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La Sala

L’AMORE NON E’ LO ZIMBELLO DEL TEMPO: "AMORE E’ PIU’ FORTE DI MORTE" (Cantico dei cantici: 8.6). Un omaggio a William Shakespeare* e a Giovanni Garbini** - progetto e selezione a cura del prof. Federico La Sala

lunedì 6 febbraio 2006 di Emiliano Morrone
SHAKESPEARE, SONETTO 116
Let me not to the marriage of true minds
Admit impediments. Love is not love
Which alters when it alteration finds,
Or bends with the remover to remove:
O, no! it is an ever-fixed mark,
That looks on tempests and is never shaken;
It is the star to every wandering bark,
Whose worth’s unknown, although his height be taken.
Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks
Within his bending sickle’s compass come;
Love alters not with his brief hours and (...)

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> L’AMORE NON E’ LO ZIMBELLO DEL TEMPO ... --- «Shakespeare filosofo dell’essere». Lotte di potere e profitto: così Shakespeare anticipò Marx (di Sergio Perosa)

lunedì 9 luglio 2012

Lotte di potere e profitto: così Shakespeare anticipò Marx

di Sergio Perosa (Corriere della Sera, 09.07.2012)

      • Il libro: Franco Ricordi, «Shakespeare filosofo dell’essere», Mimesis Edizioni, prefazione di Emanuele Severino, pagine 518, 28

Nell’ampio volume Shakespeare filosofo dell’essere (Mimesis), che presenta da una prospettiva singolare tutti i drammi di Shakespeare, Franco Ricordi, studioso, uomo di teatro e regista, ne fa un grande filosofo: non sistematico, ma nella concretezza teatrale.

La filosofia, intesa come domanda sull’essere e sul non essere, è vissuta nella drammaturgia; parla il linguaggio del teatro, che è specchio e metafora del mondo. Al tempo stesso, o per questo, Shakespeare è epicentro e ispiratore della cultura occidentale; ha rapporti con tutti e tutti strega: illuministi e romantici, Wagner e Verdi, Marx (che vi trova espressa la legge del tornaconto e del profitto) e Freud (che vi trova le basi stesse della psicanalisi).

L’articolazione data ai drammi di Shakespeare, pur suggerendo il senso dei rapporti cronologici fra loro, è geografica, a seconda dei Paesi in cui sono ambientati o a cui sono riferiti. In quelli in rapporto con la Grecia (Troilo e Criseide fra tutti), il drammaturgo rintraccia i fondamenti del teatro là dove nasce la filosofia, l’efferatezza e l’inganno, il senso di ansia, il metateatro e quello che Ricordi chiama il «nichilismo spettacolare» che sarà tipico dei nostri tempi.

In quelli romani, il senso della Storia è motore del discorso politico-religioso, sul potere e sul delitto, ma il suo meccanismo è antifilosofico, succube piuttosto del Destino e delle casualità. Segna il crollo degli ideali e la constatazione pessimistica del proprio fallimento: non si può migliorare il mondo, solo tentare di salvarlo. L’Italia e il Mediterraneo di molti altri drammi sono la culla dell’amore romantico e tragico (Romeo e Giulietta per tutti); vi si mescolano fantasia e realtà, fiaba e conflitti, crisi di identità e angoscia. In quelli di storia britannica (compreso Macbeth) predominano la Storia come azione e distruzione ed il rovesciamento dei valori: significativamente, la sessualità pervade la lotta per il potere e i testi stessi. Il momento massimo e cruciale è in quelli - come Amleto e Misura per misura - legati a una sorta di Mitteleuropa, che preludono alla crisi della filosofia fra ’800 e ’900 e alla «calamità attraente» dell’attuale cultura occidentale.

Da ultimo, drammi come Re Lear e i «romances», Cymbeline e La tempesta, slegati da strette rispondenze geografiche (benché l’ultimo mostri una premonizione dell’America), sono visti come esempi di un Teatro Universale in cui la «filosofia del naufragio» è percorsa da un modernissimo senso di inquietudine e incombente catastrofe, di crisi di identità - quel «io non sono quel che sono» che distingue e ispira i momenti più alti della drammaturgia di Shakespeare. Lì «il Tempo è drammaturgo del mondo» e trionfa il suddetto nichilismo spettacolare. Lì il teatro diventa esibizione di sé, autoriflessivo, ma anche teatro del corpo e dell’assurdo, del perdono e della redenzione.

Ricco di motivi, riflessioni e spunti, appassionato e traboccante di gusto teatrale, il libro ha belle e pungenti analisi dei singoli drammi, prolungate letture da regista-attore. In forma sincretica, ne tracciano un’ampia e convincente campitura. Ci lasciano con uno Shakespeare campione del teatro-mondo e della speculazione filosofica calata ed esaltata sulle scene.


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