So a cosa si riferisce lo scritto. So della metastasi socio-politico-economico-antropologico-comportamentale etc. etc. in atto nel nostro Paesello-Comprensorio. So delle procedure subdole (nei limiti, ai limiti e oltre i limiti del lecito) che portano a casi/cancrene come quelle della vexata quaestio inerente la nostra amata Abbazia. So di tutto e di più. E immagino anche che se 2+2 fa 4, anche 1+3 dà lo stesso risultato. So. Sappiamo. Pasolini, in altro contesto, direbbe: ma non ho le prove. So perché sono un intellettuale, diceva Pier Paolo.
Ma. Sì, c’è un "ma" grande quanto un pino secolare. Tanti "ma".
Non voglio scomodare Menti e loro invettive per altri e in altre epoche scritte ma, se mi si passa la citazione, un Tizio di nome Leibniz moltissimi anni fa s’elucubrava ponendo in essere il seguente assunto: "Di conseguenza, quando sorgeranno controversie fra due filosofi, non sarà più necessaria una discussione, come [non lo `e] fra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano in mano le penne, si siedano di fronte agli abachi e (se così piace, su invito di un amico) si dicano l’un l’altro: Calculemus!
Ognuno può parafrasare come meglio crede. Resta quel masso pesante che è l’invito a "calcolare": calculemus!
Ecco, fuor di ogni sterile metafora, cosa vorrei dire: certe prese di posizione forti, destabilizzanti, che riguardano la metastasi di cui sopra hanno la valenza della merda vaccina disidratata al sole se non sostenuta da uno straccio di prova. Ahimè, ahinoi. E certe verità, di cui non si hanno le prove, vengono recepite dalla popolazione sotto perenne doma, come inutili illazioni fino a prendere consistenza giuridica di diffamazione, con dispendio e abuso di querele: ormai mezzo per pulirsi la coscienza verminosa.
Non è polemica, né retorica. E’ una presa d’atto immobilizzante sulla capacità frustrata d’incidere sullo status quo attuale del nostro Paesello-Comprensorio.
Tutto qua, Militerno.
Buon Lavoro.
G. Marasco.