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PER IL ’68 E LA RIPRESA DELLA SUA LEZIONE CRITICA. Siamo "una società senza padre" - da "sempre"!!! I nostri "padri" sono stati sempre "uccisi" - a cominciare da Giuseppe, il padre di Gesù!!!

EMERGENZA EDUCATIVA: "ADDIO AI PADRI", VIVA IL GOVERNO DEI "PAPI"!!! Una nota (2007) di Ernesto Galli Della Loggia - a cura di Federico La Sala

Un modello "sacro" di famiglia (l’ordine simbolico di Mammasantissima - l’alleanza della Madre e del Figlio e con il "loro" dio) detta legge da duemila anni e rende ancor più grave la crisi!!! La classe politica italiana ha tradito la propria missione...
sabato 30 maggio 2009 di Federico La Sala
[...] nel tardo XX secolo i giovani siano divenuti i fruitori/apostoli di tutte le maggiori novità tecnico-scientifiche e in genere della massiccia innovazione sociale, acquisendone per riverbero il prestigio e un profondo sentimento di autonomia. I padri, invece, sono andati inevitabilmente perdendo, di pari pari passo, il senso culturale del proprio ruolo e dei valori ricevuti e la sicurezza in se stessi. Tutto ciò è specialmente vero per l’Italia perché in Italia la cultura dei padri era (...)

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> EMERGENZA EDUCATIVA: "ADDIO AI PADRI", VIVA IL GOVERNO DEI "PAPI"!!! --- Giovani e adulti, tutti narcisi.... Per la psicologa Eugenia Scabini ... quest’emergenza sembra riguardare di più gli a­dulti che i giovani (interv. di Enrico Lenzi).

giovedì 28 maggio 2009

intervista

Per la psicologa Eugenia Scabini «oggi i genitori si riflettono nei figli, quasi fossero la loro prosecuzione, rompendo la tradizionale alleanza formativa con il sistema scolastico»

Giovani e adulti, tutti narcisi

«La nostra società vive un individualismo narcisistico: gli stessi adulti non sono capaci di avere valori condivisi, ma vanno alla ricerca del successo immediato, della facile realizzazione»

DA MILANO ENRICO LENZI (Avvenire, 28.05.2009)

Adulti « narcisisti », incapa­ci di svolgere il proprio ruolo di genitori. Ma an­che una società « che spinge ver­so un individualismo narcisi­sta » . Per Eugenia Scabini, do­cente di Psicologia sociale della famiglia e preside della facoltà di Psicologia dell’Università Cat­tolica di Milano, è il terreno fer­tile su cui cresce l’emergenza e­ducativa.

Da molto tempo si parla della necessità di un’alleanza scuola­famiglia e realtà educative per farvi fronte. Siamo ancora al­l’allarme o vi sono segnali di in­versioni di tendenza?

« In primo luogo ritengo positivo che si sia lanciato l’allarme e preso coscienza del problema. Se da un lato c’è un grande con­senso sull’allarme, dall’altra, però, si assiste a un palleggio di responsabilità tra le varie com­ponenti: ognuna attribuisce al­l’altra la responsabilità, ma nes­suna si chiede quale sia la pro­pria parte per porvi rimedio ».

E chi finisce principalmente sul banco degli imputati?

« Direi la famiglia. In parte ci possono essere delle ragioni, ma appare il capro espiatorio di un aspetto più ampio. Di certo la componente sociale sembra chiamarsi fuori dal gioco delle responsabilità ».

Uno scaricabarile, dunque?

« Il fenomeno che stiamo analiz­zando, l’emergenza educativa, è espressione di un individualismo narcisistico, che è la causa culturale del problema. Anche la famiglia non sfugge a questo fe­nomeno, ma è l’intera società, il mondo degli adulti a esserne af­fetto. Oggi i genitori, rispetto al passato, continuano a vedere considerare i figli come una pro­secuzione di se stessi, ma man­cano della capacità di conside­rare i giovani come una genera­zione da promuovere e lanciare nel futuro. Al contrario sem­brano considerarli dei com­petitori ».

