«Critico il Platone di Reale il marxismo non c’entra»
Vegetti: è essenziale l’autonomia dei dialoghi
di Antonio Carioti (Corriere della Sera, 04.01.2014)
Mario Vegetti non è soltanto autore di importanti studi sul pensiero classico, tra cui L’etica degli antichi (Laterza, 1989) e Quindici lezioni su Platone (Einaudi, 2003). Ha pubblicato anche nel 2004, per la collana «Autentici falsi d’autore» dell’editore Guida, un libretto in cui immaginava l’ipotetico dialogo tra Socrate e uno straniero giunto da Treviri (leggi Karl Marx), contenuto in un inesistente XI libro della Repubblica di Platone. Se a ciò si aggiunge che è stato anche curatore del volume Marxismo e società antica (Feltrinelli, 1977), Vegetti rientra perfettamente nella categoria dei cattedratici orientati ideologicamente a sinistra che Giovanni Reale, nell’intervista apparsa ieri sul «Corriere», ha accusato di aver avversato in ogni modo il suo nuovo paradigma interpretativo del pensiero platonico.
Che cosa pensa della denuncia di Reale?
«È normale che la comunità scientifica sia divisa su temi di estrema complessità. Reale ha elaborato una sua particolare interpretazione di Platone, del tutto rispettabile, che ha sostenuto con vigore e con vasti lavori di ricerca, ma non è condivisa dalla maggioranza degli studiosi, né in Italia né all’estero. Il fatto che abbia trovato ostacoli e difficoltà non ha nulla a che fare con il presunto boicottaggio di professori marxisti intolleranti verso i colleghi cattolici come Reale, ma dipende dall’esistenza di forti dissensi riguardo alle sue teorie».
Però fa specie che un programma di ricerca presentato da uno studioso di spicco come Reale non abbia a suo tempo ottenuto i finanziamenti pubblici che chiedeva.
«È capitato anche a me che alcuni miei progetti fossero bocciati da commissioni esaminatrici, ma non per questo ho pensato di bandire crociate contro gli autori cattolici o heideggeriani. Ho preso atto che i colleghi addetti alla valutazione non la pensavano come me».
Perché sono così controverse le tesi di Reale sulla «dottrina non scritta» di Platone?
«Esistono alcune testimonianze di Aristotele secondo cui Platone avrebbe insegnato una dottrina che non è contenuta nei suoi dialoghi giunti fino a noi in forma scritta. Tale dottrina ha un carattere fortemente metafisico: in sostanza consiste nel far derivare l’intera realtà da due princìpi supremi, l’Uno e il Molteplice, che poi, per dirla in modo schematico, corrispondono rispettivamente al bene e al male. Secondo me è plausibile che Platone si sia espresso in questo senso discutendo con i suoi allievi. Ma dire che i dialoghi nel loro complesso sono semplicemente un preambolo rispetto alla dottrina metafisica è assolutamente riduttivo. E impoverisce in modo inaccettabile la comprensione del pensiero platonico».
Quindi l’oggetto del contendere è il rilievo da attribuire ai dialoghi.
«Il problema di fondo è la loro autonomia, il loro pieno valore filosofico. Essi contengono a mio avviso una ricchezza enorme di pensiero, che merita di essere studiata di per se stessa: non possono essere concepiti come una sorta d’introduzione alla dottrina non scritta».
Reale però, nell’intervista al «Corriere», ha sostenuto che «tenendo fermo il principio dell’autonomia dei dialoghi, si può dimostrare tutto e il contrario di tutto».
«Mi sembra francamente un modo di esprimersi un po’ rozzo. I dialoghi sono messe in scena di discussioni su temi filosofici. Quindi rappresentano per loro natura una pluralità di prospettive. Ma il punto è che non è necessario attribuire a Platone (e del resto a nessun altro pensatore) un sistema metafisico chiuso e compatto. Il suo è un insegnamento molto articolato. Colgo invece nell’atteggiamento di Reale un’ansia di riduzione metafisica del pensiero platonico a un’ultima verità che non si può più discutere. Ma, come lei vede, in tutto questo il marxismo non c’entra niente».
I principali studiosi italiani di Platone non seguivano un tempo quell’indirizzo?
«Non è vero, ce n’erano parecchi di matrice idealista. Margherita Isnardi Parente (scomparsa nel 2008) si opponeva tenacemente a Reale, ma era di formazione crociana e aborriva il marxismo. Oggi d’altronde è dall’estero, specie dall’area anglosassone, che giungono le maggiori critiche all’opera di Reale: da studiosi come l’inglese Christopher Rowe, il francese Luc Brisson, il tedesco Michael Erler. Tutti autori completamente estranei al marxismo».