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LO SCAMBIO SIMBOLICO E LA MORTE (J. Baudrillard). LA CAVERNA PLATONICA E UNA MACCHINA PER NARCISO, LA FOTOGRAFIA ....

"OMBRE ET PHOTO": IN ITALIA, NELLA PRIMA REPUBBLICA "PLATONICA" A LUCI ROSSE E A CIELO APERTO. UNA GRANDE LEZIONE (E GLI SCATTI) DI BAUDRILLARD. Una mostra a Reggio Emilia - a cura di Federico La Sala

Il testo, inedito per l’Italia, è la base teorica su cui la vedova del filosofo, Marine, ha allestito la mostra fotografica che si inaugura oggi a Reggio Emilia
giovedì 30 aprile 2009 di Federico La Sala
[...] Vi è qui invece un errore totale sulla ripresa e sull’essenza dell’immagine, considerata uno stereotipo oggettivo. Infatti non si tratta affatto di una registrazione, ci sono tante cose che fotografiamo mentalmente, senza necessariamente usare una macchina fotografica (del resto le più belle sono forse quelle che avremmo potuto fare in sogno, ma, ahimè, non avevamo la macchina!). È di una visione fotografica del mondo che si tratta nella fotografia, una visione del mondo nel suo (...)

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> "OMBRE ET PHOTO". --- FOTOGRAFIA. “Tra cielo e terra” di Claudio Beorchia, un racconto del territorio lombardo visto dagli "abitanti" delle edicole votive (di A. Beltrami).).

martedì 31 dicembre 2019

Fotografia. I santi nei "tabernacoli" di strada: così "vedono" il paesaggio

Al Mufoco di Cinisello Balsamo il progetto di arte partecipata “Tra cielo e terra” di Claudio Beorchia è un racconto del territorio lombardo visto dagli "abitanti" delle edicole votive

di Alessandro Beltrami (Avvenire, venerdì 27 dicembre 2019)

      • [Foto] “Santi che guardano il lago”, Pietro Sala; - Museo di Fotografica Contemporanea, Cinisello Balsamo

In Lombardia si chiama santella, in Toscana tabernacolo e marginetta, nel Veneto è capitello, in Piemonte pilone e in Emilia-Romagna maestà. E l’elenco potrebbe continuare scendendo per tutto lo Stivale: sono i termini che designano le edicole votive che ospitano immagini sacre - santi, Madonne, Crocifissi... - diffusi in tutta Italia. Immagini oggetto di sguardi: ma a loro volta cosa guardano?

«Nel 2014, durante una residenza in Sicilia, nel Val di Noto, cercavo un modo diverso per raccontare il territorio. Passeggiavo per le vie e mi sono reso conto di sentirmi un po’ osservato da santi in decine di nicchie. Ho provato a mettere la fotocamera davanti ai loro occhi, e ho capito che non osservavano me ma il paesaggio che avevano di fronte».

A raccontarlo è l’artista Claudio Beorchia, che dall’esperienza ha creato un progetto (“Di fede osservante”) sviluppato anche in altre zone d’Italia e che si è poi evoluto in “Tra cielo e terra”, progetto di fotografia partecipata a cura di Matteo Balduzzi presentato fino al 1 marzo al Museo di Fotografia Contemporanea (Mufoco) di Cinisello Balsamo.

Grazie al coinvolgimento di nove musei sparsi su tutto il territorio lombardo, è stato rivolto l’invito a fotografare il paesaggio lasciando da parte il proprio “estro” ma mettendosi dal punto di vista dei santi. Tra maggio e settembre scorsi hanno risposto all’appello quasi trecento persone, che hanno inviato le immagini di 2.911 santelle: «Una risposta che ha superato ogni nostra aspettativa - commenta Balduzzi, impegnato da anni con il Mufoco in importanti progetti di arte pubblica - Il successo, a nostro avviso, ribadisce quanto un certo tipo di arte sia ancora capace di affrontare in modo semplice e giocoso questioni universali e testimonia una volta di più l’esistenza di una domanda di spazi di riflessione e sperimentazione estranei alle logiche di mercato e di consumo, anche soprattutto da parte di cittadini che vivono in territori sempre più esclusi da quell’accumulo di capitale, opportunità e sapere che si concentrano nelle grandi aree metropolitane».

