Nietzsche ritiene che è un errore considerare cristiano colui che ha fede nella redenzione ad opera di Cristo; non é la fede ma "la pratica cristiana" non un "credere" ma un "fare", un "diverso essere" a rendere l’uomo un cristiano. Sarebbe pertanto Paolo l’inizo della fine della cristianità autentica, colui il quale "incarna il tipo opposto del buon nunzio, il genio in fatto di odio, di inesorabile logica dell’odio".
La dottrina della resurrezione, Gesù offerto come vittima per la remissione dei peccati, laddove Gesù aveva abolito il concetto di colpa, aveva smentito ogni abisso tra Dio e uomo. Gesù realizzò una prassi di vita laddove i primi cristiani predicarono una fede che divenne dottrina. Un rituale senza partecipazione autentica. La logica di Paolo sarebbe nel suo cinismo, non solo causa del tramonto della figura di Gesù, ma anche affermazione di una immagine dei sacerdoti che, utilizzando idee, simboli, riti, "tiranneggiano masse, formano greggi". In questo modo collocando il peso della vita non nella vita stessa ma nell’al di là, nel nulla, veniva tolto alla vita in generale il suo peso.
Per Nietzsche Gesù non muore per redimere gli uomini, ma per insegnare loro un modo autentico di esistere ed è questo un modo nuovo di essere cristiani. Tuttavia a Gesù egli sembra preferire Dioniso. La morte sulla croce e infatti per Nietzsche espressione di un fallimento della vita laddove in Dioniso mutilato egli scorge la vita che continuamente si riproduce e cresce nell’esaltazione tragica. Dioniso è anche espressione di un politeismo degli dei affermato al posto dell’unico Dio...