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AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO: "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE ... DEUS CHARITAS EST"(1 Gv., 4.1-8). Una nota sulla "lettera" perduta ...

IN VATICANO NON CAPISCONO UN’ACCA ("H") DI CRISTIANESIMO. La "Caritas in Veritate" esce in ritardo, colpa del latino (e del greco). Una nota di Orazio La Rocca - a cura di Federico La Sala

domenica 28 giugno 2009 di Federico La Sala
[...] La terza enciclica era stata annunciata più volte nei mesi scorsi dalle autorità pontificie per il prossimo 29 giugno. Anche lo stesso Ratzinger ne ha fatto cenno in più occasioni. L’ultima volta, il 13 giugno scorso parlando ai membri della Fondazione "Centesimus Annus", organismo che si ispira ad una delle più popolari encicliche di Giovanni Paolo II [...]
LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM".
Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora (...)

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> IN VATICANO NON CAPISCONO UN’ACCA ("H"). ---- CARITAS IN CAPITALISMO. Chi non l’ha capito è condannato da solo (di Francesco Boccia).

venerdì 2 dicembre 2011

Caritas in capitalismo

di Francesco Boccia (il manifesto, 2 dicembre 2011)

Faccio una premessa: non appartengo alla lista dei cattolici militanti, né a quella dei cattolici della domenica, né tanto meno a quella dei cattolici a intermittenza che amano considerare il messaggio della Chiesa non nel suo complesso ma a spezzoni, a piccoli bocconi funzionali a un’idea personale o, peggio, a un’ideologia. Né mi iscrivo, oggi, al partito di chi vuole tentare di tirare il Papa e il suo magistero dalla propria parte solo per dare un fondamento a considerazioni soggettive. Mi considero un cattolico alla ricerca della luce attraverso il mistero e con grande umiltà mi accingo a esprimere le mie valutazioni sull’analisi economica della situazione attuale in base al messaggio di Joseph Ratzinger.

L’errore maggiore che potremmo commettere sarebbe quello di richiamare la dottrina di Benedetto XVI in maniera parziale, considerando solo alcuni brani dei suoi messaggi. (...) Tocca a noi rappresentanti delle istituzioni, poi, agire in maniera laica dando a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. È bene ribadire questo concetto anche per sgombrare il campo da un melenso buonismo che tenta di costruire una Chiesa su misura a seconda del nostro piccolo tornaconto politico.

Il dibattito sulla dottrina economica e sociale della Chiesa ha ripreso vigore quest’estate, come effetto dell’importante discorso di Benedetto XVI al raduno mondiale dei giovani di Madrid (...) Anche nell’economia, ammoniva il Papa, c’è una «responsabilità per il futuro», una «responsabilità verso la propria nazione e l’umanità» (...). Ma a fare notizia è stata la proposta dell’istituzione di un’autorità pubblica super partes di livello internazionale: una sorta di banca centrale mondiale, che vigili sui movimenti finanziari e sia in grado di supportare i governi nei momenti difficili come l’attuale. Possibile mai che il Papa sia diventato comunista? (...).

Recentemente, Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior e illustre economista, in un bellissimo articolo ha analizzato la situazione attuale arrivando a chiedersi: «Come la situazione è riuscita a sfuggirci di mano?». Il banchiere ha ricordato i papi Giovanni Paolo II (in Sollicitudo rei socialis) e il suo successore Benedetto XVI (in Caritas in veritate) che a ragione hanno capito e profetizzato che all’uomo del nostro tempo, cresciuto a dismisura nelle capacità tecnologiche e scientifiche ma rimasto immaturo nella sapienza necessaria del loro uso, queste tecniche sarebbero sfuggite di mano, producendo immensi danni (....). L’uomo va posto al centro. Papa Benedetto XVI era stato molto chiaro con la sua Caritas in veritate. Il Papa poneva decisamente l’accento sull’uomo (ma non in contrapposizione all’impresa come vorrebbe qualcuno). Giacché, oltre che strenuo combattente contro il relativismo, Benedetto XVI lo è anche contro il nichilismo. (...) Quindi l’invito pressante del Papa è quello di riportare l’etica al centro della nostra vita, rifiutando le scelte nichilistiche che per 20, 30 anni hanno portato l’uomo a crogiolarsi in una forma di consumismo insensato e irrilevante, dimenticando che l’uomo non è fatto solo di corpo, ma di anima e di corpo. Come non si può non essere d’accordo? Il problema è un altro: il Papa vuole abolire il capitalismo e l’economia di mercato? Giammai. Ma servono le regole. (...). Il Papa non vuole abolire il mercato, ma vorrebbe regolarlo. Non agisce in una logica di contrapposizione, ma di dialogo e ci ricorda che alla base delle scelte di politica economica, il capitalismo, deve esserci l’etica. Caritas in capitalismo, ha detto qualcuno (...).

