In ricordo di don Luisito Bianchi
di Mario Arnoldi
in "Tempi di fraternità" n. 2 del febbraio 2012
Luisito Bianchi è mancato il 5 gennaio scorso, la vigilia dell’Epifania. Era nato a Vescovato, Cremona, nel 1927 e ordinato sacerdote nel 1950. Laureato in scienze politiche a Milano, dapprima era stato insegnante al Seminario vescovile, poi missionario in Belgio, quindi Assistente delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) a Roma, incarico che gli ha permesso di prendere i primi contatti con gli operai e di costatare che l’istituzione Chiesa non realizza una presenza adeguata nel mondo. Finalmente, dopo tante riflessioni e contatti, sceglie la vita di prete operaio ed è assunto nella fabbrica Montecatini di Spinetta Marengo presso Alessandria, dove rimane per tre anni dal ’68 al ’71.
Ogni giorno, quando i turni di lavoro lo permettono, Luisito frequenta la messa vespertina presso la parrocchia del quartiere più povero della città, insieme all’altro prete operaio, Giovanni Carpené, che pure proveniva dal Belgio e col quale condivide l’abitazione. Là ho conosciuto Luisito e Giovanni e con loro si è stabilita un’amicizia feconda. Io ero più giovane e ascoltavo le loro parole e la loro esperienza come un insegnamento particolarmente ricco. La mia amicizia con i due preti operai ha poi preso vie parallele e autonome.
Luisito, dopo i tre anni in fabbrica, si riavvicina alla sua Vescovato, continuando per qualche tempo a lavorare come aiuto benzinaio e come infermiere; poi si ferma all’abbazia di Viboldone, a sud-est di Milano, dove vive la seconda fase della sua vita come cappellano, nella riflessione, nella scrittura narrativa poetica e nella frequentazione di amici delle varie tappe della sua esistenza. che tanto hanno ricevuto da lui, e che, insieme con le Suore Benedettine, costituiscono la sua famiglia umana e spirituale. All’abbazia Luisito compie quasi una revisione e interpretazione delle tante esperienze compiute.
Sono stato a volte a trovarlo e sempre mi ha accolto con amicizia sincera. Mi ascoltava e
le sue parole erano di comprensione, di conforto e illuminanti.
Luisito Bianchi vive la sua vita non come un susseguirsi di avvenimenti giustapposti, sia pure
significativi, ma come la manifestazione quotidiana di un flusso continuo che chiama "gratuità",
una variazione significativa della grazia, della misericordia e del dono di Dio verso l’uomo e la
donna, l’umanità, la Chiesa. E in questo flusso di gratuità di Dio siamo tutti chiamati a inserirci,
donandoci a nostra volta verso tutto quanto ci circonda. "Avete ricevuto gratuitamente,
gratuitamente date" (Matteo 10,8). "La gratuità (nella vita) e nel ministero - dice in un suo scritto
è un tema da infinite variazioni, almeno una per ogni giorno, perché ogni giorno si presenta con
un nuovo cesto di doni sconosciuti da svuotare, un canone all’infinito".
Testimoniano questa ricerca, o meglio questa sua impostazione di vita, i suoi libri sul lavoro Sfilacciature di fabbrica, 1970, riedizione 2002 e Come un atomo sulla bilancia, Morcelliana, Brescia, 1972, riediz. Sironi, Milano 2005, storia di tre anni di fabbrica. Luisito pensa che il lavoro di fabbrica per un prete sia un mezzo di sostentamento per non cadere nel commercio dei sacramenti e degli strumenti di fede. Il romanzo che lo ha reso celebre raggiungendo il grande pubblico è La Messa dell ’uomo disarmato, 1989, riediz. Sironi, Milano 2003, in cui narra e intende la resistenza partigiana come la Parola e la gratuità che si sono fatte storia. E ancora i testi in cui affronta direttamente il nucleo del tema come Dialogo sulla gratuità, Morcelliana, Brescia, 1975, riediz. Gribaudi, Milano, 2004. Tanti altri scritti, ed anche piccole perle di musica, che egli a volte componeva per diletto, narrano il diffondersi delle infinite variazioni della gratuità.
All’abbazia di Viboldone sabato scorso, giorno successivo all’Epifania, ho partecipato alla liturgia di addio a Luisito. Sono stato coinvolto dalla grande partecipazione, composta e commossa, di amici ed estimatori, di tanti preti concelebranti e del vescovo di Cremona che presiedeva. Due momenti mi hanno colpito particolarmente. All’inizio della liturgia il prete operaio Giovanni Carpené ha depositato sulla bara la tuta blu di lavoro di Luisito, come lui stesso aveva chiesto fosse fatto. Il gesto ha suscitato grande emozione. E poi l’omelia del celebrante ha ricordato la gratuità motivoconduttore della sua vita. Non è vero, ha affermato, riprendendo un detto di Luisito, che l’Epifania, cioè la manifestazione della gratuità divina, tutte le feste porta via, la vita infatti è costellata di epifanie, sino all’ultima, quando si incontra Dio, la fonte di ogni gratuità.