Editoriale

Arrigoni e la carità

lunedì 25 aprile 2011.
 

La morte del pacifista Vittorio Arrigoni e’ un fatto tragico. E più tragico e’ che l’Italia delle istituzioni lo abbia lasciato da solo al ritorno in patria. Esattamente a Pasqua e alla vigilia della Liberazione.

Paradossalmente, e’ anche un fatto decisivo: mostra senza appello l’opportunismo della politica, succube di quel cattolicesimo alla Emilio Fede che, spirata Eluana Englaro, condanno’ per direttissima il padre Beppino.

Viviamo in un’Italia guardona, interessata alle esperienze erotiche del premier, alle sue avventure dentro i palazzi del potere e nelle ville delle orge. Un’Italia che lacrima per i bimbi seviziati e uccisi, s’addolora per i caduti in guerra, si lacera per la gioventù bruciata di Perugia e di Garlasco. Ma solo perché la tv martella su certi misteriosi omicidi, sezionandone le scene come fossero cadaveri.

L’assassinio di Paolo Borsellino, di Antonino Scopelliti o di Lea Garofalo e’ trattato, invece, e sempre più sporadicamente, come evocazione pubblica delle virtù; come memoria, rifatta e sbiadita, d’un valore come tanti. In un contesto in cui perdere la vita per la giustizia o per la pace e’ perfino meno importante che vincere ad Amici per le belle chiappe.

L’Italia, la nostra Italia, la stessa dei don Mazzi, don Cimino e padre Zanotelli, se ne frega d’un giovane ammazzato per le idee: utopie di eguaglianza e integrazione diametrali al capitalismo; effimero, bugiardo e distruttivo.

Quindi la nostra Italia sceglie quella Chiesa del dogma, del divieto e del ricatto, la Chiesa che ha perduto la missione profetica e il senso della carità. La Chiesa che fonda e legittima il potere, lo assolve e lo rafforza. Certamente non la Chiesa missionaria e cristiana di Mazzi, Cimino e Zanotelli, cui diamo l’obolo per lavarci la coscienza.

E’ Lunedì dell’Angelo, una Liberazione particolare. Col cuore in pena e la rabbia di chi vuole un Paese nuovo, sono in viaggio per Verona. Mi aspettano Andrea Crobu e Matteo Trebeschi, giovani dell’antimafia; non ci abbufferemo. Ieri Serenetta Monti e Beatrice Andolina, due resistenti delle Agende rosse, sono andate ai funerali di Arrigoni, partendo da Roma. Io sono rimasto con la mia famiglia in Lombardia, ci sto solo il giorno di Natale e di Pasqua.

L’esercizio della carità, se volete laico, e’ quello delle tante coscienze che rinunciano al loro tempo per amplificare la voce del dissenso civile. Che non cessa con la morte.

Emiliano Morrone


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