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"DIO NON E’ CATTOLICO" (Carlo Maria Martini). E L’AMORE ( "CHARITAS") NON E’ MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006)!!!

CIVILTÀ DELL’AMORE E VOLONTÀ DI GUERRA. DOPO GIOVANNI PAOLO II, IL VATICANO SOPRA TUTTO E CONTRO TUTTI. Il "peccato originale" e la "mala fede" antropo-teo-logica di Papa Ratzinger. Una nota di Federico La Sala

martedì 30 dicembre 2008
[...] “Il deserto cresce” (Nietzsche) - in tutti i sensi, e non si può continuare come si è sempre fatto. Non abbiamo tempo, non più né molto. Tutta una mentalità di secoli deve essere messa sottosopra e l’intera società deve essere riorganizzata. Non ci sono altre strade. Bisogna pensare ancora, di nuovo e in altro modo - Dio, uomo e mondo. E a partire proprio da noi, da noi tutti [...]
FILOLOGIA E FILOSOFIA: LEZIONE DI PROTAGORA. "Il frammento (1 Diels-Kranz) suona: (...)

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> CIVILTA’ DELL’AMORE E VOLONTA’ DI GUERRA. ---- Questione femminile e Chiesa cattolica - Un dialogo necessario (di Marinella Perrone)

giovedì 8 marzo 2012


-  Questione femminile e Chiesa cattolica
-  Un dialogo necessario

-  di Marinella Perrone (l’Unità, 8 marzo 2012)

Sono stata invitata a una tavola rotonda che si terrà oggi, l’8 marzo. Il luogo è insolito, una parrocchia romana (San Saturnino), e la prospettiva tutt’altro che retorica. Si cercherà infatti di mettere a fuoco il complesso rapporto tra donne e chiesa cattolica, in particolare negli ultimi 50 anni, a partire cioè dall’apertura del Concilio Vaticano II. L’insieme è per me a dir poco incoraggiante perché da troppi anni, anche nella mia chiesa, se si parla di 8 marzo è per dire che sarebbe meglio non parlarne.

Non so come e perché l’8 marzo è stato fatto slittare da giornata delle donne a festa della donna. Archiviato come residuato ideologico d’altri tempi, resiste stancamente come paccottiglia kitsch asservita ai dettami della commercializzazione. Per quanto mi riguarda, ho cercato di non arrendermi e ho sempre difeso l’8 marzo come segno del diritto a coltivare una memoria, prima ancora che a celebrare una festa, e del dovere, anche da parte delle istituzioni, di pronunciare parole di acquisita consapevolezza storica e sociale, politica e esistenziale.

C’è stato un momento in cui anche le donne cattoliche mettevano l’8 marzo in agenda. Ricordo una grande manifestazione nell’auditorium dell’università pontificia dell’Antonianum, in cui parecchie centinaia di donne cattoliche, religiose e laiche, hanno provato a mandare in scena il “loro” 8 marzo, alternativo a quello festoso e ruggente, delle piazze. Ma la tediosa discussione, del tutto di scuola, in cui si sono prodigate anche molte opinioniste donne per diversi anni ha minato ragioni e scopi di una giornata che aveva il merito di ricordare la nascita delle donne, di tutte le donne, alla soggettualità storico-politica.

Ancora una volta hanno vinto coloro per i quali parlare di donne è inutile se non pernicioso, coloro che esaltano la persona umana, purché non sia “generata”, non sia cioè cosciente di essere nata e cresciuta dentro un sex-gender-system che contribuisce a stabilire la verità e la qualità della sua esistenza pubblica e privata. E poveri extracomunitari che tentano di vendere spenti ramoscelli di mimosa ai semafori sono un’ulteriore forma di oltraggio alle donne.

Nel frattempo, mentre sprofondava vistosamente nella classifica dei Paesi che rispettano e promuovono i diritti delle donne e guadagnava altrettanto vistosamente posizioni per l’inarrestabile crescita del numero degli omicidi di genere, il nostro Paese, insieme alla chiesa cattolica italiana, si proponeva con vigore come baluardo di difesa dei diritti non negoziabili.

Il fatto che da qualche parte si voglia di nuovo provare ad ascoltare le donne non è cosa da poco. Probabilmente ha continuato a succedere in questi anni, magari proprio in alcune parrocchie, e non ha fatto notizia. Oggi il clima, finalmente, sta cambiando, anche nell’informazione. La chiesa cattolica, come anche le altre chiese, non possono sottrarsi a guardare con lucidità al ruolo decisivo che esse hanno giocato per decidere la qualità della vita delle donne, dato che sono state sia formidabili potenziali di emancipazione sia terrificanti luoghi di asservimento. Vale anche per le chiese, in fondo, la domanda: se non ora, quando?


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