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CRISI COSTITUZIONALE DI LUNGA DURATA. DUE PRESIDENTI GRIDANO: FORZA ITALIA!!! .... E IL LUNGO SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE DELLE ISTITUZIONI E DEGLI INTELLETTUALI.

BERLUSCONI E LA "MEZZA" DIAGNOSI DEL PROF. CANCRINI. Il Narcisismo e l’uso lucidissimo come arma politica dell’"antinomia del mentitore" - "L’Italia è il mio Partito": "Forza Italia"!!! - a cura di Federico La Sala

IN ITALIA L’UNICO LEGITTIMO PRESIDENTE DEGNO DI GRIDARE "FORZA ITALIA" E’ IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO. Chi lo ha fatto e continua a farlo "ISTITUZIONALMENTE" è solo un (narcisista) mentitore e un (narcisista) golpista!!! E l’attentato alla Costituzione è già stato fatto!!!
domenica 1 agosto 2010 di Federico La Sala
IN ITALIA, NATO IL PARTITO "FORZA ITALIA" (1994), "IL PRESIDENTE DELL’ ITALIA" E’ DIVENTATO UNO SOLO - QUELLO FALSO E MENZOGNERO?! BERLUSCONI ("L’Italia è il mio Partito"): "Forza Italia"!!!
L’ITALIA, IL VECCHIO E NUOVO FASCISMO, E "LA FRECCIA FERMA". La lezione sorprendente e preveggente di Elvio Fachinelli
Non basta dire come fanno i francesi che la loro nazione è stata colta alla sprovvista. Non si perdona a una nazione, come non si perdona a una donna, il momento di debolezza in cui (...)

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>Il Narcisismo e l’uso lucidissimo come arma politica dell’"antinomia del mentitore" - La questione non è più eludibile: "Un team di psichiatri valuti Trump" (di Claudio Giua).

domenica 26 febbraio 2017

Un team di psichiatri valuti Trump

di Claudio Giua *

I muri ai confini, le espulsioni di massa, i miliardi di dollari agli arsenali militari, la schizofrenia sul ruolo della Russia, la cacciata dei media fuori linea, la controriforma sanitaria. Bastano i fatti politici a definire la follia trumpiana. Ma c’è dell’altro. È forse è l’ora di prenderlo in considerazione.

In "Oltre il Giardino", film di Hal Ashby del 1979, un presidente degli Stati Uniti a fine mandato parla estasiato di Chance il Giardiniere, misterioso personaggio spuntato dal nulla sul palcoscenico di Washington: "Pochi uomini nella vita pubblica hanno il coraggio di non leggere i giornali, nessuno ha il fegato di ammetterlo". Non sa che se l’oggetto della sua ammirazione mai ha letto un articolo, non è per scelta: è analfabeta. In compenso, Chance guarda tanta tv, dunque sarà lui, intuiamo nell’ultima scena, il nuovo inquilino della Casa Bianca.

Quanta preveggenza nella sceneggiatura di Jerzy Kosinski: nemmeno Donald Trump legge i giornali e si dice non abbia mai finito un libro. Se li fa riassumere a voce, così come i report quotidiani dei ministeri e dei servizi segreti. Anche lui sta davanti al televisore giorno e notte. In più, a surclassare Kosinski in fantasia, Trump è stato davvero eletto presidente dal popolo americano.

Il gioco delle similitudini può spingersi avanti. Chance ha comportamenti eccentrici che vengono scambiati per lampi di intelligenza e lo rendono simpatico, quasi irresistibile. "The Donald" ne sfoggia altrettanti, pur senza innescare alcuna empatia. Sia Chance sia Trump sono coinvolti in episodi che indicano la presenza di un malessere irrisolto. Un paio di esempi forniti dal realissimo neopresidente. L’8 febbraio, appena insediato, minaccia i grandi magazzini Nordstrom perché hanno annunciato la rinuncia alla linea di intimo firmata da Ivanka, la first figlia prediletta.

