Il fine (di Renzi) giustifica i mezzi?
risponde Luigi Cancrini, psichiatra e psicoterapeuta *
Pur di fare le riforme è lecito parlare anche col diavolo, figuriamoci se Renzi non avrebbe dovuto parlare con Berlusconi che diavolo non è. È vero, per raggiungere un fine buono è lecito ricorrere ad un mezzo cattivo, nel caso del colloquio di Renzi con Berlusconi, però, occorre dimostrare non solo che il fine (le riforme) è assolutamente necessario. ELISA MERLO
Molto al di là delle malignità più o meno strumentali sul «soccorso rosso» ad un condannato, il progetto di Renzi si propone oggi, con grande chiarezza, come un progetto di disinfestazione radicale della scena politica italiana. Sconfitto solo sul piano giudiziario, Berlusconi sarebbe rimasto una mina vagante per l’equilibrio del nostro Paese.
Sconfiggerlo con il voto significherebbe (significherà) togliergli l’alibi (la legittimazione popolare) dietro cui sempre lui così abilmente ha nascosto, finora, insieme ai reati che ha commesso il grandioso conflitto d’interessi alla base del suo arricchimento spropositato e del suo potere personale.
Aprendo una fase nuova della nostra storia recente nel momento in cui, in Parlamento e nel Paese, ci si confronterà fra uomini di destra e di sinistra senza la presenza ingombrante di un uomo sceso in politica per difendere se stesso e la sua ricchezza dal rischio della concorrenza leale e dal controllo dei magistrati.
Quello che finirà con Berlusconi se il disegno di Renzi andrà in porto, infatti, è il tempo in cui un numero importante di elettori si è lasciato ingannare da un uomo che basava il suo carisma sulla presunzione malata di poter gestire il Paese come un’azienda. Dei cui profitti lui è stato, in gran parte, il padrone. O l’utilizzatore finale.
* l’Unità, 03.02.2014