostenere la tesi il grande Bardo sia stato anche filosofo. Colin McGinn, studioso di filosofia della università di Miami, formatosi a Oxford, collaboratore della London Review of Books, ha esaminato sei capolavori shakespeariani (Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth, Sogno di una notte di mezza estate e La tempesta) in chiave filosofica e ne ha tratto un libro che negli Stati Uniti ha suscitato molta curiosità e qualche discussione: Shakespeare filosofo. Il significato nascosto nella sua opera, che sarà pubblicato a luglio dall’editore Fazi.
L’idea che sta alla base del libro è che nelle sue opere Shakespeare abbia tentato di dare risposta a questioni squisitamente filosofiche come l’effettiva consistenza dell’"Io", la funzione manipolatoria del linguaggio, il concetto di causa, la possibilità della conoscenza del mondo da parte dell’uomo. E che il "genio senza tempo" sia stato comunque un uomo ben piantato nella sua epoca, influenzato da quanto gli avveniva intorno e attento alle novità.
Secondo McGinn Shakespeare avrebbe conosciuto e sarebbe stato profondamente influenzato dalle opere di Montaigne (il cui saggio sui cannibali sarebbe a tra le fonti della Tempesta), e sarebbe poi approdato a una concezione scettica della vita (che viene dedotta in particolare dall’Amleto).
Anche se l’idea che pensatori come Hume e Wittgenstein siano stati ispirati dal "canone" shakespeariano ha suscitato più di un dubbio, senz’altro il libro di McGinn apre prospettive nuove su un’opera di cui è facile pensare che tutto sia già stato detto.