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FESTIVAL DELLA MATEMATICA 2009. Salvare il mondo con i numeri....

ARITMETICA E ANTROPOLOGIA. UNA DOMANDA AI MATEMATICI. Come "è stata possibile un’operazione #matematica ritenuta abitualmente sbagliata: un uomo più una donna ha prodotto, per secoli, un uomo" (Franca Ongaro Basaglia)?!? Non è il caso di ripensare i fondamenti?! Alcune note - a cura di Federico La Sala

giovedì 12 marzo 2009 di Federico La Sala
La cit., nel titolo, è da: Franca Ongaro Basaglia, Donna, in Enciclopedia, 5, Torino, Einaudi, 1978, p. 89.
[...] ROMA come New York e stavolta è proprio il caso di parlare di binomio. La prima sessione del Festival Matematica 2009 si terrà infatti nella Grande Mela, poi nella Capitale.[...]
La terza edizione della manifestazione (sotto il Patronato del presidente della Repubblica, promossa dalla Provincia, prodotta dalla Fondazione Musica per Roma) si avvale ancora della direzione (...)

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> ARITMETICA E ANTROPOLOGIA. --- la nuova edizione del Festival della matematica, al Nuovo auditorium di Roma, dopo una tappa a New York. Il tema è "Creazioni e ricreazioni", ne parliamo con il filosofo Achille Varzi, protagonista negli Usa e a Roma (di Francesco Bolino).

martedì 17 marzo 2009

intervista ad Achille Varzi

Giovedì al via il festival su "creazioni e ricreazioni"

La scienza dei numeri non fa miracoli ma risolve problemi

Giovedì parte la nuova edizione del Festival della matematica, al Nuovo auditorium di Roma, dopo una tappa a New York. Il tema è "Creazioni e ricreazioni", ne parliamo con il filosofo Achille Varzi, protagonista negli Usa e a Roma.

di Francesca Bolino (il Riformista, 17.3.09)

Achille Varzi. La sua natura è cumulativa, mentre nelle altre discipline scientifiche ci sono stravolgimenti e rivoluzioni. I suoi valori? Il rigore e la chiarezza.

Perché continua a funzionare la formula del festival?

In Europa la formula funziona molto bene e direi che negli ultimi tempi funziona bene soprattutto in Italia, dove in pochi anni le iniziative di questo genere si sono moltiplicate con successo, spaziando dalla scienza in senso ampio alla filosofia, all’economia, sino alla matematica. Naturalmente si tratta di capire bene quali siano le ragioni di questo successo, e anche quali siano i rischi di questo modo di fare cultura, ma per ora i numeri parlano di un consenso senza precedenti da parte del pubblico. Può essere sorprendente che la formula funzioni bene anche per la matematica, considerato che in questo settore i temi su cui verte la ricerca sono meno"caldi" e apparentemente meno avvincenti di quelli di cui si occupano discipline come la biologia, la filosofia o l’economia. Ma precisamente questo è il dato interessante su cui riflettere: ogni sorpresa nasconde un errore di valutazione, o un pregiudizio, e il fatto che il grande pubblico abbia risposto con entusiasmo alle precedenti edizioni del festival di Roma deve farci riflettere. Resta da vedere se anche negli Stati Uniti, dove le iniziative di questo genere sono rare, la formula registrerà il successo che si spera.

Secondo lei la formula del festival serve, quindi, a far avvicinare il pubblico ad una materia percepita così austera come la matematica?

Più che dalla materia, direi che il pubblico si sente attratto dal mondo della matematica: un mondo complesso, astratto, per certi aspetti esotico e comunque molto diverso da quello in cui consumiamo le nostre battaglie quotidiane, ma proprio per questo affascinante e seducente. È difficile farsene un’idea a scuola, dove la matematica è una "materia", per di più ardua e austera e solo parzialmente motivata dalla sua utilità sul piano pratico. Tuttavia prima o poi si finisce sempre col chiedersi perché la matematica appaia così diversa dalle altre materie. Le sue verità sono conoscibili a priori, mentre quelle delle scienze empiriche si fondano sull’esperienza e la sperimentazione. La matematica è per sua natura cumulativa, mentre nelle altre scienze il progresso passa attraverso i grandi cambiamenti di paradigma e le rivoluzioni concettuali. La stessa nozione di scoperta matematica è molto diversa da quella a cui siamo abituati in altri ambiti di ricerca, e siamo indotti a pensare che mentre possiamo intervenire anche pesantemente sul mondo fisico e sociale che ci circonda, non possiamo fare nulla per cambiare il mondo dei numeri. Prima o poi queste stranezze catturano la nostra attenzione e la nostra curiosità, proprio come successe al giovane Törless di Musil. E siccome generalmente è difficile trovare il contesto e le parole giuste per parlarne con gli amici e i colleghi, l’opportunità di una vera e propria full immersion non può che risultare attraente, tanto più se accompagnata dalla possibilità di vedere all’opera alcuni dei principali protagonisti del settore.

