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IN UNO "STATO" SONNAMBOLICO, IL CONTINUO RITORNELLO DEGLI INTELLETTUALI ITALIANI. Dal 1994 al 2009: "Gran brutta aria, regime ancora no"!!!

DALL’ILIADE ALL’ODISSEA: ALESSANDRO BARICCO, IL CIECO OMERO DEL "CAVALEONTICO" ULISSE DI ARCORE. Un omaggio critico - di Federico La Sala

lunedì 2 marzo 2009 di Federico La Sala
[...] Oggi, e finalmente, abbiamo un’Iliade (quella riscritta da Baricco: bravissimo, ha colto perfettamente nel segno), all’altezza del nostro tempo e della nostra civiltà. Un’iliade senza più gli Dei e senza più le Dee: è proprio quella che dice bene di noi stessi e di noi stesse - quella del tempo che viviamo e che meritiamo, non quella dei Greci e dei Troiani.
Dice della nostra vita e del nostro tempo - di noi, vivi-morti o morti-vivi, senza nessuna più differenza e senza più senso (...)

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> DALL’ILIADE ALL’ODISSEA: ALESSANDRO BARICCO, IL CIECO OMERO DEL "CAVALEONTICO" ULISSE DI ARCORE. --- Lo "storytelling" di Renzi. Se a scuola non sei Baricco sei out (di Anna Angelucci).

giovedì 11 giugno 2015

Pennac, Baricco e la scuola

di Alain Goussot*

Interessante paragonare le recenti riflessioni dello scrittore francese Daniel Pennac (leggi l’intervista di lejdd.fr) con quelle dello scrittore italiano Alessandro Baricco sulla scuola (tra i diversi interventi recenti leggi qui): il primo punta sull’importanza del desiderio di apprendere, anzi sul piacere di apprendere, addirittura consiglia di non fare entrare gli alunni in classe con ipad, cellulare e pc poiché questi mezzi (da non demomizzare) favoriscono la fuga dall’esperienza relazionale che costituisce il fondamento dell’esperienza educativa, invece Baricco propone quasi il contrario con una scuola che dovrebbe rinnovarsi partendo dal digitale. Pennac si preoccupa della formazione come cittadino consapevole e autonomo, dell’apprendimento possibilità di fare emergere una soggettività critica per combattere la trasformazione dell’alunno in consumatore asservito ad un sistema alienante che uccide ogni capacità di essere per davvero libero.

Baricco afferma che digitale e linguaggio scolastico non s’incontrano evitando tuttavia di ragionare, come fa Pennac, sugli effetti del digitale sullo sviluppo psico-emozionale e neuro-cerebrale del bambino. Non si pone minimamente la questione del rapporto da consumatore che ha il bambino con questi oggetti. Pennac, dalla sua esperienza d’insegnante e anche di alunno “difficile” (vedi Chagrin d’école), vede nella relazione l’essenza del processo educativo - in questo la presenza pervasiva dell’oggetto digitale rappresenta un ostacolo che spinga all’autoisolamento e non all’apertura all’altro -, considera anche l’importanza dell’incontro con l’adulto consapevole e attento pedagogicamente.

Questioni che non sembrano preoccupare Baricco che sembra, alla differenza di Pennac, ignorare i lavori dei neuroscienziati come Lamberto Maffei e Nicholas Carr sull’impatto dell’invasione del digitale nella vita dell’infanzia e della pre-dolescenza: impoverimento emotivo e relazionale, restringimento della sfera cerebrale che gestisce le funzioni del linguaggio e del pensiero, quindi di tutta la sfera cognitiva, una perdita progressiva della capacità di fantasticare e, come hanno scritto il filosofo Bernard Stiegler sui fenomeni di “captazione mentale” e il pedagogista Philippe Meirieu sull’emergere di “nuovi poteri ascendenti” quali sono i media informatici, una incapacità di sublimare e una ipertrofia del volere tutto subito senza riuscire a gestire il tempo dell’attesa e quindi a strutturare quel linguaggio intrapsichico che permette di fornire un senso e un significato a quello che si prova nella relazione con l’altro.

Ci sembra che l’approccio di Daniel Pennac sia molto più profondo e attento all’importanza dell’esperienza relazionale come spazio della crescita soggettiva e come base della formazione di un cittadino consapevole, Baricco affronta una questione importante come quella della presenza del digitale senza tuttavia porsi veramente la domanda del come educare all’uso di questa tecnologia e del come la ricerca di senso, rispetto alla condizione umana e alla propria esistenza in un mondo fatto di diseguaglianze, non possa avvenire a scapito del senso di appartenenza al genere umano e quindi dell’importanza di vivere questa dimensione nel rapporto con l’altro e l’esperienza educativa reale e non virtuale.

Per di più mentre Pennac assume esplicitamente una posizione critica verso i progetti neoliberisti di riforma della scuola che emergono in Francia, sembra che quest’aspetto non interessi più di tanto lo scrittore italiano. Sono due modi di concepire la funzione dello scrittore e dell’intellettuale nella società: quella di Pennac che prende posizione sul piano etico-politico e quella di Baricco che rimane nella sua funzione di specialista della letteratura e basta.

Come lo sappiamo sono due visioni che storicamente (come l’ha ben descritta Gramsci nei suoi scritti sugli intellettuali) caratterizzano l’atteggiamento degli intellettuali francesi che intervengono nella sfera pubblica rispetto alla gestione della polis e gli intellettuali italiani che curano la propria estetica senza sporcarsi più di tanto le mani.

* Comune.Info, 6 giugno 2015 (ripresa parziale)


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