Politica

San Giovanni in Fiore, quando la politica s’impoverisce

venerdì 10 dicembre 2010.
 

Continuo a leggere su queste pagine una serie di articoli sulle elezioni comunali a San Giovanni in Fiore (Cs). Comunicati nella forma, appelli al voto nella sostanza. Con un messaggio ricorrente: Antonio Barile, candidato a sindaco del Pdl e di tre liste civiche, rappresenta, anzi, incarna, l’alternativa a un sistema che ha bloccato lo sviluppo della città calabrese. Sistema di cui gli estensori ritengono responsabile Mario Oliverio, ex deputato, oggi presidente della Provincia di Cosenza.

Per noi, opporsi significa entrare nel merito delle vicende pubbliche, denunciare abusi e violazioni nominandone gli autori.

Opporsi vuol dire rinunciare ai rapporti d’amicizia, finti, su cui si regola la società calabrese. Il presupposto di questa amicizia perversa è che, conoscendoci tutti, innanzi a soprusi e ingiustizie convenga a ciascuno ignorare e tacere. Non si sa mai.

Ancora, opporsi è prendere totalmente le distanze da pratiche clientelari o irregolari di formazione del consenso e di gestione della cosa pubblica.

Noi ci siamo opposti con la massima autonomia, senza comprometterci, senza risparmiare facce, partiti e schieramenti della politica Made in Calabria ; fatta di equilibri, timori, complicità, vincoli e calcoli che dimostrano l’incoerenza delle parti, producono nuova, drammatica emigrazione e compromettono il futuro dei giovani.

Barile ha condotto un’opposizione dura e argomentata, nella sua lunga esperienza di consigliere comunale. Ma s’è lasciato prendere la mano: nei toni e nel linguaggio.

Gli è sfuggito, poi, che l’ambito locale è quello in cui più facilmente si possono realizzare coesione e armonia, coinvolgendo i soggetti che quella realtà vivono ogni giorno. Con le loro passioni, le loro aspettative, i loro ruoli e l’impegno pubblico. Penso alle associazioni, in primo luogo. A volte etichettate, in modo sbrigativo, alla berlusconiana: "rosse", "comuniste". Nonostante, per esempio, le posizioni critiche di Giannetto Alessio, presidente del circolo di Legambiente, sulla gestione dei rifiuti e siti insalubri, nei confronti del centrosinistra.

A scanso di equivoci, ricordo di sguincio una retromarcia clamorosa, motivata con pretesti, di Legambiente e Assopec, l’associazione dei commercianti, in merito al restauro con fondi europei dell’Abbazia florense. L’Autorità di vigilanza sui Lavori pubblici aveva riscontrato gravi irregolarità di procedura e noi organizzammo una manifestazione per la tutela del monumento. Aderirono le due associazioni e si ritirarono qualche giorno prima. All’epoca era sindaco il socialista boselliano Antonio Nicoletti. L’episodio può ricondursi, a mio avviso, ad un generale atteggiamento attendista, tipico del luogo e figlio d’una cultura radicata, secondo cui il potere sta solo nei palazzi. Così la sovranità popolare viene cancellata e rimossa, cadendo ogni legittima pretesa di diritti.

Questo discorso, probabilmente molto tedioso, ha da fare con la mia idea su Barile politico e sui suoi sostenitori, tra cui il nostro vicedirettore Vincenzo Tiano, del tutto libero di scrivere qui ciò che ritiene, ma senza che si confondano le posizioni.

Io credo che Barile, eletto sindaco nel 2010 al ballottaggio, poteva e potrebbe riflettere sui suoi errori. Il primo dei quali è senz’altro quello di connotarsi come il candidato del premier Silvio Berlusconi e del governatore calabrese Giuseppe Scopelliti; anche coi frequenti richiami in rete, da parte di suoi elettori, a una divinità politica dei due big pidiellini. Rosa Oliverio, candidata in una lista di Barile, ha scritto più volte che Berlusconi e Scopelliti sono mitici, i migliori, i più capaci; che dall’altra parte ci sono solo lamentosi comunisti, i quali, non digerendo la sconfitta, passano il tempo a inventare e divulgare falsità.