Quali sono i segnali di que­sto fenomeno?

« In passato i genitori avevano la percezione chiara che i figli fos­sero comunque delle persone a se stanti. Oggi, invece, i genitori si riflettono nei figli, ci si rispec­chiano, proprio come faceva Narciso nella propria immagine nell’acqua. Un esempio? Fino a qualche decennio fa l’insucces­so scolastico veniva vissuto dai genitori come una carenza o lo scarso impegno del figlio. Oggi è vissuto come un fallimento ge­nitoriale. Nel passato esisteva u­na alleanza tra adulti, genitori e docenti, che, nel rispetto dei ruoli, condividevano la respon­sabilità di aiutare il giovane a raggiungere una meta » .

Mentre oggi, come disse l’allora ministro Fioroni, i genitori si trasformano in sindacalisti dei propri figli?

« Appunto. Mi rispecchio in mio figlio e se non riesce a scuola, io difendo mio figlio, perché in questo modo difendo me stesso. Il tutto in un prolungamento narcisistico ».

Cosa ha scatenato tutto questo?

« È quello che ho chiamato indi­vidualismo narcisistico, di cui la società è avvolta. Abbiamo una generazione adulta che non è capace di avere valori condivisi, ma è alla ricerca di una felicità a buon mercato. Sono adulti che puntano al successo immediato, alla facile realizzazione. E que­sto lo vediamo anche nei giova­ni ».

Ma è possibile individuare il momento nel quale si è rotto il meccanismo che in passato re­golava il rapporto tra le genera­zioni?

« Penso che siano cambiamenti epocali. Possiamo parlare della caduta di identificazione nei grandi valori comuni. E anche di una secolarizzazione della so­cietà: io sono al centro del mon­do e non c’è un Essere superio­re, come avviene nella visione religiosa della vita. E se manca­no valori comuni e il senso di partecipazione a un progetto comune, vengono meno anche i legami con gli altri. Ritorniamo all’individualismo narcisistico, che porta a una separazione netta tra gli adulti anche in cam­po educativo ».

Cioè la famiglia da una parte e la scuola dall’altra?

« C’è un equivoco di fondo in cui la famiglia cade. Quest’ultima prima viene vista sotto un profi­lo privatistico, che non ha inte­resse dal punto di vista sociale, ma poi le viene attribuito il diffi­cile compito di affrontare l’e­mergenza educativa da sola, pri­vandola di alleati. Esiste invece, a mio avviso, una responsabilità educativa della società intera, di tutti gli adulti. La trasmissione tra generazioni coinvolge tutti gli adulti ».

Insomma quest’emergenza sembra riguardare di più gli a­dulti che i giovani.

« I giovani riflettono quello che vedono negli adulti. Entrambi sono accomunati dall’identifi­carsi con un successo individua­le a breve termine, inseguire una fama a buon mercato: tu vali nella misura in cui diventi molto noto. Si identifica con l’immagi­ne grandiosa di sé. C’è una spet­tacolarizzazione dell’identità e delle relazioni. E in questo la re­sponsabilità è di tutti i soggetti. Manca una assunzione di re­sponsabilità adulta seria e un’al­leanza tra gli stessi adulti per dare risposte concrete alle gio­vani generazioni » .

Un quadro pessimista. C’è spe­ranza in un’inversione di ten­denza?

« Fortunatamente la società reale è più ricca di come la si possa dipingere e dentro di essa vi so­no segnali ed esperienze positi­ve. Magari sono piccoli, ma so­no significativi. Pensi alle asso­ciazioni dei genitori, che cerca­no di costruire insieme nuovi stili educativi. O alle scuole per genitori che sono nate in molte parti dell’Italia. Per dare risposta a quelle domande di senso che i giovani comunque ci fanno » .


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