Editoriale

Il presepe della Calabria: Natale in fuga, terra sparente

lunedì 24 dicembre 2012.
 

di Francesco Foglia

Cristo è nato altrove. A Wettingen, a Liege, a Calgary, forse. Nelle famiglie calabresi la gioia del Natale ha ceduto il passo all’amarezza. Il presepe è solo una miniatura di questa terra. Anche Sua Santità Benedetto XVI sulle colonne del Financial Times ha confessato che "in Italia, molte scene di presepi sono adornate di rovine degli antichi edifici romani sullo sfondo".

Le case del presepe calabrese sono quelle di Mormanno, lesionate dagli infiniti scuotimenti sul Pollino, i vicoli deserti, quelli dei centri storici abbandonati. Salvi il bue, l’asinello e persino il Porcellum, e i pastorelli che hanno ancora chinato il capo. Per verità, molti non sono scesi alla Grotta, e hanno occupato il tempio ed il Palazzo.

Sono in sciopero, e ce l’hanno col governatore Quirino, perché da due mesi i salari non sono stati manco liquidati, per il prosciugamento del bilancio della Regione romana. Precari anche i trasporti, per lo stesso motivo. I Magi, bloccati alla stazione di Paola, hanno portato in dono la rata dell’IMU sulla mangiatoia, una valigia di cartone e un biglietto solo andata per la Svizzera. Lì tanti giovani stanno scappando. A fare i giardinieri, gli operai, le colf, i camerieri, gli ingegneri, i giornalisti, gli azzeccagarbugli e qualsiasi altro mestiere. Hanno titoli di studio, competenze, qualità. Sono i migliori, dicono.

I dati del grande censimento mondiale indetto da Cesare Augusto, a scrutinio ormai terminato, sono chiari. In tutto l’impero il numero degli emigrati ha superato quello dei migranti. Vecchia storia, per noi, in Calabria. Che ci riporta indietro nel tempo, quando i nostri migrati affollavano la Germania, la Francia, il Canada, il West Virginia.

Andavano a "Minonga", senza fare più ritorno. Poveri cristi! E in tutto ciò anche Cristo, quest’anno, ha deciso di nascere altrove. Lontano da casa, lontano da ogni casa.


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