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La Sala

L’AMORE NON E’ LO ZIMBELLO DEL TEMPO: "AMORE E’ PIU’ FORTE DI MORTE" (Cantico dei cantici: 8.6). Un omaggio a William Shakespeare* e a Giovanni Garbini** - progetto e selezione a cura del prof. Federico La Sala

lunedì 6 febbraio 2006 di Emiliano Morrone
SHAKESPEARE, SONETTO 116
Let me not to the marriage of true minds
Admit impediments. Love is not love
Which alters when it alteration finds,
Or bends with the remover to remove:
O, no! it is an ever-fixed mark,
That looks on tempests and is never shaken;
It is the star to every wandering bark,
Whose worth’s unknown, although his height be taken.
Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks
Within his bending sickle’s compass come;
Love alters not with his brief hours and (...)

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> LONDRA. Al British Museum mostra sul Bardo e il suo mondo («Shakespeare. Staging the World»).E Shakespeare mise in scena la nuova Inghilterra (di Richard Newbury)

lunedì 17 settembre 2012


-  E Shakespeare mise in scena la nuova Inghilterra
-  Al British Museum mostra sul Bardo e il suo mondo: così la nascente identità dell’isola trovò espressione nei drammi

-  di Richard Newbury (La Stampa, 17.09.2012)

LONDRA Nel 1570-1572 Francis Drake circumnavigò il mondo, proprio come fa Ariel, lo spirito nato dalla fantasia di Prospero, nella Tempesta. Drake non solo ha cambiato il punto di vista sul mondo del pubblico shakespeariano, ma aveva immaginato un Nuovo Mondo. Tornando con la Golden Hind, unica rimasta della sua flottiglia originale di cinque navi di piccole dimensioni, Drake portò al suo investitore principale, la Regina Vergine, Elisabetta I, un profitto del 4700%.

John Maynard Keynes ha calcolato che questo non solo servì a pagare l’agile flotta di navi oceaniche che nel 1588 sconfisse l’Armada spagnola, ma fornì anche il capitale iniziale per la Compagnia delle Indie Orientali, che nel 1612 aveva già infranto l’egemonia portoghese dell’Oceano Indiano. Fu anche per gli investitori di Walter Raleigh la spinta alla colonizzazione della Virginia, bloccando così l’espansione spagnola dalla Florida in su e quella francese dal Quebec in giù, il che significa che questo «nuovo mondo coraggioso» parlava inglese, quindi una lingua così strana che nessun ambasciatore si sarebbe preso la briga di imparare.

Londra non era più «la fine del mondo», ma una città internazionale, un punto d’accesso globale. Nessuna meraviglia che Shakespeare e i suoi compagni investitori chiamassero il loro nuovo teatro The Globe, perché «tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e le donne sono gli attori»: Jacques in Così è se vi pare .

Era sul palco del Globe davanti al rozzo pubblico della platea - i poveri e gli apprendisti che pagavano un penny -, alle classi medie delle gallerie e ai cortigiani che mostravano i polpacci seduti sul bordo del palco, che Shakespeare interrogava queste nuove identità - immaginate, personali, nazionali, commerciali, confessionali, coloniali e razziali - che rimangono al centro del nostro mondo democratico globalizzato e capitalista.

Nell’ambito delle Olimpiadi della Cultura il British Museum ha montato una magica grotta di Prospero, una mostra con cento oggetti e opere d’arte di grande suggestione, insieme con video di scene famose, che idealmente ci mettono in contatto con il mondo di Shakespeare, e in cui riconosciamo le nostre identità nelle loro affinità e differenze («Shakespeare. Staging the World», aperta fino al 25 novembre).

La sete di sangue vista da vicino, e non da un lontano «drone», è una di queste differenze. Il primo oggetto è la testa di un orso segnata da morsi riportata alla luce là dove accanto al Globe c’era un’arena. Henslowe, partner di Shakespeare nell’impresa del Globe, guadagnava due volte tanto dai combattimenti tra cani e orsi oltre che dai bordelli. Quando l’esercito di Malcolm lo accerchia, Macbeth dice cupamente: «Come un orso devo combattere fino alla fine». L’autentico massacro dei traditori infilzati sulle picche sul London Bridge implicava che le viscere e gli occhi degli animali («Via, vile gelatina» in Re Lear) fossero necessari per garantire l’autenticità teatrale. Una spada elisabettiana e un pugnale trovati nei pressi del Tamigi ci ricordano non solo che i giovani Tebaldo (Romeo e Giulietta) venivano uccisi ogni giorno fuori della scena, ma anche che, tra i rivali di Shakespeare, Kit Marlowe fu ucciso con un pugnale e Ben Jonson fu imprigionato per aver ucciso un collega attore con una spada.