Mi chiedo come si possa rappresentare con simile miopia l’alternativa a un sistema sballato, che noi abbiamo aggredito con coraggio e forza, pagandone ogni volta le conseguenze. Soprattutto, chiedo a Vincenzo dove è andata a finire quell’autonomia che in queste pagine abbiamo sempre mantenuto e promosso, rispettando per principio le idee degli altri e proponendo costantemente il confronto.

E’ vero che in campagna elettorale non è troppo il caso di dibattere, che tutti seguono una linea, coerente con le proprie convinzioni. Io non mi sarei mai sognato di aprire questo capitolo, ma sono stato obbligato a farlo. Non posso e non voglio essere confuso con Berlusconi e Scopelliti, e non credo affatto che l’alternativa si possa dimostrare con le celebrazioni. Se confronto deve essere, confronto sia. Ma non accetto discussioni partigiane.

Se scrivo questo è perché sono convinto che possiamo concorrere realmente, anzitutto con le idee, allo sviluppo di San Giovanni in Fiore. Comune che rimane ai vertici delle classifiche negative, nonostante Berlusconi e Scopelliti. Primo per assistenzialismo, clientelismo, disoccupazione.

Di Berlusconi e Scopelliti non voglio dire niente. Politicamente si qualificano da soli. Voglio solo parlare di noi, che abbiamo anche combattuto contro il sistema mafioso calabrese, rifiutandoci di sponsorizzare in qualunque modo personaggi ambigui, molto abili nelle operazioni elettorali occulte: scambio di voti e voti di scambio.

In Calabria destra e sinistra hanno rubato ovunque. Hanno distrutto la sanità e hanno costruito rapporti solidi e proficui con la ’ndrangheta, che non è un’entità astratta o lontana, solo perché San Giovanni in Fiore non ha i numeri di Locri o del crotonese.

Barile avrebbe potuto e potrebbe cambiare la sua linea, perché ha il consenso di chi, soprattutto grazie agli interventi sul campo di "la Voce di Fiore", mai partitici od interessati, ha iniziato a capire come fanno la politica alcuni pericolosi intramontabili.

Non basta dire a se stessi e agli altri di essere alternativi: occorrono fatti. Per me, il fatto principale, in proposito, è aggregare la società di San Giovanni in Fiore, interessandola tutta. Non in nome di Berlusconi, di Scopelliti o di Oliverio, ma per un’obiettivo preciso: lo sviluppo culturale, economico e sociale.

La Calabria continua ad essere vittima di se stessa, ed è per questo che uomini illuminati come Stefano Rodotà, originario di Cosenza, quasi non vogliono più sentirne parlare. Siamo bravissimi a schierarci coi più forti, coi vincitori, e non ci accorgiamo che, con gli attuali equilibri romani, i primi a subire gli effetti dell’uso privato del potere e del federalismo della Lega siamo proprio noi calabresi.

Mi piacerebbe che su tali questioni, senza mai perdere il collegamento con ciò che sta accadendo a Roma, si misurassero i candidati a sindaco di San Giovanni in Fiore. A proposito dei quali non credo che Emilio Vaccai si possa bollare come marionetta, senza averlo ascoltato. Così, Monica e Bernardo Spadafora non possono essere liquidati come di troppo, nell’ambito d’uno "scontro fra titani", per usare l’espressione degli amici d’Impegnocivile. Emilio è una brava persona, Monica è giovane, Bernardo è il più coerente in politica.

Barile, che - sfiduciato irresponsabilmente dall’opposizione - avrebbe il diritto di completare il suo mandato prima d’un compiuto giudizio politico, potrebbe staccarsi da Berlusconi, da Scopelliti, da Pino Gentile e dai loro compari.

Faccia lui, ma poi non dica che non gliel’avevamo scritto.

Emiliano Morrone e Carmine Gazzanni


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