Quella che Papa Benedetto XVI propone nella Caritas in veritate è un’analisi della realtà alla luce dello smarrimento dei valori etici e della perdita di centralità della persona umana. Solo il recupero di questa priorità potrà garantire, nella prospettiva del Pontefice, un nuovo orientamento mondiale in vista della pace e della fraternità dei popoli tutti. Lo sviluppo economico politico è ciò che seguirà, necessariamente, una rivoluzione dello spirito di tale portata.

Per realizzare un percorso di così grande importanza non serve un assistenzialismo fine a se stesso. Tutt’altro. La sussidiarietà è l’unico modo per gestire responsabilmente la globalizzazione, in vista di un’operosa e solidale collaborazione tra i popoli. La cooperazione allo sviluppo deve saper gestire le risorse umane, divenendo luogo di incontro tra le culture.

Il recupero dei valori della persona umana è fondamentale per risolvere alla base i problemi relativi, ad esempio, alla povertà e alla disoccupazione dei giovani, al diritto all’educazione, alle divisioni politiche delle organizzazioni sindacali di categoria, alla tutela dell’infanzia, ai diritti dei consumatori e delle loro associazioni. Ma un recupero di tale portata non può essere affidato a etiche relativistiche e visto nell’ottica di uno scontro con il "padronato", bensì attraverso un’attenzione forte ai valori etici ai quali la Chiesa si rifà e che non possono essere guardati a intermittenza come le lucine dell’albero di Natale. L’abbandono del relativismo vale sempre e non può servire a corrente alternata solo per dare sostanza a rivendicazioni vecchie, dannose e irripetibili.

Il messaggio della Santa Sede è chiaro anche relativamente alle rivendicazioni settoriali: lo sciopero è l’extrema ratio, non la regola ossessivamente ripetuta - dice il Concilio Vaticano II che non è sospettabile d’influsso reazionario - che va sempre preceduto da trattative a oltranza nelle quali ognuno deve cedere piccole porzioni di potere in vista del bene comune.

Siamo all’utopia? No, siamo di fronte a un’analisi responsabile. E su questo punto sarò ancora più chiaro. La continua, costante demonizzazione della controparte non è nelle corde del messaggio del Pontefice. Il problema, purtroppo, è anche un altro. Siamo un Paese fermo - come dice Ernesto Galli della Loggia - un Paese ostaggio dell’immobilità (...). Il passato ci rassicura. Un Paese immobile nel quale anche noi, cosiddetti progressisti, ci compiaciamo del fatto che oggi alle occupazioni a scuola partecipano anche i genitori, i professori e il preside. Mi chiedo: c’è un modo e un mondo nuovi per vivere il nostro presente e il nostro futuro?

Non ne usciamo se, invece di tradurre Papa Ratzinger secondo i nostri antiquati schemi mentali precedenti alla caduta del muro di Berlino, non riconosciamo i nostri errori e non ci apriamo ai nuovi mondi oggi possibili. A cominciare dall’economia nella quale quel mercato che oggi, comunque, ci assicura la libertà di poter dire e fare, non cresce più e non dà benessere, né sicurezza. Per crescere non ci sono le vitamine. Ci sono e ci devono essere strumenti innovativi che ci fanno tuffare nel mare del futuro facendoci uscire dallo stagno. Chi non l’ha capito è condannato da solo. E non sarà Benedetto XVI e salvargli l’anima e lo stipendio.

* deputato e coordinatore delle Commissioni economiche del Gruppo PD alla Camera


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