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ANNO SACERDOTALE, 2009-2010 AVANTI CRISTO: DIO E’ MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006) E ... NOI SIAMO I SUOI SACERDOTI "PER VOI"!!!

IL CURATO D’ARS E IL MESSAGGIO EVANGELICO. GIOVANNI MARIA VIANNEY SAPEVA ANCHE DI (MARIA) FILOMENA, DI GIUSEPPE, E DELLA "CHARITAS". Il curato del Vaticano sa solo del "caro-prezzo" ("caritas") e del tesoro da gestire!!! Una nota di Federico La Sala

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE "GIUSEPPE" E DELLO STESSO "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PRE-EVANGELICO PREFERITO, "IL PADRINO"!!!
venerdì 26 giugno 2009 di Federico La Sala
[...] Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... [...]
FILOMENA: "Colei che è amata". Dopo e già la "cacciata" di GIUSEPPE, messa fuori anche "MARIA"!!!
Prima la (...)

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> IL CURATO D’ARS E IL MESSAGGIO EVANGELICO. --- Il Santo Curato degli zingari. AD ARS L’ANNUALE GIUBILEO DEI GITANI «MEMORIA» DELL’AMICIZIA CON VIANNEY (di Salvatore Mazza)

mercoledì 19 agosto 2009

Il Santo Curato degli zingari

AD ARS L’ANNUALE GIUBILEO DEI GITANI «MEMORIA» DELL’AMICIZIA CON VIANNEY

DAL NOSTRO INVIATO AD ARS SALVATORE MAZZA (Avvenire, 19.08.2009)

Arrivi ad Ars, ed è quello che non ti aspetti. O come non credi sia possibile, che non è esattamente la stessa cosa. A guardarla dal poggio appena scollinati sulla vecchia strada dell’Ain, lo stesso dal quale si affacciò per la prima volta Giovanni Maria Vianney il 13 febbraio del 1818, quasi invisibile immersa com’è nel verde, si capisce perché il giovane curato dovette chiedere al piccolo Antoine Givre se fosse quella la direzione giusta. Uno spruzzo di case nella campagna francese subito sotto le Alpi. Duecentoquaranta abitanti allora, poco più di mille oggi. Nella difficile Francia postrivoluzionaria, destinazione ideale per un giovane prete considerato non troppo brillante, entrato in seminario da analfabeta. Il classico posto dove di danni, più di tanti, non se ne possono fare. «Tu mi hai mostrato il cammino per Ars - disse quel giorno al piccolo Antoine - io ti mostrerò quello per il cielo». Il suo programma pastorale era tracciato. Essenziale, semplice. Immutato lungo quarant’anni. L’inizio del miracolo.

La Ars di oggi è poco più grande del villaggio che quasi due secoli fa, sonnolento e scettico, accolse le nouveau jeune curé . Più case, è ovvio, ma la struttura di base è ancora la stessa che si può riconoscere dal plastico che riproduce il borgo com’era allora, proprio all’ingresso del piccolo museo del Santuario, nato attorno alla vecchia parrocchia. Museo dove entri per scoprire la povertà estrema che accompagnò per quarantuno anni la vita di un sacerdote che si consumò nella catechesi e dentro il confessionale, passandoci dentro fino a sedici ore al giorno. E che, quasi senza rendersi conto di quel che attraverso lui stava accadendo in un paesino così minuscolo, quasi senza la consapevolezza di cosa fosse ad attirare lì decine di migliaia di persone da tutta la Francia, pregò ogni giorno il Signore di mandare qualcuno più degno di lui ad accudire il suo gregge. E per quattro volte provò anche a scappare, oppresso dal senso della propria inadeguatezza. Ogni volta inseguito dal suo gregge, che sempre lo convinse a tornare.

Conoscere Giovanni Maria Vianney significa, sempre, stupirsi. Anche pensandolo, come del resto qualcuno lo racconta, come un sempliciotto, trasandato, non certo un’aquila di cultura, figurarsi della teologia. Preghiera. Catechesi. Confessioni. Accoglienza dei poveri. ’Solo’ questo. Del resto «è vero, lui era molto semplice, molto umile. Erano gli anni della rivoluzione, non aveva mai studiato perché, per il padre, studiare non serviva a niente, e quando entrò in seminario, a diciassette anni, non sapeva né leggere né scrivere. Ma, nel suo amore infinito per Cristo, è stato un modello di santità e di dono personale. Povero, molto buono, molto amato dai suoi parrocchiani». Jean Philippe Nault, rettore del santuario, con i suoi - pochi - collaboratori ha davvero parecchio da fare. In 150 anni i pellegrini sono quadruplicati, arrivando a circa quattrocentomila all’anno, e nei prossimi mesi, con l’Anno Sacerdotale appena iniziato, si prevede che arriveranno facilmente al mezzo milione. «Soprattutto preti - osserva Nault - com’è naturale». I numeri più consistenti sono, e prevedibilmente saranno anche quest’anno, quelli dei pellegrini provenienti dalla Francia, ovviamente, e dalla Germania, dalla Polonia. Negli ultimi anni stanno però crescendo anche gli arrivi dall’Italia per un «pellegrinaggio - spiega il rettore - che è molto semplice, e fondamentalmente centrato sulla confessione». Molti, comunque, anche i laici, che nel registro posto su un altarino della «cappella del cuore», dov’è esposta la reliquia del Curato, scrivono il nome del proprio parroco, o di un prete che conoscono, affidandolo così alla preghiera del santo.

Entrando ad Ars eravamo stati colpiti dallo sterminato numero di roulottes parcheggiate all’ingresso dei paesino. Erano degli zingari che, come ogni anno, venivano qui per il loro giubileo, un pellegrinaggio di cinque giorni ormai secolare «perché il curato d’Ars - spiega sempre Nault - era l’unico che a suo tempo, in Francia, accoglieva i gitani, che nessuno voleva e tutti cacciavano sempre via». Quella a cui assistiamo è una festa sobria, sentita, senza alcun cedimento al folclore. Un momento riconoscente verso chi seppe essere capace di dimostrare amore a queste persone.

Mentre si segue la celebrazione, arriva la domanda. Banale. Forse anche un po’ stupida, però concreta: ma chi non ha una roulotte, dove dorme ad Ars? Mezzo milione di persone non sono uno scherzo, e di strutture ricettive adeguate non se ne vedono molte, anche sapendo che molti pellegrinaggi sono di un giorno solo. La risposta la troviamo all’ingresso della sagrestia della chiesa, dove un questionario, regolarmente distribuito a tutti gli abitanti del posto, chiede a ciascuna famiglia quante persone hanno la possibilità di ospitare, e quanto a lungo, e in che periodi dell’anno. Le risposte, regolarmente arrivano. E come succedeva ai tempi di Giovanni Maria Vianney, quando i pellegrini che arrivavano da ogni parte trovavano un tetto nelle povere case del villaggio, trasformato dall’amore di un uomo senza sapienza, forse, ma con un cuore grande come il mondo, totalmente consegnato a Dio. Il miracolo continua.


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