Dieci punti per il Piano di Rilancio
Ricostruire l’Italia, con il Sud
Se si vuole davvero avviare la ricostruzione del Paese, il Piano di Rilancio deve coniugare sviluppo e coesione sociale, riducendo le disparità e valorizzando il Mezzogiorno.
di AA.VV. (Il Mulino, 09-03.2021) *
L’Italia si trova di fronte all’occasione irripetibile di avviare la sua «ricostruzione» coniugando sviluppo e coesione sociale, per giocare un ruolo di primo piano nell’Europa del prossimo decennio.
Per tale ragione, a nostro avviso, l’obiettivo di ridurre le disparità di genere, generazionali e territoriali - per molti aspetti strettamente collegate nelle aree più deboli del Paese - dev’essere al centro del Piano di Rilancio e di tutti i suoi interventi, coerentemente con la complessiva impostazione comunitaria del programma Next Generation EU.
Dunque, lo sviluppo del Mezzogiorno dev’essere un grande obiettivo del Piano: per la rilevanza dei divari interni al Paese, che in base ai criteri di riparto comunitari hanno determinato la dimensione del finanziamento destinato all’Italia; per motivi di uguaglianza fra i cittadini e di rispetto del dettato costituzionale; per motivi di efficienza economica: gli investimenti nel Mezzogiorno hanno un moltiplicatore più elevato e determinano impatti sull’attività produttiva dell’intero sistema nazionale.
Il recupero del ritardo accumulato dall’Italia in Europa si supera tenendo insieme le parti del Paese in una strategia di sviluppo comune. Come nella logica del Next Generation EU, il Piano deve valorizzare le complementarità e le interdipendenze produttive e sociali tra i Nord e i Sud, riconoscendo che i risultati economici e il progresso sociale dei Nord dipendono dal destino dei Sud e viceversa. Nella sua attuale formulazione il Piano non dà garanzia che le sue risorse saranno investite con questo indirizzo, e ancor meno che ci saranno effetti sulla riduzione delle disparità e sulla crescita del Mezzogiorno e quindi dell’intero Paese. Per questo, a nostro avviso, il Piano dovrebbe essere riformulato:
La semplice allocazione di risorse non garantisce tuttavia il cambiamento del Sud e del Paese. Pertanto, a nostro avviso, il Piano dovrebbe anche:
Senza una migliore capacità amministrativa e coerenti politiche ordinarie i risultati conseguiti con il Piano non potranno essere mantenuti nel tempo, l’Italia non sarà davvero «ricostruita» e non potrà contare in Europa.
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Laura Azzolina, Università di Palermo / Luca Bianchi, economista / Carlo Borgomeo, Fondazione con il Sud / Luciano Brancaccio, Università Federico II Napoli / Luigi Burroni, Università di Firenze / Domenico Cersosimo, Università della Calabria / Leandra D’Antone, storica / Paola De Vivo, Università Federico II Napoli / Carmine Donzelli, editore / Maurizio Franzini, Università La Sapienza Roma / Lidia Greco, Università di Bari / Alessandro Laterza, editore / Flavia Martinelli, Università Mediterranea Reggio Calabria / Alfio Mastropaolo, Università di Torino / Vittorio Mete, Università di Firenze / Enrica Morlicchio, Università Federico II Napoli / Rosanna Nisticò, Università della Calabria / Emmanuele Pavolini, Università di Macerata / Francesco Prota, Università di Bari / Francesco Raniolo, Università della Calabria / Marco Rossi-Doria, maestro / Isaia Sales, Università S. Orsola Benincasa Napoli / Rocco Sciarrone, Università di Torino / Carlo Trigilia, Università di Firenze / Gianfranco Viesti, Università di Bari