Calabria, consigliere regionale incontra disoccupati di un comune di emigrati. Forse parla di spiritualità e utopia, a sei mesi dalle elezioni

mercoledì 16 settembre 2009.
 

A sei mesi dalle elezioni, che cosa ci fa un consigliere regionale (calabrese) con un gruppetto di disoccupati residenti nel comune col maggiore tasso di emigrazione nazionale, nel quale assistenza e clientelismo sono la regola da un trentennio e la politica marcia per i voti di poveracci o questuanti?

Se il comune in parola è San Giovanni in Fiore (Cosenza), immerso nei boschi della Sila, l’altopiano caro a Goethe e Wenders per i pini maestosi e il blu Jarman del cielo, il consigliere regionale passeggia coi disoccupati e discute di Gioacchino da Fiore; profeta e utopista contrario alle gerarchie ecclesiastiche, la cui abbazia è sotto sequestro, in restauro con fondi europei, per danni rilevati dalla Soprintendenza per i Beni architettonici, attribuiti dalla procura ai tecnici incaricati dal municipio e nominati, secondo l’appaltatore, con "l’attivazione di un sistema di furberie".

Giusto che il consigliere discuta da Cicerone dell’"abate di spirito profetico dotato" - così Dante definì Gioacchino - alla vigilia di un congresso internazionale sulle figure del religioso, noto nel mondo per la sua teologia della storia e per la "Terza età"; un tempo di grazia, pace e giustizia.

Sacrosanto che il consigliere dia un ripasso di storia gloriosa a se stesso e ai disoccupati, tra cui potrebbero anche esserci destinatari d’un rimborso regionale, per corsi di formazione professionale mai iniziati, pari al 5% della sua indennità di legislatore, di 8.500 euro mensili.

Il punto è che se da un lato il Nostro si trova in un luogo di santità (non ancora riconosciuta dal Vaticano) e vocazione monastica, dall’altro è nel centro più arretrato della Calabria, bloccato dai sussidi inventati per chetare capifamiglia avvezzi a "dimandare", a lottare per un reddito minimo che distrugge la loro dignità di uomini.

Ma questo poco importa, in Calabria, regione del possibile e dell’impossibile in un tempo solo. L’essenziale è che non ci si faccia mancare nulla: che il consigliere non si rimproveri di non aver discettato di monachesimo e socialismo spiritualistico coi disoccupati e che gli stessi pensino, magari, di comprare a rate interminabili una fiammante Bmw X5, col pulsante per il servizio del Ferrero Rocher.

Tra dolcetti e pasticcini industriali, le ottime soppressate del posto e gli "scialatelli", una pasta callosa che pare sia nata da queste parti, qui la politica del terzo millennio ha modo di coniugare moderno e antico, innovazione e tradizione. Con animo mistico e memoria dell’ascetismo; specie se, come nel caso del consigliere, si propone di rappresentare la giustizia terrena a cui aspirava l’abate Gioacchino.

Non vi riveleremo il nome del consigliere, che sta muovendosi tipo "trottolino amoroso" per la rielezione; forse pronto a impiegare il suo mensile per l’acquisto d’una mole di libri teologico-politici. Come il Bibliofilo nazionale, grande dirigente, supremo mediatore e fondatore impeccabile, amico dei giovani e degli utenti finali.

Interessa, piuttosto, il fatto in sé e per sé, se può essere leggero e passabile, come l’episodio di quel candidato al Parlamento europeo che chiese ai precari forestali un sostegno corale per la loro stabilizzazione, avvenuta quando stava nell’esecutivo calabrese. "Chiedete e vi sarà dato", dice la Bibbia; e allora il candidato incassò, nel silenzio candido della comunità, oltre 2.500 consensi, più di 4 per operaio stabilizzato.

Che volete? Questa è la politica in terra calabra; e, con tale sistema di dialogo e contrattazione, si sistemano tutti: loro, quelli della Casta (o della "Catascia"), le masse con la media e i giovinotti che assistono i partiti, nel viaggio di non ritorno. Poi tutto va male, la sanità uccide, si uccide la sanità, l’impresa crepa, si distruggono gli imprenditori (vedasi il testimone di giustizia Pino Masciari), la pubblica amministrazione affonda, le case crollano, le strade ammazzano, la terra sbotta e frana, la Calabria brucia e la ’ndrangheta s’ingrassa - con la politica che concorre e i cappuccetti che cucinano.

A proposito di Gioacchino da Fiore, il grande Walter, l’erede italiano di Obama, verrà a San Giovanni in Fiore, che è la nuova Africa della sua missione, giusto per il congresso sull’abate, previsto a fine mese. Nuova Africa, ad eccezione della foresta in quota che la pervade e dell’acqua, sfruttata solo da privati per la produzione di corrente elettrica, che abbonda in questo paradiso di bellezza naturale e clientelismo artificioso. Lo precederà la presentazione d’una mozione di cangiamento, spiegata da alcuni rinviati a giudizio, casti della Casta.

Ma c’è sempre, nei dintorni, il consigliere regionale che s’adegua e parla di Gioacchino ai disoccupati, a sei mesi dalle elezioni, animato da "spirto guerrier" e di giustizia; che, con Cicerone, da Cicerone, ripete: "Iustitia est habitus animi, communi utilitate conservata, suam cuique tribuens dignitatem" (la giustizia è uno stato morale, osservata per l’utilità di tutti, che dà a ciascuno una propria dignità). Afferreranno quei disoccupati?

Compassato


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