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COSMOLOGIA E TEOLOGIA ("IN GOD WE TRUST"). Lo sbarco sulla Luna e la bandiera americana nel "mare della tranquillità"

LA LUNA, 1969: UNA LEZIONE GALILEANA (E DANTESCA) ALLA TERRA. Non così "si va in cielo", non così "va il cielo"! Due note (una di Marco Roncalli) sul tema - a cura di Federico La Sala

AL DI LA’ DI OGNI FONDAMENTALISMO TEOLOGICO-POLITICO E SCIENTIFICO-TECNOLOGICO. Una traccia per una svolta antropologica ...
venerdì 17 luglio 2009 di Federico La Sala
[...] Oggi però rivedere le sequenze filmate di quel repertorio provoca, oltre alle emozioni di ieri, qualche interrogativo in più che nell’ubriacatura del revival di questi giorni non sempre ha trovato... spazio [...]
[...] ci riferiamo ad alcune immagini. Una fra tutte quella dell’astronauta che posa la bandiera a stella e strisce sulla luna e che - indirettamente - suggerisce l’idea di chi fissa la sua sovranità, quasi a rivendicare un dominio, benché il diritto aerospaziale lo escluda (...)

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> LA LUNA, 1969: UNA LEZIONE GALILEANA (E DANTESCA) ALLA TERRA. --- EUTANASIA DI UN SOGNO.La Nasa si ritrova senza soldi ... Se Obama stacca la spina (di Vittorio Zucconi).

sabato 22 agosto 2009

ARRIVEDERCI LUNA

Se Obama stacca la spina alla signora delle stelle

La Nasa si ritrova senza soldi, senza un missione, appesa soltanto alla speranza che l’attuale presidente non voglia passare alla storia per aver staccato la spina

di VITTORIO ZUCCONI *

WASHINGTON - Doveva essere la grande festa di compleanno, per la signora delle stelle che aveva fatto innamorare l’America, e sarà invece il suo funerale. In questa estate di rimpianti e di nostalgie per il "piccolo, grande passo" sulla Luna del 1969, la Nasa si ritrova senza soldi, senza una missione, senza un futuro e senza amanti a Washington, appesa soltanto alla speranza che Barack Obama non voglia passare alla storia come il presidente che staccò la spina.

A parte i 21mila dipendenti addetti alla ricerca, allo sviluppo e ai lanci, gli eredi di quei secchioni con le matite nei taschini delle camicie a maniche corte e gli occhiali da gufi che vedevamo sudare, abbracciarsi e piangere nel centro di controllo di Houston, non sarebbero in realtà molti quelli che piangerebbero il funerale della Nasa. L’agenzia non ha più santi in cielo, neppure quell’uomo che ironicamente porta proprio il nome di un illustre santo, Augustine, inglese per Sant’Agostino, e ha presieduto la commissione di saggi nominati dalla Casa Bianca per rivedere i programmi della Nasa e capire se la promessa di Bush, di tornare sulla Luna e poi Marte, fosse la solita fanfaronata bushiana o fosse realizzabile. E ha concluso con una frase brutale che racchiude il dramma di questa agenzia alla quale fu ordinato di vincere la Guerra Fredda spaziale ed ebbe il torto di vincerla: "La Nasa non ha i soldi per fare quello che vorrebbe fare, e non saprebbe che cosa fare neppure se avesse i soldi".

Non c’è posto per la gratitudine, e certamente non per il sentimentalismo, in un bilancio federale avviato alle altezze siderali dei 10mila miliardi di dollari di disavanzo fra cinque anni, se non sarà frenato. Anche se i 18 miliardi che oggi rappresentano il budget annuale della Nasa sembrano una mancia, essi rappresentano più di quanto tutte le altre nazioni insieme investano nello spazio e sono presi da un bussolotto nazionale divorato dalle spese militari, per il 50 per cento e per un altro 30 per cento dai costi di quello sgangherato sistema sanitario che Obama sta tentando di riformare.

Poiché nessun organismo, nel darwinismo sociale americano, sopravvive alla propria inutilità, l’agenzia che Eisenhower creò in un’altra estate fatale, nel luglio del 1958, per rispondere al panico del "bip bip" dello Sputnik sovietico, si scopre una soluzione senza un problema. Il programma "Constellation", costruito su nuovi razzi della serie Ares, per tornare sulla Luna e poi tentare l’impresa su Marte, sarà eliminato. Le vecchie navette "Shuttle", figlie di una tecnologia superata, andranno dalla sfasciacarrozze nel 2011, senza proroghe. La stessa stazione spaziale è a rischio di richiamo sul pianeta madre. "E non sarà aggiungendo un miliardo qui o uno là", scrive il crudele Agostino, che pure è l’ex presidente della Lockheed, una delle massime beneficiarie della corsa alla spazio "che ridaremo un senso alla Nasa".

Incalzano i privati, con le loro tecnologie e i loro razzi, che promettono di andare in orbita a un decimo dei costi Nasa, e la sirena della privatizzazione intona il suo irresistibile canto anche nello spazio. La sofisticazione e l’affidabilità dei robot cresce ogni giorno, sostituendo anche in guerra i vulnerabili umani ai comandi e le macchine promettono risultati scientifici eccellenti senza le spese e le difficoltà legate a quel fragile uomo. "Noi umani siamo pessime navicelle spaziale" sembra quasi scherzare la commissione di esperti e questo è il vero senso del funerale che l’America sta preparando per la Nasa. Non la fine della corsa allo spazio, ma la fine della presenza umana nello spazio, per decenni a venire. Una bottiglietta d’acqua portata sulla Luna costerebbe 100mila dollari, più che in un bar per turisti giapponesi al Pantheon. I robot non soffrono la sete.

Non ci saranno ricordi, commemorazioni, rimpianti, vecchi astronauti richiamati per qualche ora in servizio per le televisioni, nel 2049, perché non vedremo esploratori su satelliti e pianeti nel prossimo futuro, al massimo qualche "space cowboys" depositato sui grandi asteroidi, se dovesse tornare la psicosi del meteorite. La Nasa vivrà una lenta eutanasia a piccole dosi. Lancerà ancora qualche vecchio Shuttle, come quello che dovrebbe partire martedì prossimo per la stazione spaziale, sempre che il tempo sulla Florida lo permetta. Altrimenti, dovrà attendere settimane, e il proprio turno, dietro a un cargo giapponese e a una Soyuz russa. La ex fidanzata d’America costretta a fare la fila davanti allo sportello spaziale, come la nonna all’ufficio postale per ritirare la pensione.

* la Repubblica, 22 agosto 2009


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