Pensa davvero che i numeri possano salvare il mondo? O forse possano aiutarci a tenerlo in ordine?

No, non penso proprio che i numeri possano salvare il mondo. Se non ci riusciamo noi, che in questo mondo ci viviamo, figuriamoci le entità matematiche, che invece abitano uno spazio astratto tutto loro. Quello che penso è che la matematica possa darci una mano ad affrontare i nostri problemi in modo razionale e disciplinato. Non mi riferisco semplicemente alla sua utilità pratica, sulla quale peraltro non sarebbe inopportuno insistere: se non facciamo quadrare i conti, è difficile che i nostri progetti diano i risultati desiderati. Alludo anche al fatto che le teorie matematiche costituiscono un modello di rigore e chiarezza che potrebbe (e dovrebbe) guidarci nella messa a punto di qualunque progetto che abbia ambizioni serie. Non solo. Molte teorie matematiche sono il frutto di uno sforzo di astrazione e immaginazione che non conosce confini. Si pensi alle geometrie non-euclidee, all’aritmetica dei numeri transfiniti, allo studio topologico degli spazi multidimensionali. Prima ancora che nella loro immediata utilità pratica, il valore di queste teorie risiede nella sfida intellettuale che esse rappresentano: una sfida a uscire dall’ovvio, a spingerci sino ai limiti dei nostri orizzonti mentali, a concepire come possibile e coerente ciò che a prima vista sembra impossibile e contraddittorio. Tanto più riusciamo a tenere alto questo senso di sfida anche in altri settori (a partire dalla politica e dalle altre scienze sociali), quanto più possiamo sperare di liberarci almeno in parte dal provincialismo mentale che ci tiene imprigionati, impedendoci di vedere la giusta strada lungo la quale indirizzare le energie che vogliamo dedicare a migliorare il mondo.

I numeri però possono essere usati anche per controllare i nostri movimenti: quante volte visitiamo un certo sito? Al supermercato, quante volte compriamo un certo prodotto?

A volte, aziende e governi utilizzano i numeri per prevedere i nostri prossimi movimenti... È vero. Però questo è un problema generale: ogni scienza e ogni derivato tecnologico possono essere usati per scopi anche molto diversi da quelli che inizialmente ne hanno motivato lo sviluppo, e spesso si tratta di scopi che mirano a controllare e quindi a soffocare i nostri movimenti piuttosto che a renderli più liberi. Purtroppo è un rischio con cui bisogna sempre fare i conti. Ma è un rischio che riflette le bassezze del genere umano, non la natura della ricerca. Altrimenti è anti-scientismo bell’e buono.

Insegnare matematica è già un compito difficile. Come dicevamo prima, è importante rendere questa materia meno austera e i festival, forse, sono una via. Ma le recenti polemiche in Italia sul sistema scolastico ci portano in un’altra direzione? Cosa ne pensa?

Qui mi mette in difficoltà, anche perché non operando nel sistema scolastico italiano mi è difficile esprimere un’opinione fondata sull’esperienza diretta. Non credo comunque che il problema principale del sistema italiano risieda nelle tecniche di insegnamento. Semmai si tratta di ripensare le materie che si insegnano, e soprattutto perché le si insegna.

Vogliamo dotare i nostri giovani di cultura, o vogliamo dotarli degli strumenti necessari per pensare con la propria testa e contribuire così al progetto globale a cui tutti siamo chiamati?

Entrambe le cose sono importanti. Ma così come la persona ignorante farà fatica a pensare con la propria testa, inculcare una montagna di sapere nella testa d una persona incapace di pensare serve a poco.


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