Il ritratto secentesco dell’aristocratico ambasciatore moresco della Barberia a Londra solleva interrogativi sull’«altro» nella creazione dell’identità «bianca» e anche sull’identità di Otello: era arabo o nero come i 900 africani che vivevano a quel tempo in una Londra di 200.000 abitanti? Ben inteso, Otello è di sangue reale - come il principe Nelson Mandela, la cui copia di Shakespeare, introdotta di nascosto nella prigione di Robben Island, reca sottolineate e firmate (16.12.79) le parole di Cesare: «I vigliacchi muoiono tante volte prima della loro morte: il coraggioso non assapora la morte che una volta sola. Di tanti prodigi che ho sentito il più singolare a me sembra che un uomo possa averne paura. La morte è una necessaria conclusione: verrà quando verrà» (atto II, seconda scena, 32-7).

La curatrice del British Museum, Dora Thornton, ha impiegato quattro anni per rintracciare gli oggetti, Becky Allen ha costruito il set di una serie di grotte di Prospero, mentre il professor Jonathan Bate di Oxford, il decano degli studiosi di Shakespeare, ha sviluppato il tema molto attuale dell’identità.

In primo luogo c’è la crescente consapevolezza di Londra di essere una città di commerci a livello mondiale come celia Falstaff nelle Allegre comari di Windsor, «esse saranno le mie Indie orientali e occidentali e io commercerò con entrambe». Poi c’è il mondo pastorale della shakespeariana Foresta di Arden, non solo nel Sogno di una notte di mezza estate e in Così è se vi pare, ma anche nella poesia Venere e Adone che rese noto Shakespeare come «il Tasso inglese».

La contea di Warwick era la «campagna» di Shakespeare, dove visse in pensione da gentiluomo. Tuttavia, stava maturando una nuova identità, una nuova idea nazionale di un «paese» come l’«Inghilterra», come si vede nelle opere storiche del Bardo e, soprattutto, nell’ Enrico V. Questo nuovo nazionalismo cerca ispirazione nell’antica Roma, si rivolge a Virgilio e Ovidio, mentre un’Inghilterra appena diventata coloniale guarda al Giulio Cesare. L’ Antonio e Cleopatra di Plutarco era un modo esotico ed erotico di mettere in luce la Regina Vergine attraverso il suo sontuoso opposto: Cleopatra. Anche Venezia era la città commerciale e globale per antonomasia contro la quale la nascente Londra con il suo capitalismo e i suoi immigrati giudei (convertiti) poteva mettere alla prova la propria identità. Shylock nel Mercante di Venezia è rappresentato nel bene e nel male come l’unico capitalista onesto. Venezia confina con il minaccioso Islam e allo stesso modo le sorgenti potenze commerciali atlantiche come l’Inghilterra devono confrontarsi con popoli estranei alla cristianità come con Calibano nella Tempesta.

Nel 1603 l’incoronazione di Giacomo VI di Scozia con il nome di Giacomo I d’Inghilterra, colui che fece della Globe Company di Shakespeare la King’s Company, creò una nuova identità da presentare sul palco: «La Gran Bretagna». Cimbelino e Re Lear esplorano un retaggio pre-anglosassone che è eredità comune britannica. Inoltre, se gli indigeni nudi e tatuati della Virginia erano simili agli antichi inglesi visti dai Romani, col tempo sarebbero potuti diventare come gli spettatori londinesi? Il 5 novembre 1605 il complotto «jihadista» ispirato dai gesuiti per far saltare per aria il Parlamento durante la cerimonia di apertura dei lavori, eliminando così Lord, Comuni, vescovi, giudici e la famiglia reale, tutti riuniti insieme, fu scoperto appena in tempo e saldò in modo irreversibile il protestantesimo all’identità britannica. Macbeth con i temi del regicidio e dell’«equivocità» gesuitica è la risposta immediata di Shakespeare a questo evento che ha sancito l’identità religiosa nazionale.

La tempesta è stata scelta per illustrare il tema dell’identità britannica tanto nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi come in quella delle Paralimpiadi. Per i suoi contemporanei La tempesta, con la sua magica giostra d’identità, fu il più grande capolavoro diShakespeare. Ebbe il posto d’onore nel First Folio delle sue opere stampate raccolte postume dai colleghi scrittori e attori, un onore concesso solo al «cigno di Avon». Era, come scrisse il suo più grande rivale, Ben Jonson, «non di una sola epoca ma per tutti i tempi», anzi «l’anima del mondo» - e la nostra.


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