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MASS-MEDIA E "MITOLOGIA A BASSA INTENSITA’": COMPLESSITA’ E PARADOSSALITA’ DEL PRESENTE ...

LE TECNOLOGIE DIGITALI E IL LEGAME SOCIALE. IL SECOLO DEI MEDIA. Recensione di Rino Genovese del libro di Peppino Ortoleva - a cura di Federico La Sala

Una lezione a cui qualsiasi sinistra da ripensare e da rifondare non dovrebbe sottrarsi.
domenica 29 marzo 2009
[...] Il cosiddetto legame sociale e’ tutt’altro che spezzato. Al contrario, assume la forma compatta di una cultura nel senso dell’antropologia culturale. Sia pure in una maniera "a bassa intensita’", nel cui ambito e’ previsto un allentamento del carattere imperativo del mito e una certa liberta’
dell’individuo, quello dei media e’ pur sempre un mondo fondato sopra abitudini difficili da scalzare una volta instaurate, come appunto quelle di qualsiasi cultura.
Ortoleva si conferma in (...)

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> LE TECNOLOGIE DIGITALI E IL LEGAME SOCIALE. ---IN MEMORIA DELL’AURA. La questione del digitale nei musei (di Lorenzo Taiuti).

giovedì 28 gennaio 2021

In memoria dell’aura. La questione del digitale nei musei

Con la diffusione della pandemia, i musei devono sempre più veicolare i propri contenuti attraverso le nuove tecnologie. Ma che fine fa la componente fisica dell’opera d’arte?

di Lorenzo Taiuti *

      • [Foto] Christopher Nolan, Inception (2011)

Nel film di Christopher Nolan Inception, travolgente riflessione sul rapporto fra spazio, memoria e sogno, fra architettura e mente, accade che le immagini inizino a tremare, le pareti crollino, la realtà sfugga alle leggi di gravità e si frantumi. La realtà è ricostruita digitalmente, una Realtà/Falso che vive nel sogno (artificiale, drogato) di uno dei personaggi. Quando qualcosa mette in dubbio la struttura narrativa e visiva creata, l’illusione si autodistrugge. Le forme dell’arte d’oggi sono basate su una serie di codici dove il rapporto fra visione e concetto ispiratore del lavoro crea un’architettura fragile, che si rinnova continuamente con elementi sempre nuovi e imprevedibili. Un effetto di “sfocatura” sulla realtà si accompagna sempre all’esperienza di visione di un lavoro creativo.

      • [Foto] I cioccolatini Raffaello prodotti da Ferrero

LA STRATEGIA DEL VIDEO NEI MUSEI

Cosa succede al rapporto opera-utente quando questa percezione avviene attraverso un medium di riproduzione? Sta succedendo in musei e gallerie nel periodo della pandemia. I musei hanno per anni tenuto al minimo la strategia del video, nella sacra paura dei diritti d’immagine, della desacralizzazione dell’opera, della perdita di richiamo del museo quando i suoi contenuti diventano “pubblici”, della perdita di aura e di mistero. Il che vorrebbe dire, però, che la riproduzione delle opere di Raffaello su segnalibri, scatole di cioccolatini, pubblicità di intimo e quant’altro ha stancato l’attenzione del pubblico. La mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale a Roma è stato un successo fra i maggiori. L’oggetto reale resta il punto centrale dell’esperienza estetica.

LA MEDIAZIONE TECNOLOGICA

Il problema è, al contrario, arrivare a costruire un’esperienza mediata dalla riproduzione tecnologica. È un problema di sempre. Il regista francese Henri-Georges Clouzot, nel suo famoso documentario su Picasso, arriva a tradurre l’esperienza statica della pittura in un “time based language” filmando l’atto del dipingere attraverso un vetro. Con i continui cambiamenti e modifiche apportati da Picasso al quadro, quest’ultimo diventava cinema, video, animazione.

Il recente spostamento online di Ars Electronica Festival ha tradotto tutto in video-online con un effetto dominante di “televisione digitale”. Le soluzioni per una virtualità online sono all’inizio, e si ricordano le esperienze della videoarte degli Anni Sessanta e Settanta, che proponevano sia la documentazione (happening, performance) sia l’uso parallelo del video in funzione estetica (come il cinema d’artista), che è un percorso cinetico attraverso idee, immagini e percezioni.

VERSO UN LINGUAGGIO DIGITALE DIFFUSO

Questa ricerca sull’immagine “comunicata” dell’arte si trasforma da “nell’epoca della sua riproduzione” (Walter Benjamin) a “nell’epoca della sua comunicazione”. Nuovi linguaggi comunicativi trasformeranno la testimonianza documentaria in prodotto estetico. Un esempio è il video applicato alla danza contemporanea, la “videodanza” degli Anni Ottanta, che ha portato a significative modifiche linguistiche, facendo aderire il video agli spazi e ai movimenti della danza. Per ultimo, ma non ultimo: quando l’olografia, il 3D e tante altre promesse iniziali del digitale diventeranno linguaggi diffusi? Si apriranno nuove strade.

* Fonte: Artribune, 28.10.2020 (ripresa parziale, senza allegati).


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