      • [Foto] “Il Crocifisso del parcheggio”, Giovanni Fossati - Museo di Fotografica Contemporanea, Cinisello Balsamo

Il progetto, come spiega Balduzzi, incrocia una doppia tradizione italiana, quella della fotografia di paesaggio e la pratica concettuale del mezzo fotografico avviata da Franco Vaccari; il risultato è un doppio repertorio: del paesaggio lombardo e delle edicole votive (persino delle loro forme, spesso curiose e sorprendenti). Le quasi tremila immagini costituiscono un archivio soggettivo e partecipativo, necessariamente non scientifico (mancano i presupposti di base perché l’indagine abbia valore statistico, per quanto la sua restituzione volutamente giochi con la tassonomia e l’enciclopedia) e allo stesso tempo di forte valore antropologico e religioso.

La maggior parte delle edicole si trova in campo aperto, nelle varie declinazioni della geografia lombarda, dai monti ai laghi alla pianura. Ma non mancano borghi storici e quartieri recenti, cantieri e parchi gioco, case popolari e giardini. È una panorama che va oltre il paesaggio “santino” della veduta cartolinesca (genere che non è destinato a finire con la scomparsa del suo supporto, ma è anzi rivitalizzato da smartphone e social network) ma anche oltre quello “dannato” della super-urbanizzazione.

C’è qui la quotidianità di un habitat frammentato - tra natura e storia, capannoni e boschi, sentieri e incroci a raso - ma famigliare. Una quotidianità che è condivisa da uomini e santi: «Certo, probabilmente le persone hanno preferito andare in giro per i monti invece che per la periferia di Brescia - commenta Beorchia - come altrettanto probabilmente la densità di queste edicole è superiore in certe aree rispetto alle periferie di più o meno recente urbanizzazione. Ma queste edicole sono diffuse ovunque. In alcuni casi sono così importanti da dare il nome a località, frazioni, vie. L’occhio abitudinario tende a sottovalutarle ma quando entri nella prospettiva è impossibile non vederle».

      • [Foto] "San Domenico di Via Tartini", Alberto Panzani - Museo di Fotografica Contemporanea, Cinisello Balsamo

Quello che emerge chiaro è che le santelle hanno una loro vita. «Alcune sono costantemente attive, venerate e curate, altre ormai appaiono dimenticate. Ma questa forma di devozione è un fenomeno che non conosce stasi. Nascono sempre nuove edicole e vengono collocate nuove statue, spesso di santi “nuovi” come padre Pio».

Il progetto viene restituito attraverso la mostra e il libro Saintscapes ( Viaindustriae, euro 35,00) che, con un formato che incrocia il dizionario, le guide rosse del Touring e la Bibbia, raccoglie in 700 pagine oltre un migliaio di immagini. «Mostra e volume sono simmetrici. Al piano terra del museo - spiega il curatore - c’è in sintesi tutto il progetto: il materiale informativo preparato in itinere, i testi, una postazione con la mappa interattiva della Lombardia con tutte le 2.911 santelle e che al termine della mostra sarà disponibile online. Il libro presenta negli indici tutte le santelle con titolo, autore, luogo, gps, altitudine. Si passa poi a un primo livello di selezione, operata dall’artista che ha predisposto dieci categorie sulla base delle iscrizioni riportate sulle edicole. Si tratta di 800 casi nel volume e di oltre un migliaio in mostra, che presentano affiancati il paesaggio e il santo. L’ultimo livello presenta circa ottanta tavole con la sola visuale del santo: qui le immagini sono sagomate secondo la foggia originale dell’edicola.

