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Calabria, consigliere regionale incontra disoccupati di un comune di emigrati. Forse parla di spiritualità e utopia, a sei mesi dalle elezioni

mercoledì 16 settembre 2009 di Compassato
A sei mesi dalle elezioni, che cosa ci fa un consigliere regionale (calabrese) con un gruppetto di disoccupati residenti nel comune col maggiore tasso di emigrazione nazionale, nel quale assistenza e clientelismo sono la regola da un trentennio e la politica marcia per i voti di poveracci o questuanti?
Se il comune in parola è San Giovanni in Fiore (Cosenza), immerso nei boschi della Sila, l’altopiano caro a Goethe e Wenders per i pini maestosi e il blu Jarman del cielo, il consigliere (...)

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indispensabile politica meridionalista

mercoledì 16 settembre 2009

grazie mario per la specificazione della regina. E vero, in 148 anni di (unita) dalla quale le nostre classi dirigenti hanno ricevuto benefici personali e di classe.

le stesse, dopo i ricorrenti , enormi e dolorosi salassi dell’emigrazione, hanno ottenuto soltanto di ribadire la loro e quindi la nostra subordinazione a questo stato,attraverso la pratica dell’assistenzialismo.

personalmente sono convinto che la classe politica locale può essere sconfitta con una seria,coerente,intransigente politica localistica incentrata su gli interessi puri della popolazione locale agendo localmente e pensando globalmente. per quel che riguarda la indispensabile politica meridionalista, ecco cosa ne pensava uno dei meridionalisti più lucidi ben 98 anni fa, da allora la sostanza non è cambiata, probabilmente è peggiorata.

Ogni giorno che passa diventa sempre più vivo in me il dubbio, se non sia il caso di solennizzare il cinquantennio [dell’Unità] lanciando nel Mezzogiorno la formula della separazione politica. A che scopo continuare con questa unità in cui siamo destinati a funzionare da colonia d’America per le industrie del Nord, e a fornire collegi elettorali ai Chiaraviglio del Nord; e in cui non possiamo attenderci nessun aiuto serio né dai partiti conservatori, né dalla democrazia del Nord, nel nostro penoso lavoro di resurrezione, anzi tutti lavorano a deprimerci più e a render più difficile il nostro lavoro? Perché non facciamo due stati distinti? Una buona barriera doganale al Tronto e al Carigliano. Voi si consumate le vostre cotonate sul luogo. Noi vendiamo i nostri prodotti agricoli agli inglesi, e comperiamo i loro prodotti industriali a metà prezzo. In cinquant’anni, abbandonati a noi, diventiamo un altro popolo. E se non siamo capaci di governarci da noi, ci daremo in colonia agli inglesi, i quali è sperabile ci amministrino almeno come amministrano l’Egitto, e certo ci tratteranno meglio che non ci abbiano trattato nei cinquant’anni passati i partiti conservatori, che non si dispongano a trattarci nei prossimi cinquant’anni i cosiddetti democratici».

Cfr. Lettera di G. Salvemini ad A. Schiavi, Pisa 16 marzo 1911, in C. Salvemini, Carteggi, I. 1895-1911, cit., pp.

478-81.

grazie alessandro gallo duesicilieinfiore


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