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VITA E FILOSOFIA. Per il ventennale della morte di Elvio Fachinelli (1928-1989).

METTERSI IN GIOCO, CORAGGIOSAMENTE. PIER ALDO ROVATTI INCONTRA ELVIO FACHINELLI. Una nota di Federico La Sala

AL DI LA’ DEL ’FARISEISMO CATTOLICO-ROMANO’, UN ESERCIZIO DI PARRHESIA EVANGELICA: PARLARE IN PRIMA PERSONA, E IN SPIRITO DI CARITA’.
sabato 18 febbraio 2012
[...] Vicino/lontano - in un circolo virtuoso, sulla spiaggia, dinanzi al mare. Nel 2009, sostenuto dalla volontà e dal coraggio di mettersi in gioco e di entrare nel gioco (pp. 36-7), Rovatti è giunto “Sulla spiaggia” (E. Fachinelli. La mente estatica, Milano, Adelphi, 1989, pp. 13-25) e, finalmente, ha capito il senso del lavoro di Fachinelli ed è capace di riconoscerne tutto il valore [...]
Psicoanalisi, Storia e Politica....
L’ITALIA, IL VECCHIO E NUOVO FASCISMO, E "LA (...)

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> METTERSI IN GIOCO, CORAGGIOSAMENTE. --- Una virtù normale. Il coraggio ce lo si può dare (di Carola Barbero)

lunedì 15 giugno 2015

Una virtù normale

Il coraggio ce lo si può dare

Come vivere in pieno la vita senza cedere alla paura, senza dimenticare gli altri, coltivando i giusti valori e la leggerezza

di Carola Barbero (Il Sole-24 Ore, Domenica, 14.06.2015)

«Coraggio» viene dal latino «coraticum» o «cor habeo», derivanti da «cor, cordis» (cuore) e da «habere» (avere): ho cuore. Il coraggio prima che un moto razionale e il frutto della volontà è quindi un moto del cuore. Ha coraggio chi butta il cuore oltre l’ostacolo nonostante la paura che fa tremare le gambe e toglie il fiato. Ha coraggio chi va avanti senza cedere ai ricatti, alle intimidazioni e a gesti più o meno efferati, certo che nell’esempio e nella responsabilità civile ci sia quanto di più prezioso un uomo può offrire a chi ha intorno.

Attenzione però, come ci ricorda Umberto Ambrosoli - in un libro in cui sono raccolti alcuni esempi di persone del mondo dell’imprenditoria, della politica e della giustizia che, in questi anni e nel nostro Paese sono state capaci di incarnare questa virtù - il coraggioso non è il temerario, l’eroe, bensì una persona normale che vuole lavorare e vivere la propria vita in pieno, guardando dritto, senza cedere alla paura (che pur avverte) e senza dimenticare la responsabilità che ha verso la collettività.

Don Abbondio ne I Promessi sposi di Alessandro Manzoni diceva che «il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare» e si sbagliava, perché nessuno è caratterialmente destinato ad avere paura e ad esserne sconfitto: si può sempre imparare, prendendo esempio da coloro che hanno scelto il coraggio. Sul fatto che il coraggio si possa trovare dentro di sé (anche quando si pensa di esserne sprovvisti), si soffermano anche Uber Sossi e Valeria Zacchi nel loro saggio la cui prima parte è dedicata, a partire dalla storia della parola «coraggio», a quelle pagine di letteratura, filosofia, psicologia, antropologia e sociologia che cercano di individuarne la natura; mentre la seconda parte propone riflessioni sul coraggio come stile di vita, come modo di stare al mondo. Il testo propone interessanti domande che hanno l’obiettivo di condurre il lettore in un percorso di riflessione personale alla ricerca delle tracce e degli esempi di coraggio che ognuno di noi può trovare nel proprio vissuto. Le risposte a tali interrogativi che via via si potranno individuare non saranno verosimilmente mai definitive, ma potranno accompagnare in quella continua ricerca di consapevolezza di sé e di senso che è la vita. Poco alla volta riusciremo forse così ad allontanarci da quella rassegnazione mista a paura, sconforto e sfiducia che sembra essere diventata il sentimento più diffuso nel nostro presente. Forse riusciremo a recuperare un po’ di quella leggerezza che si sprigiona quando si segue la forze del cuore. Sì, perché se si ha il coraggio di non farsi guidare dalla paura, la vita come costrizione e pesantezza scompare e diventa leggera, dove però la leggerezza non deve essere vista come superficialità, bensì come il non avere pesi sul cuore.

Laura Campanello nel suo libro spiega molto bene quale sia l’utilità di tale leggerezza e come la sua acquisizione possa aprire la vita al cambiamento, alla creatività e alla possibilità di immaginare una vita migliore. È dotato di leggerezza chi riesce a ricercare e coltivare, chi si propone come obiettivo di arrivare a trasformare il quotidiano, accettando i propri doveri e le proprie responsabilità, aggrappandosi ai giusti valori e alle buone radici e rifiutando tutto ciò che vincola, soffoca, inaridisce o fa marcire. La leggerezza si può imparare ed è auspicabile che ciò avvenga perché leggeri (in questo senso), si vive meglio.

Vivere con leggerezza vuol dire, in fondo, essere selettivi: prendendo a prestito le parole di George Eliot, «teniamo quello che vale la pena di tenere e poi, con il fiato della gentilezza, soffiamo via il resto». Liberiamoci dei pesi e delle costrizioni e usiamo la nostra intelligenza per lasciare spazio a una dimensione più autentica e responsabile del vivere, in cui il futuro sarà diverso perché noi avremo avuto il coraggio e la forza di cambiare il nostro presente. Italo Calvino, nella prima delle sue Lezioni Americane - il ciclo di lezioni che avrebbe dovuto tenere nell’utunno del 1985 all’Università di Harvard (e che non tenne perché morì nel settembre 1985) - dedicata al tema della Leggerezza, commentò il famoso libro di Milan Kundera spiegando come «L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere è in realtà un’amara constatazione dell’Ineluttabile Pesantezza del Vivere [...] Il peso del vivere per Kundera sta in ogni forma di costrizione: la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre più stretti. [...] Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna».

-  Umberto Ambrosoli, Coraggio, Il Mulino, Bologna, pagg. 112, € 12,00;
-  Uber Sossi, Valeria Zacchi, Coraggio, Mursia, Milano, pagg. 118, € 10,00;
-  Laura Campanello, Leggerezza, Mursia, Milano, pagg. 146, € 12,00


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