Sabato 18 febbraio, parlando alla folla dell’Orlando Melbourne International Airport, dice: "Avete visto cos’è accaduto la scorsa notte in Svezia. Chi l’avrebbe creduto? In Svezia! Ne ha accolti in grande quantità (di immigrati ndr) e ora ha problemi che non s’immaginava fossero possibili". Basta un check: nella notte precedente nel regno di Carlo XVI Gustavo tre fatti si sono guadagnati un titolo nei tg, un tentato suicidio con il fuoco, un mortale incidente sul lavoro, l’inseguimento di un tossico alla guida di una Peugeot nel centro di Stoccolma. Nulla in grado d’attrarre l’attenzione della più curiosa casalinga di Norrköping. Invece, insonne, Trump nella notte tra venerdì e sabato incappa su Fox News, la rete che segue ossessivamente, nel breve trailer di un reportage "freddo" sulle tensioni tra immigrati e governo in Svezia. Scambiandolo per una vicenda in corso, lo cita a sproposito nel discorso di metà pomeriggio.

Di sospetti problemi cognitivi, relazionali e comportamentali di Trump si discute da molto tempo. Durante le primarie, il suo staff aveva ammesso off-the-record che il candidato repubblicano è affetto da gravi problemi di concentrazione. Da più parti sono state proposte verifiche mediche. Ovviamente, con il passare del tempo le richieste sono raddoppiate.

L’edizione americana di Huffington Post ha raccontato della lettera mandata il 29 novembre a Barack Obama da tre psichiatre, Judith Herman di Harvard, Nanette Gartrell e Dee Mosbacher, entrambe di San Francisco. Le loro analisi sono impietose: "Siamo molto preoccupate riguardo la stabilità mentale del presidente eletto. Gli standard professionali non ci permettono di avventurarci in una diagnosi di una persona pubblica che non abbiamo personalmente valutato.

Tuttavia, il racconto dei suoi sintomi di instabilità mentale - eccessività, impulsività, ipersensibilità alle offese e alle critiche e apparente incapacità di distinguere tra fantasia e realtà - ci conduce alla questione dell’adeguatezza di Trump rispetto alle immense responsabilità connesse alla sua carica". La conclusione spaventa: "Raccomandiamo che riceva una piena valutazione medica e neuropsichiatrica da parte di un team imparziale". L’ipotesi è che il presidente sia affetto da disordini della personalità di natura narcisistica.

Dopo l’Huffington, il tema viene affrontato, in un crescendo del quale forse nessuno ha avuto il coraggio d’informare Trump, dal New York Times, da Forbes, da UsNews e da altre testate, sempre con attenzione a non esagerare nei toni.

Tanta cautela trova ragione nella formula usata dai tre psichiatri: "...gli standard professionali non ci permettono di avventurarci in una diagnosi su una persona pubblica che non abbiamo personalmente valutato". E’, questa, una storia che parte da lontano, dalla campagna elettorale del 1964, quando il guerrafondaio e razzista Barry Goldwater, secondo solo a Trump in quanto a estremismo di destra, ottenne la nomination repubblicana (sarà sconfitto dal democratico Lyndon Johnson).

Un controverso periodico, il Fact, chiese allora a 12.356 psichiatri se ritenevano che il candidato conservatore fosse "psicologicamente inadatto" alla presidenza. Tra quanti risposero, prevalsero i no. Tuttavia, dopo quel sondaggio l’organizzazione professionale degli psichiatri, l’APA, stabilì che dare giudizi di sullo stato mentale di personaggi pubblici fosse eticamente inaccettabile per i propri associati. Venne creato ad hoc un codice che fu chiamato "Goldwater Rule". Da qui la cautela con la quale tutti i media, anche nel caso di Trump, affrontano l’argomento.

La CJR, autorevole rivista della facoltà di giornalismo della Columbia University, approccia il problema con un altro taglio: "Evitare le domande sulla salute mentale di Trump è un tradimento della fiducia pubblica". Insomma, la questione non è più eludibile né da parte della politica americana né dai media. Non ci sono codici deontologici che tengano. Bisogna accertare se Trump è psichicamente instabile. Se no, bene. Se sì, il Congresso e il Senato dovranno occuparsi della faccenda, si spera senza, per questo, trovarsi assediati dai milioni di americani che vedono nel nuovo presidente il loro campione.

* The Huffington Post, 25.02.2017


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