Tutto il processo, in cui la componente ludica non è secondaria, secondo Balduzzi «ha evidentemente rappresentato per le persone un’alternativa alla visione ipersemplificata dei luoghi e all’immediatezza, autocompiacimento e individualismo che spesso connotano l’uso dell’immagine sui social media. Allineare il proprio sguardo a quello delle immagini sacre - in qualche modo assoluto, trascendente - ha inevitabilmente generato una temporalità sospesa rispetto ai ritmi incessanti e frammentati della vita di tutti i giorni, recuperando consapevolezza della dimensione ancestrale e sacrale, tanto dei luoghi quanto dell’atto di guardare».

      • [Foto] “Madonna con Bambino nel Parco di via Negrelli”, Mario Gabrieli - Museo di Fotografica Contemporanea, Cinisello Balsamo

D’altronde questo è un progetto che insiste costantemente sullo slittamento. Osserva nel suo testo in catalogo don Umberto Bordoni: «Oggi furtivamente altri occhi, elettronici o digitali, scrutano lo spazio urbano, pubblico e privato: videocamere, smartphone, sistemi di controllo e di tracciamento, apparecchi discreti ancorati agli edifici o sospesi in altezza registrano giorno e notte lo scorrere della vita. Quello dei santi è uno sguardo diverso, legato alla figura umana, confidente e benevolo: la serenità e il senso di protezione che ispira è lontano dalle dinamiche di estraniazione e di curiosità, se non si sorveglianza e di punizione, degli attuali dispositivi di sicurezza. Sarà che ogni immagine sacra è frutto di una grazia ricevuta, di un voto, di una relazione fiduciale che ne spiega l’origine e non smette possibilmente di replicarsi nelle attese e nelle invocazioni dei passanti».

Mostra e volume costituiscono dunque un racconto stratificato: quello del rapporto tra uomo e territorio (e tra sacro e paesaggio) e quello della costruzione di un’azione comunitaria. Se la “nuova centralità della periferia” è più in voga come slogan che come pratica reale, i progetti di Balduzzi e del Mufoco mettono invece in luce la potenzialità (ma anche le quotidiane difficoltà) di un lavoro decentrato. «La cosa bella di questo lavoro - sostiene Beorchia - va ben oltre le fotografie prodotte, ma sta nel fatto che 250-300 persone sono uscite, sono andate in giro, si sono guardate attorno con occhi nuovi. L’oggetto dell’opera è stato avere cambiato il loro modo di vedere».

Balduzzi mette in guardia sul modo stesso di guardare queste fotografie: «Si tende sempre a mettere nell’arte un tasso di determinismo. La fotografia resta un oggetto muto, autoreferenziale. Quello che vuoi far dire alla fotografia è comunque una costruzione culturale. Le immagini fotografiche non dicono nulla di univoco, di assertivo. Aprono a possibilità: è la parola a dire. La fotografia è uno straordinario sistema di innesco di riflessioni. Queste immagini di santi e di paesaggi sono strumenti. Pensiamo ai lavori di Hamish Fulton, che cammina per giorni e giorni in montagna e poi presenta una sola fotografia. Perché è emozionante? Per quello che c’è in quell’immagine? Certamente no: perché ci immaginiamo l’artista che ha camminato da solo per un mese, ascoltando il vento. Di queste immagini la parte che emoziona non è la forma ma l’elemento immateriale, innimaginabile. Sono i segni di centinaia di persone che hanno attraversato il paesaggio, macinando migliaia di chilometri, senza una ragione “seria”, funzionale. È un’opera che sta quasi più nella land art che nella fotografia».

      • [Foto] Madonna di Lourdes delle campagne”, Claudio Beorchia - Museo di Fotografica Contemporanea, Cinisello Balsamo


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